MA NON DOVEVA ESSERE BOICOTTATA E FALLITA? LE VENDITE DEI PRODOTTI DI IVANKA TRUMP DECOLLANO (+332% SU AMAZON) DOPO CHE LA CATENA NORDSTROM HA TOLTO LA SUA LINEA DAL CATALOGO - VIDEO: AL ‘SATURDAY NIGHT LIVE’ LA FIRST DAUGHTER VIENE IMITATA DA SCARLETT JOHANSSON E PRESA PER IL CULO: FAI LA FEMMINISTA COI MILIONI DI PAPÀ, ‘SEI COMPLICE, TU POTRESTI FERMARE TUTTO QUESTO MA NON LO FAI’
COMPLICIT (VIDEO)
AGI - L'attrice Scarlett Johansson si prende gioco della figlia del presidente americano, Ivanka Trump, in una finta pubblicità di un profumo dal nome che suona come un'accusa: "Complicit" ovvero connivente, complice. E' l'ennesima trovata del 'Saturday Night Live', la trasmissione satirica più odiata da Donald Trump, dove fa furore l'imitazione del presidente fatta da Alec Baldwin.
La voce fuori campo che accompagna Scarlett-Ivanka mentre l'attrice si muove sinuosa in una festa recita: "Lei è bella, lei è potente, lei è complice". Viene anche messo in dubbio il ruolo "femminista" di Ivanka Trump, e la voce conclude lo spot: "Il profumo per la donna che potrebbe fermare tutto questo, ma non lo farà".
ABITI E BORSE TRUMP IL MARCHIO IVANKA VOLA NEGLI USA (MA È MADE IN CHINA)
Giuseppe Sarcina per il Corriere della Sera
Scarlett Johansson sta spopolando sulla rete con lo spot di «Complicit», «Connivente», un finto profumo di una finta, ma plausibile Ivanka. Molti americani cliccano, ridono: l' attrice newyorkese, 32 anni, sta intensificando l' impegno anti-Trump. Ma, intanto, la trentacinquenne figlia del presidente, quella vera, stacca i primi dividendi, dopo quaranta giorni alla Casa Bianca. Affari pubblici e guadagni privati. Tra gennaio e febbraio le vendite online delle sue collezioni di scarpe, abiti, profumi, borse e accessori sono aumentate in modo vertiginoso.
La Cnn riferisce che su «Amazon» la richiesta di «prodotti Ivanka» è salita del 332% negli ultimi due mesi. Lyst, uno dei siti di e-commerce della moda più importanti del mondo, con sede a Londra, riporta un incremento del 219%, solo nel mese di febbraio.
Il picco di vendite corrisponde con la polemica innescata dal tweet di papà Donald, l' 8 febbraio scorso: «Mia figlia Ivanka è stata trattata in un modo così scorretto da Nordstrom. Lei è una grande persona, mi spinge sempre a fare la cosa giusta! Terribile!» La catena di abbigliamento Nordstrom, sede a Seattle, 350 negozi, aveva appena annunciato il ritiro della linea creata dalla figlia prediletta del presidente.
Motivo? Vendite scarse. Forse ora, quelli di Nordstrom, si stanno auto-flagellando. Il giorno dopo, 9 febbraio, Kellyanne Conway, consigliera alla Casa Bianca, trasformò un' intervista a «Fox and Friends» in una televendita: «Gente andate a comprare le cose di Ivanka».
D' accordo, i dati mostrano che, almeno per ora, la coppia «The Donald»-Kellyanne è risultata più efficace di Scarlett.
Bene, è una vicenda laterale che possiamo chiudere qui?
Niente affatto. Dentro i numeri delle aziende guidate da Ivanka c' è uno spessore politico che non si esaurisce nel tema, pure importante, del conflitto di interesse del clan Trump. E neanche nell' atteggiamento «complice», «connivente» appunto, di Ivanka, che entra ed esce, con grande disinvoltura, nei più delicati dossier di Stato, ricavando utili sinergie per il suo business personale.
Il costruttore newyorkese ha vinto le elezioni con alcune promesse bandiera. Nel discorso di inaugurazione, il 20 gennaio, ha messo in cima la più importante: «America First», l' America prima di tutto. «Compra merci americane, assumi personale americano». È, però, sufficiente spendere 10 minuti su Amazon per verificare come Ivanka stia accumulando soldi, ignorando le parole d' ordine paterne, almeno quelle pubbliche. Interessa un tubino a motivi floreali? Prezzo minimo: 128 dollari, 95% poliestere, 5% spandex.
Ah un momento, ultimo particolare: il capo è importato.
Stesso discorso per l'«Ivanka Trump Women' s Carthe Flat Sandal», sandalo estivo in pelle, 110 dollari: «imported», importato. Praticamente tutta la merce firmata Ivanka viene fabbricata in Cina, Vietnam, Bangladesh e in altri Paesi asiatici. Del resto, proprio quel 20 gennaio, mentre Ivanka ascoltava compiaciuta il discorso patriottico-protezionista del genitore, uno dei tanti venditori ambulanti proponeva l' assortimento di magliette, cappellini «Make America Great Again». Pure la sua merce veniva dal Bangladesh o dal Vietnam.
Zero articoli «made in Usa». Offerti a prezzi popolari e con un commento spazientito: «Amico, lo sanno tutti che questa roba viene da fuori». Lo sa anche Donald Trump, naturalmente, ma «America First», a quanto pare non vale per Ivanka.