“MAI COSÌ DAI TEMPI DEL NAZISMO” - LE COMUNITÀ EBRAICHE EUROPEE IN ALLARME PER L’ANTISEMITISMO MONTANTE - DISCRIMINAZIONI, AGGRESSIONI, DIMOSTRAZIONI, INVOCAZIONI DELLE CAMERE A GAS, PERSINO EDITORIALI SUI GIORNALI
Carlo Antonio Biscotto per "Il Fatto Quotidiano"
Che i bombardamenti su Gaza, i quasi duemila morti civili, i moltissimi bambini tra le vittime, i missili sulle scuole, scatenassero una ondata di antisemitismo in Europa era da mettere nel conto. Ma nessuno era in grado di prevederne la portata.
Stando a quanto riferisce il Crif, l’organismo che raggruppa le organizzazioni ebraiche francesi, il mese scorso in una sola settimana sono state attaccate otto sinagoghe mentre un negozio kosher e una farmacia sono stati saccheggiati e dati alle fiamme. Alla periferia di Parigi migliaia di dimostranti hanno cantato a squarciagola “Morte agli ebrei!” e hanno bruciato la bandiera israeliana.
In Germania la sinagoga di Wuppertal – che venne distrutta il 10 novembre del 1938 nella famigerata Notte dei cristalli - è stata fatta oggetto di un fitto lancio di bombe molotov e l’Imam di Berlino ha chiesto ad Allah di “distruggere i sionisti ebrei fino all’ultimo uomo”. Un anziano ebreo è stato percosso a sangue ad Amburgo e un adolescente preso a pugni per le strade di Berlino. In diverse città tedesche i manifestanti filo palestinesi hanno paragonato l’intervento a Gaza all’Olocausto.
In tutta Europa l’antisemitismo – che nella cultura europea è come un fiume carsico sempre pronto a riemergere nei momenti bui o di crisi – sta rialzando la testa e sta risvegliando i vecchi demoni. Già nel 2008 e all’inizio del 2009 durante le tre settimane dell’Operazione “Piombo fuso” si registrarono in Francia 66 atti di violenza diretti contro persone o istituzioni ebree.
Ma secondo gli studiosi e i leader ebrei questa volta è diverso. Non è una semplice reazione al conflitto; le minacce e i discorsi che trasudano odio sembrano la manifestazione di un antisemitismo più profondo, radicato e diffuso alimentato da una serie di fattori.
“È il periodo peggiore dalla fine del nazismo”, commenta Dieter Graumann, presidente del Consiglio ebraico tedesco. “Per le strade senti gente che ti dice ‘gli ebrei dovrebbero finire nelle camere a gas’. Sono parole che in Germania non si sentivano da decenni. Chi dice queste cose non vuole criticare la politica di Israele, ma desidera esprimere il proprio odio per gli ebrei”.
È una preoccupazione condivisa anche da Roger Cukierman, presidente del Crif francese. “Per le strade di Parigi non gridano ‘morte agli israeliani’; gridano ‘morte agli ebrei’”. E il vicepresidente, Yonathan Arfi, è ancora più categorico: “L’incremento delle violenze antisemite non è da mettere in relazione ai fatti di Gaza. È una cosa molto più profonda”.
Prova ne sia che ad essere allarmati sono anche i leader di molti Paesi europei. Angela Merkel ha parlato di “attacco alla libertà e alla tolleranza della nostra democrazia” e il primo ministro francese, Manuel Valls, ha affermato che “attaccare un ebreo perché è un ebreo equivale ad attaccare la Francia e i suoi valori repubblicani”. Se Francia e Germania – anche per il numero di ebrei presenti in quei Paesi – sono in prima linea, il fenomeno non risparmia nessuno.
In Austria una amichevole di calcio tra il Maccabi Haifa e il Paderborn, iscritto alla Bundesliga , è stata annullata. In Olanda il Ci-di, il Centro olandese di informazione e documentazione su Israele, ha ricevuto in una sola settimana oltre 70 telefonate – rispetto ad una media di 3/5 – da parte di cittadini ebrei spaventati. Un rabbino di Amsterdam è stato preso a sassate e due donne ebree sono state percosse.
In Belgio una donna è stata cacciata da un negozio dal gestore che le ha detto: “Non serviamo gli ebrei”. In Italia – in particolare a Roma – svastiche e scritte antisemite sono apparse sulle vetrine e le saracinesche di attività commerciali gestite da ebrei. Un Imam di San Donà del Piave verrà espulso dal Paese per aver auspicato in un discorso lo sterminio del popolo ebraico.
In Spagna non sono state segnalate violenze, ma le polemiche sono accese. La comunità ebraica di Madrid ha minacciato iniziative contro El Mundo colpevole di aver ospitato sulle sue colonne un articolo nel quale il drammaturgo Antonio Gala, 83 anni, metteva in dubbio la capacità degli ebrei di vivere in pace con gli altri: “Non c’è da meravigliarsi se sono stati così spesso perseguitati e cacciati”.
Le organizzazioni ebraiche che hanno il compito di monitorare le violenze antisemite ritengono che la tendenza sia inequivocabile: dal 2000 al 2010 il numero delle violenze è aumentato di sette volte rispetto agli anni ’90. Secondo uno studio della Anti-Defamation League degli Usa, il 24% degli europei ha atteggiamenti o opinioni antisemiti (37% in Francia , 27% in Germania, 20% in Italia).
Ma cosa alimenta il fenomeno? Secondo chi opera sul campo i fattori sono molti: i conflitti in Medio Oriente, la guerra in Libano del 2006 e quello che secondo molti è il rifiuto di Israele di arrivare ad un accordo con i palestinesi. Ma l’aspetto più preoccupante sottolineato da intellettuali, politici e giornalisti è la “normalizzazione” dell’antisemitismo. In sostanza gli antisemiti non sentono più la necessità di nascondersi. E questo grazie anche ai social media dove i commenti apertamente filo-nazisti e antisemiti sono ormai all’ordine del giorno.