1. MA LA TELEFONATA DI MATTEO RENZI AL PADRE E’ UNA FURBATA DEL BULLETTO DI RIGNANO?
2. BELPIETRO SENTE PUZZA DI BRUCIATO: “CHISSÀ PERCHÉ UN TIPO SCALTRO COME RENZI PRENDE IL TELEFONO E CHIAMA IL PADRE SOTTOPONENDOLO A UNA SPECIE DI INTERROGATORIO PREVENTIVO IN VISTA DI QUELLO UFFICIALE A CUI LO SOTTOPORRANNO I PM DI ROMA..."
3. “FA LA FIGURA DELLO STATISTA DAVANTI A UN PADRE PASTICCIONE. LUI CHIAMA, LA PROCURA ASCOLTA, I GIORNALI PUBBLICANO E TUTTI VISSERO FELICI E CONTENTI. PERO' C'È UN ‘MA’ IN QUESTA FACCENDA. LE FRASI CHE IL 2 MARZO HANNO FATTO SOBBALZARE RENZI E LO HANNO SPINTO A TELEFONARE AL PADRE, L'EX TESORIERE DEL PD MAZZEI LE AVEVA GIÀ DETTE IL 29 DI DICEMBRE E IL NOSTRO GIORNALE LE AVEVA RIPORTATE. RENZI NON SE N' ERA ACCORTO?..."
Maurizio Belpietro per “la Verità”
Chissà perché un tipo scaltro come Matteo Renzi - uno che è stato a Palazzo Chigi e che da capo del governo ha avuto a che fare con magistrati, forze dell' ordine, servizi segreti e perfino con qualche intrigo - lo scorso 2 marzo prende il telefono e chiama il padre sottoponendolo a una specie di interrogatorio preventivo in vista di quello ufficiale a cui lo sottoporranno i pm di Roma?
La spiegazione fornita dall' ex presidente del Consiglio fin dalle prime ore del mattino di ieri, quando il Fatto Quotidiano ha diffuso il testo di una conversazione telefonica fra lui e il babbo intercettata mesi fa, è semplice: ero in Puglia e avevo appena finito di leggere su Repubblica un' intervista ad Alfredo Mazzei in cui l' ex tesoriere del Pd campano raccontava di un incontro fra mio padre, Alfredo Romeo e Carlo Russo.
Insomma, Renzi sfoglia il giornale diretto da Mario Calabresi e gli va di traverso il caffè perché scopre che, a differenza di quel che fino al giorno prima aveva sostenuto il genitore, Tiziano ha incontrato Romeo insieme con Russo. Dunque prende il cellulare e senza trattenersi fa il terzo grado al papà, esortandolo a dire la verità ai magistrati. Renzi strapazza il padre: gli dice di non dire bugie, come ha fatto con Luca (Lotti, presumibilmente) e però lo esorta a non parlare della mamma, «che se no la interrogano». Insomma, l'ex premier telefona e fa la figura dello statista alle prese con un padre pasticcione. Preoccupato di non turbare la tranquillità domestica della madre, ma anche determinato a convincere il genitore a raccontare quello che sa ai pm.
Tutto ciò ha come sfondo un'indagine sulla centrale acquisti della pubblica amministrazione e su un appalto miliardario su cui avrebbe messo gli occhi e forse le mani Alfredo Romeo, imprenditore napoletano in carcere da mesi. L'inchiesta è nelle mani del procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo, il quale ha spedito un po' di avvisi di garanzia, al ministro Luca Lotti e al comandante generale dell'Arma dei carabinieri per rivelazione di segreto e favoreggiamento, a Tiziano Renzi per traffico di influenze illecite. Tutto chiaro, dunque?
Tiziano frequenta gente che non dovrebbe frequentare, finisce nei guai perché quelli che incontra vogliono il suo aiuto per ottenere un appalto, il figlio lo scopre e via cavo lo mette spalle al muro. Applausi. Il padre ne esce come un povero incauto che non si ricorda neppure se ha visto Romeo, Matteo come uno che non fa sconti a nessuno, neppure al babbo. Ma è proprio così? Il primo a insinuare il dubbio che l'intercettazione non sia del tutto spontanea è Francesco Rutelli, uno che Renzi lo conosce fin da quando aveva i calzoni corti, avendolo tenuto a battesimo in politica.
Smentendo di avere rapporti con Romeo, l'ex sindaco di Roma non solo sostiene che, descrivendolo come legato all' imprenditore campano, Renzi dice il falso, ma aggiunge di non sapere se le parole dell' ex presidente del Consiglio siano dettate dall' ira oppure «costruite a tavolino». Insomma, l' ex fondatore della Margherita sembra pensare che la telefonata fra il segretario del Pd e il papà non sia dettata dalla lettura dell' intervista di Repubblica con Mazzei, ma dal bisogno di prendere le distanze da papà. Tradotto: Renzi chiama, la Procura ascolta, i giornali pubblicano e tutti vissero felici e contenti.
C' è però un «ma» in tutta questa faccenda. Le frasi che il 2 marzo, cioè il giorno prima che Tiziano vada in Procura, hanno fatto sobbalzare Renzi e lo hanno spinto a telefonare al padre, l' ex tesoriere del Pd le aveva già dette il 29 di dicembre a Carlo Tarallo e il nostro giornale le aveva riportate in un articolo firmato dallo stesso Tarallo e da Giacomo Amadori. L' ex presidente del Consiglio, ancora sotto choc per la scoppola del referendum, non se n' era accorto? Possibile che il suo ufficio stampa non gli abbia detto niente? Strano.
Ma strano soprattutto che Renzi abbia dovuto aspettare il 2 di marzo e ricorrere al telefono per interrogare il genitore. Ma come, il 6 novembre La Verità pubblica la notizia che Tiziano Renzi sospetta di essere intercettato da una Procura del sud, il 24 di dicembre si scopre che Lotti e il comandante dei carabinieri sono indagati per fuga di notizie sull' inchiesta Consip, il 29 di dicembre Mazzei parla di un incontro di babbo Renzi con Romeo, cioè della stessa persona al centro delle indagini Consip, il 16 febbraio Tiziano viene raggiunto da un avviso di garanzia della Procura di Roma per traffico di influenze illecite, il primo di marzo Alfredo Romeo viene arrestato e Matteo aspetta di leggere Repubblica per dire al papà di non dire bugie? I due Renzi abitano a 12 chilometri di distanza, 20 minuti d' auto quando c' è traffico, e l' ex presidente del Consiglio, l' uomo che si accompagna ai potenti della Terra, chiama al telefono il genitore la mattina del 2 marzo e si fa registrare dal maresciallo? Dai su, raccontateci un' altra storia.