MA LE OLIMPIADI SERVONO DAVVERO A ROMA? TOTTI SI E’ SCHIERATO PER CHI LE SOSTERRÀ, CIOE’ GIACHETTI, MA I GIOCHI SONO UN’INCOGNITA PER LE CASSE: CHI LE HA ORGANIZZATE CI HA SEMPRE RIMESSO - UNA CITTÀ CHE HA UN DEBITO DI 14 MILIARDI PUÒ PERMETTERSI DI FARE UN PASSO COSÌ ONEROSO?


1 - ANCHE LE OLIMPIADI AL BALLOTTAGGIO “SERVONO ALLA CITTÀ”, “IDEA CRIMINALE”

Sebastiano Messina per “la Repubblica”

 

olimpiadi a roma il salto della buca

La maratona olimpica che passa sotto l’arco di Costantino? Addio. Le gare di Roma nelle tv di tutto il mondo? Magari un’altra volta. I vincitori al Colosseo, nell’arena dei gladiatori? Scordateveli. Il campus da 17 mila posti accanto all’università? Ciaone. Se il prossimo sindaco sarà Virginia Raggi, Roma dovrà rinunciare alle Olimpiadi del 2024, che per la candidata grillina servirebbero solo «a sperperare i soldi pubblici», e il solo parlarne oggi è «criminale».

 

ILLUSTRAZIONE GIANNI CHIOSTRI OLIMPIADI A ROMA

Dunque, se state accarezzando il sogno di vedere i ciclisti che corrono davanti ai monumenti imperiali di Ostia Antica, se vi piacerebbe assistere alle finali di beach volley sulla sabbia del Circo Massimo, o se sperate di entrare nel nuovo Palasport progettato dall’archistar Santiago Calatrava, preparatevi a metterci una pietra sopra. Se vince la Raggi, che ha capovolto il motto di De Coubertin: l’importante è non partecipare.

 

E così, abbattute le barriere retrò delle ideologie novecentesche, a Roma il nuovo spartiacque tra i grillini e il resto del mondo – rappresentato per questo ballottaggio dal renziano Roberto Giachetti – è la fiaccola olimpica.

 

virginia raggi

Mancano ancora quindici mesi al 13 settembre 2017, quando il Cio sceglierà tra Parigi, Los Angeles, Budapest e appunto Roma la sede dei Giochi del 2024, ma tutti sanno che sarebbe improponibile, la candidatura di una città il cui sindaco non vuol sentirne parlare, ed è dunque alla vigilia del voto decisivo che questo tema è finito al centro del duello per il Campidoglio, al punto che Francesco Totti ieri - pur smentendo in seguito ogni lettura politica - ha detto chiaro e tondo: «Da romano e romanista, io sarò sempre orgogliosamente a favore delle Olimpiadi a Roma. Solo lavorando tutti insieme per portare qui i Giochi del 2024 si può garantire una prospettiva di sviluppo concreto alla città».

 

roberto giachetti

Il sogno di Totti è quello di provare le stesse emozioni che 56 anni fa regalarono ai romani i Giochi del 1960. Furono le prime Olimpiadi televisive (l’Eurovisione e la Cbs pagarono un milione 200 mila dollari) e dunque tutto il mondo, o quasi, poté vedere Abele Bikila che tagliava a piedi nudi il traguardo della maratona, o quell’italiano con gli occhiali – Livio Berruti – che volava verso l’oro nei 200 metri piani, o quel pugile nero – Cassius Clay, allora diciottenne – che assaporava il suo primo trionfo olimpico.

 

O forse il capitano della Roma pensa a quello che le Olimpiadi significherebbero per la città: 177 mila posti di lavoro, cinque miliardi di investimenti, un’iniezione di ricchezza per la febbricitante economia della capitale.

 

MALAGO

E se è probabilmente irripetibile il boom del 1960, quando sorsero il Palasport all’Eur, il Palazzetto dello Sport al Flaminio e il villaggio olimpico (e spuntarono nuove strade come la via Olimpica e il Muro Torto), certo ai romani piacerebbero una nuova “città dell’acqua” alla Magliana, una Cycling Arena a Tor Vergata e soprattutto un villaggio olimpico da 17 mila posti che poi diventerebbe un campus universitario.

 

ABEBE BIKILA 1

Ma la Raggi non vuol saperne. Quando l’Assemblea capitolina assicurò con la mozione numero 39 il sostegno del Comune alla candidatura di Roma per i XXXIII Giochi olimpici, lei votò contro. Da allora non ha cambiato idea sulle Olimpiadi. «Esperienze fallimentari» le definì a marzo, anzi «un modo per sperperare i soldi pubblici». Raccontò che «il sindaco di Stoccolma ha preferito ritirare la candidatura per fare case popolari», e «molte città del mondo, come Cracovia, Davos e Boston, stanno pensando di fare altrettanto perché i soldi del Cio non bastano per coprire tutte le spese».

 

francesco totti

Idea folle, secondo lei, quella di “Roma 2024”, «perché da qui al 2024 i romani saranno tutti morti: nelle buche, nel traffico e nell’immondizia». Inutilmente, un mese fa, il presidente del Coni Giovanni Malagò le spiegò che le nuove regole – si chiamano “Agenda 20-20” – permettono di utilizzare impianti monta-e-smonta, a basso costo, e che il 70 per cento delle strutture ci sono già. Ma lei ha insistito: «Roma non può permetterselo». E per chi non avesse capito: «Oggi ritengo che sia criminale continuare a parlare di Olimpiadi».

 

francesco totti

Malagò si offese e ottenne una mezza rettifica, ma oggi ha una ragione di più degli altri per aspettare l’esito del ballottaggio. Anche se preferisce restare abbottonatissimo: «Noi rispettiamo tutti. Però chiediamo rispetto per il nostro lavoro, e per il nostro impegno». I suoi timori se li tiene per sé: almeno fino al 19 giugno.

 

2 - TOTTI IN CAMPO PER I GIOCHI MA DRIBBLA GIACHETTI “CON LA POLITICA NON C’ENTRO”

Filippo Ceccarelli per “la Repubblica”

 

TOTTI INTERNAZIONALI

Ma quanti voti porta Totti? O meglio: quanti ne portava prima che scattasse anche per lui la necessità del distinguo e della precisazione? Comunque parecchi, evidentemente, se il fronte non solo romano del Pd si era ringalluzzito dinanzi al mezzo endorsement indiretto del Pupone.

 

La faccenda si è dispiegata attorno al derby, come ormai si dice, sulle eventuali Olimpiadi a Roma: il M5S strenuamente e fieramente vi si oppone (Raggi le ha definite un’idea «criminale »); mentre il centrosinistra senz’altro le vuole (per Giachetti sono «una grande opportunità»).

 

Ieri Totti, cui per la verità non poteva sfuggire la ricaduta elettorale del dilemma, ha dapprima espresso le sue più risolute preferenze: «L’ho detto e lo ripeto, da romano e romanista io sarò sempre orgogliosamente a favore delle Olimpiadi a Roma». Poi ha chiarito che «la politica non c’entra niente» e lui non vuole esserci tirato dentro.

totti 2

 

A occhio, dietro alle due opzioni se ne può immaginare una terza che riguarda la costruzione del nuovo stadio della Roma. Anche qui il centrosinistra, insieme al Coni, al presidente giallorosso Pallotta e, come ovvio, al costruttore Parnasi, spingono forte forte per l’opera; della quale invece i grillini, pur con maggiore cautela rispetto ai giochi 2024, non sentono l’esigenza, tanto meno la priorità.

 

Ma se il tutto sembra confermare l’eterno valore politico dei circenses, è soprattutto il voto, o se si vuole il presunto omaggio votivo di Totti che in ogni caso marca di sè la questione, per giunta spostandola su un terreno dove è arduo stabilire confini certi fra l’opportunismo e l’idolatria.

TOTTI

 

Le maglie-reliquia, per dire, con immane casistica di reciproci e vezzosi regali fra potenti (da Andreotti a Renzi passando per D’Alema sotto i riflettori di Porta a porta). Come pure i corteggiamenti, le disdette, le polemiche o le affettuose consuetudini che in un modo o nell’altro hanno visto il campione romanista entrare in contatto con Rutelli e Bossi, come pure con Veltroni (moltissimo se si pensa che uno dei cuccioli di lupo del Bioparco è stato battezzato «Totti») o con Berlusconi che in un fasullo concorso per le migliori parodie elettorali comunque volle scegliere e premiare, nel 2001, lo slogan: «Meno tasse per Totti».

 

Saranno quasi vent’anni che la politica, sempre più debole, sempre più priva di legittimità, si aggrappa al culto del Pupone. O almeno ci prova a trasformarlo in garante e testimonial di mille cause perfino buone; lo invita e l’accoglie con i massimi onori additandolo come esempio di bontà e solidarietà, dai vecchietti alle carceri, dalla scuola alla raccolta fondi per il terremoto. Una specie di figura di raccordo para-istituzionale in epoca di politica pop.

D ALEMA TOTTI

 

Ma anche - e inconfessabilmente da parecchio tempo Totti è visto dal potere come una risorsa di cui appropriarsi per fini meno nobili di quanto appaiano. Quale portatore di un consenso così neutrale, rotondo, levigato e semplificato da non ammettere ostilità o controversie di sorta; perfetto in momenti come questo, tanto più efficace e spendibile in un contesto nel quale la militanza ha lasciato il campo alla tifoseria.

 

Tutto questo ovviamente prescinde dalla straordinaria avventura calcistica di Totti, così come dalle sue convinzioni politiche. È che il potere, nella sua foga anche parassitaria, coglie in lui, «il Re Leone», le virtù del mito, oltretutto stemperato in un carattere benevolo e di spontanea auto-ironia. Ma ieri la macchina di colpo ha fatto tilt. «Non voglio essere strumentalizzato » ha detto. A suo modo anche nel suo caso è girato il vento.