MA DOVE SONO I CIVATI, LE BOLDRINI, I SINISTRATI E LE FEMMINISTE CHE PER ANNI HANNO SPROLOQUIATO SUL TAGLIO DELL’IVA SUGLI ASSORBENTI? - IL CENTROSINISTRA HA AVUTO ALMENO UN DECENNIO DI OPPORTUNITÀ PER DARE UN SEGNALE SU PANNOLINI E ASSORBENTI TASSATI AL 22% - DRAGHI HA ABBASSATO L’ALIQUOTA AL 10%, MA DOVEVA ARRIVARE UN GOVERNO DI DESTRA PER SCENDERE AL 5%. CON BUONA PACE DEI PROGRESSISTI CHE SI SONO FATTI SFILARE UN’ALTRA BATTAGLIA...
-Simone Cosimi per www.wired.it
"Si è persa un'occasione straordinaria per dare un segnale di vicinanza alle famiglie e ai problemi della vita quotidiana. Personalmente continuerò a battermi ininterrottamente su questo tema di civiltà. Pannolini e assorbenti sono acquisti obbligati e devono costare molto meno”. Sono parole di Francesco Boccia, storico esponente del Pd: le pubblicò su Facebook nel dicembre 2018, quando faceva parte della Commissione Bilancio della Camera che bocciò per l’ennesima volta un emendamento che proponeva la riduzione dell'Iva per pannolini e prodotti per l'igiene intima femminile.
All’epoca i dem erano all’opposizione, il governo Conte II sarebbe nato quasi un anno dopo. Eppure di opportunità per una piccola-grande svolta ce ne sarebbero state comunque parecchie: in fondo fino al primo giugno dello stesso anno il presidente del Consiglio era stato un certo Paolo Gentiloni. E ancora prima di lui tale Matteo Renzi, dal 2014 al 2016. E poi, tornando quasi a dieci anni fa, Enrico Letta, oggi segretario dimissionario del Pd e di casa a Palazzo Chigi dall’aprile 2013 al febbraio 2014. Appunto, quasi dieci anni fa. Nel frattempo anche il Movimento 5 Stelle ne aveva parlato, con un disegno di legge finito chissà dove.
A eccezione del breve governo Conte I, il centrosinistra ha avuto (almeno) un decennio di opportunità per dare un segnale sugli acquisti obbligati di prodotti per l’infanzia e per l’igiene intima femminile, tassati al 22% di Iva come beni di lusso. Solo nel secondo caso, da meno di un anno, l’aliquota è scesa al 10% con la legge di bilancio 2022 approvata dall'ex presidente Mario Draghi. Quel segnale, in un progressivo percorso di appropriazione (in molti casi indebita) di temi e battaglie sociali, è arrivato dalla prima manovra finanziaria del primo governo di destra-destra: salvo colpi di scena nel percorso parlamentare, l’Iva su quei prodotti passerà al 5%.
Non solo una vittoria di principio, su cui negli anni erano sorti anche diversi movimenti per esempio contro la “tampon tax”, ma anche un aiuto pratico importante. Certo, del taglio dell’Iva ne beneficiano tutti, ricchi e poveri, e le soluzioni migliori sono sempre quelle progressive ma in questo caso, considerando che per chi è in difficoltà ci sono anche altri strumenti di sostegno, non c’era poi troppo da discutere. Quell’aliquota andava tagliata: la prima proposta era già stata avanzata nel 2016 dai deputati Pippo Civati e Beatrice Brignone di Possibile, con tanto di petizione online su Change.org di fatto ancora attiva e ferma poco sotto le 700mila firme. Va bene tutto, anche discutere di come la riduzione del taglio alle accise sui carburanti si farà sentire su tutti i prodotti, a patto di essere d'accordo su come questa mossa non fosse più rinviabile.
Si tratta insomma di una misura sacrosanta, in qualche modo perfino superata dai tempi, che avrebbero potuto approvare tutti i governi di centrosinistra degli ultimi dieci anni, ma potremmo tornare anche all’epoca del Prodi II ampliando la finestra temporale. E che invece passa col primo esecutivo di destra-destra, strappando ai progressisti (chiamiamoli così) un altro pezzo di battaglia sociale e per giunta senza neanche troppe sorprese. Ci voleva insomma Giorgia Meloni per allinearci finalmente alle soglie in vigore in diversi paesi europei, dove si spazia dalla totale assenza di imposta dell’Irlanda al 6% di Belgio e Paesi Bassi.
Attenzione: non è certo la retorica dell’”avrà fatto anche cose buone”. Chi la legge in questa prospettiva è prigioniero di una visione miope, di uno stucchevole benaltrismo che su certe mosse non ha alcun senso se non la propria ulteriore fuga dalla realtà. Semmai è esattamente il contrario: si tratta di una cocente recriminazione contro chi ha esitato troppo a lungo rispetto a quelle stesse cose buone di cui si era fatto alfiere e alla fine se le è fatte scippare da una post-fascista. I conti si pagano. E spesso nei modi più surreali possibili, proprio mentre si sta all'opposizione senza più sapere neanche cosa dire.