LA MANOVRA DEL RINCULO – DOPO I RIMBROTTI DI BRUXELLES, IL GOVERNO POTREBBE FARE DIETROFRONT SULLA SOGLIA PER L'USO OBBLIGATORIO DEL POS - FORZA ITALIA INCASSA L'AUMENTO DELLE PENSIONI A 600 EURO PER GLI OVER 75 (IL CAV AVEVA PROMESSO LE PENSIONI A MILLE EURO) MA DEVE CEDERE SUGLI SGRAVI PER I NEO-ASSUNTI - MANCA ANCORA L'UFFICIALITÀ SU OPZIONE DONNA (SE CI SARÀ O MENO IL CRITERIO DEI FIGLI), SULLO SCUDO PENALE PER GLI EVASORI CHE SI METTONO IN REGOLA CON IL FISCO…
-Ilario Lombardo per “la Stampa”
Il governo ha scommesso su venerdì 23 dicembre: per quel giorno la legge di Bilancio deve essere licenziata dalla Camera. Per Giorgia Meloni non si deve «nemmeno immaginare l'ipotesi dell'esercizio provvisorio». Ne va della credibilità di un governo di destra che è appena nato e che in Europa attendono alla principale prova d'esame. La manovra va approvata entro i tempi, prima del 31 dicembre.
Costi quel che costi: compromessi, rinunce, e anche qualche concessione all'opposizione. Il ritardo però ieri era palese. E il clima durante i lavori della Commissione non dei migliori. In teoria, il calendario prevede che il testo arrivi in aula per martedì, accompagnato dal maxi-emendamento del governo. Ma solo se per domani a pranzo la Commissione avrà dato il via libera. Al Tesoro ammettono che potrebbero prendere un giorno in più, e rinviare a mercoledì. Anche perché non tutti gli emendamenti sono noti, e non tutte le norme presentano una copertura bollinata.
Per questo, l'opposizione ha chiesto e ottenuto che il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti vada in Commissione, per mettere la faccia su provvedimenti che al momento restano ignoti. Lo farà questa sera, e dalle sue risposte il governo potrà guadagnare o perdere ore preziose. Nonostante fiocchino accuse di «gestione improvvisata» (Pd) e di «incapacità» (Terzo Polo), non c'è aria di ostruzionismo.
Per l'esecutivo sarebbe fatale, anche perché, come non a caso avvertiva ieri la dem Debora Serracchiani, il Parlamento deve anche finire di approvare il decreto legge sui Rave party.
Sulla manovra ci sono alcuni punti che ancora non sono chiari. La soglia per l'uso obbligatorio del Pos che svincola dalle sanzioni i commercianti, per esempio. Doveva scendere da 60 a 30 euro, ma ieri sera è spuntata l'ipotesi di una retromarcia totale sui pagamenti col bancomat. Manca ancora l'ufficialità su Opzione Donna (se ci sarà o meno il criterio dei figli), sullo scudo penale per chi si mette in regola - a determinate condizioni - con il fisco.
E sul Reddito di cittadinanza: «Dobbiamo ancora decidere, sull'ipotesi di scendere a 7 mesi. Libererebbe 200 milioni di euro. È una questione politica alla fine», ammette Luca Ciriani, ministro dei Rapporti con il Parlamento. In fondo, è sempre una questione politica. Ma questa volta i soldi a disposizione sono davvero pochi. «Ogni copertura significa scontentare qualcun altro. È un continuo lavorìo - ancora Ciriani -, costruisci una cosa e ne demolisci un'altra per trovare la copertura».
È un teorema che si ripete ogni anno. Questa volta però i giorni sono pochissimi. I ministri lavorano in apnea, e Giorgetti deve rosicchiare tempo giocando sulle norme-mancette che a ogni legge di Bilancio servono a placare le opposizioni. L'intero pacchetto di emendamenti doveva essere pronto per ieri. Il ministro non ce l'ha fatta.
Il capitolo fiscale è arrivato solo poco prima delle dieci di sera. In generale, solo una parte delle modifiche è stata resa nota ed è chiusa. Le pensioni minime a 600 euro per gli over 75 sono un caso.
L'unico, parziale, risultato ottenuto da Silvio Berlusconi, dopo una battaglia che il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Alessandro Cattaneo, ha definito «campale». Le trattative con gli alleati di Fratelli d'Italia e della Lega sono durate giorni e hanno prodotto poco. Sulla decontribuzione per i giovani under 36, Giorgetti ha dovuto sudare per convincere Berlusconi che «non è una misura a costo zero» come lui sosteneva. Il compromesso si è fermato a 8 mila euro, ma il padrone di FI chiedeva lo sgravio totale.
Il leader, infatti, al di là del video d'amicizia inviato alla festa di FdI e degli annunci, non è completamente soddisfatto. Ha le sue idee, e pensa che uno che ha fatto il premier per quattro volte meriti un po' più di ascolto. Il cammino, comunque, è lungo: «Nei prossimi mesi - promette Berlusconi - ci faremo sentire di più, perché da noi deve comunque passare ogni decisione». Sulle pensioni - che valgono voti, tanti - non demorde, e già nel 2023 tornerà alla carica. E in quel caso, avverte, i soldi che ora sono mancati, perché gran parte sono stati destinati al caro bollette, andranno trovati. «L'obiettivo - assicura - è arrivare a mille euro, come avevo promesso in campagna elettorale».