MACRON, IL SOLITO SBORON - L’IPER-ATTIVISMO DEL PRESIDENTE FRANCESE SULL’UCRAINA È STATO SOLO CONTROPRODUCENTE: PUTIN L’HA PRESO PER IL NASO, ZELENSKY NON SI FIDA - MA È IL SOLITO DISCORSO: CHI COMANDA IN EUROPA? TUTTI, E QUINDI NESSUNO - IL TOYBOY DELL’ELISEO HA FORZATO LA MANO PER RAGIONI ELETTORALI: VUOLE FAR VEDERE CHE CE L’HA DURO IN VISTA DELLE PRESIDENZIALI DI APRILE, CHE RISCHIA DI PERDERE…
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Stefano Montefiori per il "Corriere della Sera"
«Mi ha torturato per sei ore», ha detto senza sorridere Vladimir Putin durante la conferenza stampa notturna con Emmanuel Macron al Cremlino. Il presidente russo si stava lamentando per tutti i torti subiti a suo dire dalla Nato, e ha aggiunto alla lista anche l'insistenza del presidente francese nel corso del lunghissimo colloquio che si era appena concluso.
L'attivismo di Macron nella crisi russo-ucraina in questi giorni è talmente straripante da prestarsi al commento un po' infastidito di Putin, e anche allo scherno di chi ci vede il segno della solita grandeur francese, quella pretesa di agire da grande potenza quando non se ne ha più, da oltre ottant' anni ormai, il rango.
Macron in tre giorni è volato tra Mosca, Kiev e Berlino e ha parlato più volte con il presidente americano Biden in qualità di presidente francese, certo, ma anche a nome dell'Unione europea. Una forzatura politica facilitata dal semestre francese di presidenza del Consiglio Ue: i ritardi dell'integrazione europea hanno lasciato un grande spazio vuoto, e Macron appare determinato a occuparlo.
Se le istituzioni Ue per adesso prevedono solo la figura burocratica ed evanescente dell'«Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza» (lo spagnolo Josep Borrell), Macron prova a dare all'Europa quella voce chiara e riconoscibile che di solito le manca soprattutto nelle questioni internazionali. È la frase «l'Europa è assente», ascoltata mille volte in questi anni, che Macron sta cercando in ogni modo di contraddire.
Fino al gennaio scorso il destino dell'Ucraina era discusso da Stati Uniti e Russia al telefono tra i due presidenti Biden e Putin, e a Ginevra dai capi delle rispettive diplomazie Blinken e Lavrov. Putin considerava Biden come l'unico interlocutore, anche se l'Ucraina si trova in Europa e la relazione con la Russia tocca la questione più ampia della sicurezza di tutto il continente.
Macron ha avuto il coraggio di provare a rompere l'abituale marginalità europea. Lo ha fatto correndo non pochi rischi, per esempio quello di sembrare un cavaliere solitario: per questo ha moltiplicato i contatti con i partner europei e si è consultato decine di volte con tutti i leader, da Mario Draghi al polacco Duda ai presidenti dei tre Stati baltici, per essere certo di avere il sostegno dei Ventisette.
Il protagonismo europeo del presidente francese è coerente con la sua storia politica, con una certa indole personale diciamo non proprio umile, e anche con la situazione interna della Francia: tra due mesi si vota per l'Eliseo, e Macron ama mostrarsi agli elettori come il leader che nel momento di una gravissima tensione internazionale tratta con i grandi del mondo mentre i suoi avversari si dedicano ai volantinaggi.
Macron non si è ancora ri-candidato ufficialmente anche perché vuole fare valere fino in fondo il suo status di presidente in carica, ponendosi al di sopra della mischia: voi fate comizi, io provo a convincere Putin a non invadere l'Ucraina.
Esporsi personalmente in questo modo è un azzardo, ma senza un pizzico di incoscienza Macron non si sarebbe presentato nel 2017 alle prime elezioni della sua vita per diventare a 39 anni il presidente della Repubblica francese. Per adesso, Macron ha riportato al centro dei negoziati l'Europa resuscitando il formato Normandia (Francia, Germania, Russia, Ucraina) e senza infastidire Biden, che anzi sembra ben contento di non dovere fare tutto da solo.
Il Cremlino ieri ha parlato di «segnali positivi». Macron potrebbe avere trovato un buon modo per dare finalmente un briciolo di concretezza al sogno di una «autonomia strategica» europea.