MANETTE VERDI - LA “NUOVA LEGA” DI MARONI E SALVINI FA RIMPIANGERE QUELLA DI BOSSI E BELSITO. L’ARRESTO DI FABIO RIZZI (CHE SVENTOLAVA LA SCOPA CONTRO UMBERTONE) E’ SOLO L’ULTIMO ANELLO DI UNA LUNGA CATENA DI INCHIESTE: TUTTI GLI INDAGATI DEL CARROCCIO 2.0 -
Davide Vecchi per il “Fatto Quotidiano”
Agitava la scopa, Fabio Rizzi. La sera del 10 aprile 2012 in piedi sul palco di Bergamo ben piantato accanto a Roberto (Bobo) Maroni, il consigliere leghista - arrestato ieri per corruzione - sventolava la sua ramazza di saggina insieme agli altri contro Umberto Bossi e il suo Cerchio Magico. I vari Francesco Belsito, Rosi Mauro con bodyguard, la family bossiana nella quale primeggiava "il Trota" Renzo.
Rizzi e Maroni erano tra i nuovi puri, impegnati a ripulire la Lega da lauree in Albania e diamanti: "Chi sbaglia paga", ripeteva Bobo. Quella sera è entrata nella storia del Carroccio come la "notte delle scope" e per il movimento padano è lo spartiacque, il passaggio dalla vecchia leadership, accusata di essere chiusa e clientelare, a una nuova, non corrotta e onesta. In realtà il dopo è forse peggio del prima. Ché quelli compravano lauree e diamanti, mica ricevevano tangenti e truccavano appalti. Anzi.
Quando nel 1994 Bossi scoprì che l' allora tesoriere, Maurizio Balocchi, aveva ricevuto dalla Montedison una mazzetta da 200 milioni di lire, mise una botte all' ingresso del quartier generale di via Bellerio, per raccogliere la cifra e restituirla. Altri tempi, altri leader, altra Lega. Passata dalla difesa del Nord a quella dell' orticello di potere. Maroni prima e Matteo Salvini poi, hanno tradito l' ideale che riempiva urne (e casse) del Carroccio, spostando i confini della Padania dall' Emilia alla Sicilia, infine hanno imbarcato fedelissimi e affezionati della poltrona.
Ora, tra un attacco scomposto alla magistratura - definita "una schifezza" - e prime linee indagate o arrestate, il leader in felpa si candida a successore naturale di Silvio Berlusconi, quando era Cavaliere e non ancora pregiudicato. Il Carroccio sembra a buon punto. Ieri sono scattate le manette ai polsi del leghista Fabio Rizzi accusato, insieme alla moglie e altri, di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, turbativa d' asta e riciclaggio.
Rizzi, senatore dal 2008 al 2013 e talebano maroniano, è presidente della commissione regionale della Sanità. Ambito in cui già Roberto Formigoni aveva raggiunto vette eccellenti tanto che col passaggio di testimone aveva ceduto alla Lega anche l' assessore di riferimento: Mario Mantovani. "È bravissimo", garantiva Formigoni. Tanto che Maroni, conquistata la Lombardia, l' ha nominato pure vicepresidente. Ma il 13 ottobre 2015 Mantovani viene arrestato per corruzione.
Nella stessa inchiesta, in un giro di appalti e mazzette sui dializzati, è indagato anche il braccio destro di Maroni, il responsabile del Bilancio, Massimo Garavaglia. La Sanità è stata ereditata direttamente da Rizzi che infatti ha firmato la riforma regionale, una legge voluta da "Bobo" e dalla Lega per archiviare il modello formigoniano (fiori all' occhiello - giudiziario - sono i casi San Raffaele e Maugeri) che ha fatto esplodere l' offerta di cura del privato con un proliferare di indagini e arresti. Intento perseguito alla perfezione visto che il firmatario è finito in manette. Ma in Lega i guai con la giustizia sembrano essere necessari quanto la tessera di partito.
Lo stesso Maroni è stato raggiunto da una richiesta di rinvio a giudizio nel settembre 2015 per aver esercitato pressioni su Expo nel tentativo di far ottenere un lavoro e un viaggio a Tokyo a due sue ex collaboratrici. Oltre a lui, il pm milanese Eugenio Fusco, chiese il rinvio a giudizio per il capo della sua segreteria, Giacomo Ciriello, nonché per un altro leghista tre stagioni (prima bossiano poi maroniano oggi salviniano): il segretario generale del Pirellone nonché presidente di Ferrovie Nord, Andrea Gibelli.
Oltre alla Lombardia anche nel partito c' è chi può mostrare medaglie. È il caso di Edoardo Rixi , numero due di Salvini, rinviato a giudizio per peculato e falso: da consigliere regionale in Liguria si è fatto rimborsare spese private con soldi pubblici spacciandole per attività istituzionali. La Finanza ha quantificato la cifra: 97 mila euro. Sì, sono le famose spese pazze. Quelle che svelarono la passione di Roberto Cota per le mutande verdi, comprate con i soldi della Regione Piemonte. Il governatore leghista non si dimise.
Non per le mutande né per gli oltre 25 mila euro di fondi regionali spesi a fini personali. Poi toccò al Pirellone con ben 62 consiglieri indagati: quasi l' intero parlamentino. E anche lì la Lega fece un' ottima figura. Il capogruppo del Carroccio, Stefano Galli, riuscì a farsi pagare pure il pranzo di matrimonio della figlia, somma poi restituita. Coinvolto anche l' oggi salviniano Davide Boni.
Il leader in felpa ai tempi della campagna elettorale tuonò che non ne avrebbe portato con sé nessuno. Vicepresidente del consiglio regionale è infatti Fabrizio Cecchetti, rinviato a giudizio per 40 mila euro di soldi pubblici usati secondo l' accusa a fini personali. Sì, ha rimborsato la cifra e governa. Anche Belsito ha restituito i diamanti. Valevano 90 mila euro. Li ha sventolati con orgoglio Maroni dal palco di Pontida 2015. Che fine hanno fatto?
Considerata la genesi leghista oggi una botte in via Bellerio non basterebbe. Non c' è neanche più la sede: il partito è sul lastrico e dopo aver licenziato i 72 dipendenti licenziabili e tagliato su tutto, non è rimasto che tirare giù la saracinesca, come un negozio fallito. Però Salvini se la prende con la magistratura: "Una schifezza", l' ha definita per difendere il fedele Rixi. Anche lui, come il felpato e gli altri, era a Bergamo il 10 aprile 2012. Chissà che fine ha fatto la loro scopa.