MACHETE? MA CHE STAI A DÌ? – LA RETROMARCIA CLAMOROSA DI CROSETTO È IL SEGNO CHE ANCHE I MELONIANI HANNO CAPITO CHE NON SI FA A MENO DEL DEEP STATE: ADESSO IL DG DEL TESORO, ALESSANDRO RIVERA, FORTE DELLO SCUDO DI GIANCARLO GIORGETTI, SEMBRA INTOCCABILE. O QUASI: ANCHE SE SALTASSE, PER IL SUO POSTO SI FA IL NOME DI STEFANO SCALERA, NON PROPRIO UNO ESTRANEO AI PALAZZI ROMANI. AMICO DI RIVERA, È STATO A PALAZZO CHIGI CON D’ALEMA, HA LAVORATO CON PADOA SCHIOPPA E RENZI…
-Estratto dell’articolo di Valerio Valentini per “il Foglio”
Più che il machete, il bisturi. Doveva essere la rivoluzione, pare invece che finirà con un giro di valzer. Il solito. Giancarlo Giorgetti, del resto, agli accessi di furore dei suoi colleghi di governo di FdI contro il deep state non ha mai dato troppo credito. Perché non è il Mef, dice, il posto dove si possono fare azzardi o esperimenti.
Dunque forse un cambio della guardia al Tesoro ci sarà, se davvero Giorgia Meloni lo ritiene indispensabile. Ma la transizione sarebbe comunque dolce, indolore: magari con un periodo non breve di affiancamento.
E non è un caso che tra i principali indiziati per la sostituzione di Alessandro Rivera c’è quello Stefano Scalera che dell’attuale direttore generale è amico e stimato collega. “Serve competenza e affidabilità”, ripete Giorgetti.
E fosse per lui, davvero se la risparmierebbe l’incognita dell’avvicendamento. Perché i contatti di Rivera a Bruxelles, la sua consuetudine con gli uffici tecnici e le cancellerie europee, sono una garanzia.
[…] E anzi il rapporto s’è andato consolidando, tra i due. Forse proprio perché, come maliziosamente racconta il ministro, l’ansia di possibili rimozioni induce tutti a farsi più malleabili.
[…] Tutto predisposto, dunque. O almeno così pareva. Finché due giorni fa Guido Crosetto, lo stesso ministro della Difesa che aveva ufficializzato l’avvio del repulisti, ha riposto nel fodero il machete brandito contro i funzionari pubblici sgraditi, riabilitando d’incanto non solo Rivera, ma anche quel Biagio Mazzotta, capo della ragioneria generale, che era l’altro obiettivo sensibile per FdI: “Rivera e Mazzotta? Rappresentano il meglio della dirigenza pubblica italiana”, ha spiegato Crosetto ad Avvenire. Indietro tutta.
[…] Ed è significativo il mandato del silenzio tassativo che Matteo Salvini ha imposto ai suoi, sulla faccenda: il capo del Carroccio ha garantito a Giorgetti sostegno, nel tentativo di difendere il Tesoro dalle mire di FdI.
[…] Perché a conoscere le macchine contorte della burocrazia ministeriale, in Italia, non sono tantissimi, e perché, per i pochi davvero capaci rimasti fuori dal giro, il tetto a 240 mila euro non incoraggia a entrarci, in quel giro. Il che vale soprattutto per il ruolo di dg del Tesoro.
Se davvero Meloni vuole lo scalpo di Rivera, ormai forse più per un puntiglio politico, Giorgetti cederà. Ma i nomi che sta vagliando come possibili sostituti sono tutt’altro che espressione di un mondo altro a quello che finora ha indirizzato la macchina del Mef. Non a caso il più accreditato, in queste ore, pare essere Stefano Scalera.
Che è uomo trasversale ai partiti e ai governi: uno che è stato consigliere a Palazzo Chigi con D’Alema e dirigente al Tesoro con Tremonti, che ha collaborato con Padoa Schioppa e con Renzi. E poi direttore dell’Agenzia del demanio, e poi di nuovo a Via XX Settembre per un lustro.
Fino a che non cercò un buen retiro momentaneo, nel 2021, nell’amata Trigoria, come responsabile degli affari istituzionali dell’As Roma, di cui è tifosissimo, prima che Daniele Franco lo richiamasse al Mef. Dove ora dirige l’ufficio studi sull’attuazione del Pnrr: incarico prestigioso ma non troppo, e che verrà coinvolto nella ridefinizione della governance del Recovery a cui sta lavorando Raffaele Fitto. L’uomo giusto, dunque, per sostituire Rivera? Forse sì, se è vero che a parlarne tanto bene, in questi giorni, è proprio Rivera.