MANOVRE A PALAZZO - PAOLO ROMANI STA METTENDO IN PIEDI IL GRUPPO DEI “RESPONSABILI” IN SENATO MA NON C’È ANCORA UN ACCORDO: SI TROVERÀ QUANDO I VOTI SARANNO INDISPENSABILI - SI VOCIFERA CHE RENZI ABBIA PRESO CONTATTI CON DIVERSI ESPONENTI DEI FUTURI RESPONSABILI PER CONVINCERLI A TEMPOREGGIARE - IL “CORRIERE”: “CONTE NON PUÒ FARSI UN PARTITO, PER NON SCATENARE LA REAZIONE DEI GRILLINI. E NON VUOLE FARLO PERCHÉ HA IN TESTA IL COLLE, CONVINTO COM'È CHE ‘ME LO VERRANNO A CHIEDERE DI FARE IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA’”

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1 - LA LUNGA ATTESA DEI RESPONSABILI LE CHIAMATE RENZIANE PER FRENARLI

Tommaso Labate per il “Corriere della Sera”

 

PAOLO ROMANI

«Guardi, non dico una parola perché non c' è proprio nulla da dire, oggi. Vuole chiedermi se il sottoscritto è disposto a sostenere una lista Conte o un gruppo parlamentare che lavora in prospettiva a una lista Conte? Ecco, a questo le rispondo. La risposta è "direi di no". Diciamo che guardo a un orizzonte liberale, moderato».

 

Il suono delle ultime parole, «liberale» e «moderato», quasi si scioglie nell' aria del corridoio deserto di Palazzo Madama. Il loro suono segue il passo svelto di chi le ha appena pronunciate, quelle parole. E cioè Paolo Romani, che quando mancano pochi minuti alle 18 tenta disperatamente di riguadagnare la postazione computer del suo ufficio per attaccarsi al terminale delle agenzie di stampa e dei quotidiani online per seguire, in diretta, l' intervista di Matteo Renzi a Porta a Porta .

PAOLA BINETTI

 

Romani è l' architetto che sta mettendo in piedi il cantiere dei Responsabili in Senato. È il veterano della politica che colleziona incontri su incontri, contatti su contatti, foglietti su foglietti. In uno di questi, pare, c' era la lista degli eletti a Palazzo Madama pronti a fare la stampella alla maggioranza nel caso di un addio di Italia viva. Alcuni, mescolando voci di Palazzo e tam-tam esterni, la citano come fosse la celebre formazione di una squadra di calcio. Franco Dal Mas, Andrea Causin, Roberto Berardi, più il plenipotenziario parlamentare della vecchia Udc, Adriano De Poli.

ROBERTO BERARDI

 

E poi Antonio Saccone, anch' egli centrista. Quindi Paola Binetti, con un passato nel Pd e quindi nel centrosinistra. Senza dimenticare il senatore toscano Massimo Mallegni, già sindaco di Pietrasanta, forzista critico nei confronti dell' ultima versione dell' ortodossia berlusconiana e vicino, negli ultimi mesi, alle posizioni di Mara Carfagna.

Per tutta la giornata si rincorrono le solite voci che accompagnano queste iniziative nei momenti clou della legislatura. Poi, poco prima che Renzi apra bocca e inizi a rispondere alle domande di Bruno Vespa, tutto si ferma.

 

ANTONIO SACCONE

Tra i Responsabili non c' è accordo. O, se c' era, quell' accordo è saltato. «Operazione rinviata», spiega a microfoni spenti uno di loro. «Diciamo che non c' è un accordo solido tra di noi. Qualcuno puntava semplicemente ad alimentare la legna del fuoco della legislatura, qualcun altro era stato contattato per fare l' apripista di una Lista Conte, altri ancora sono stati chiamati in extremis da Renzi stesso, che punta a lanciare un' opa ostile dentro Forza Italia provando a raggranellare i voti di Berlusconi».

 

E così, in attesa di tempi migliori, l' operazione «Responsabili» torna in mare aperto. Si farà soltanto quando ci sarà la ragionevole certezza che i loro voti in Senato diverranno decisivi. La pattuglia dell' Udc, senza questa certezza, non si muoverà di un millimetro dall' opposizione. Soprattutto dopo che il leader Lorenzo Cesa ha fatto questa promessa a Silvio Berlusconi in persona.

 

PAOLO ROMANI MATTEO RENZI

Dietro tutto, spunta l' ennesimo colpo di scena di questa strana storia di Palazzo. Un colpo di scena che avrebbe per protagonista proprio Matteo Renzi, l' artefice della crisi virtuale che sta tenendo sotto scacco maggioranza e governo. Il leader di Italia viva, dal Pakistan, avrebbe preso contatti con diversi esponenti dei futuri Responsabili per convincerli a temporeggiare. E ci sarebbe anche riuscito. D' altronde, come nota un senatore toscano, «Renzi è sempre stato molto sicuro che Conte non sarebbe riuscito a sostituire la pattuglia di Italia viva. Strano, no?».

GIUSEPPE CONTE ROCCO CASALINO

 

2 - ECCO TUTTE LE ALTERNATIVE (MA SONO IMPRATICABILI) LO STALLO ATTORNO ALL'ESECUTIVO

Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”

 

È stallo: i partiti di maggioranza e opposizione non hanno mosse per cambiare gli attuali equilibri. Ma a differenza degli scacchi, in politica la partita non si interrompe. E se il governo Conte resta inamovibile non è solo perché - come dice il ministro D'Incà - «basta entrare nelle aule parlamentari e osservare gli sguardi di chi vive quotidianamente nell' ansia del voto anticipato». Il fatto è che ogni ipotetico cambio di scenario si blocca per effetto di interessi divergenti.

 

dario franceschini e nicola zingaretti alla finestra dell'abbazia di contigliano 5

La «mossa del cavallo» di Renzi non può provocare lo scacco al premier: il leader di Iv ha la capacità di far fibrillare l'esecutivo ma non può farlo cadere senza avere una soluzione alternativa. L'idea di un altro gabinetto a guida democrat è impraticabile: intanto perché i grillini sono ancora il partito di maggioranza relativa, e poi perché Zingaretti se potesse coglierebbe al volo la crisi per tornare alle urne e costruirsi un partito a propria immagine e somiglianza, sulla falsariga della vecchia «ditta». Ma per farlo - come racconta un esponente del Pd - dovrebbe «passare sui corpi di Franceschini e di Guerini», che hanno intuito e non da oggi il tentativo di far tabula rasa dell'area cattolica e riformista.

 

nicola zingaretti dario franceschini

L'altra opzione di cui si parla prevederebbe un accordo tra Renzi e Salvini, che però è improponibile per ragioni interne e internazionali. Intanto sarebbe impossibile trovare un'intesa sul programma, viste le divergenze su temi come l'economia (a partire da Quota 100), la sicurezza (Renzi vorrebbe abrogare i decreti Salvini), i diritti (Salvini è ostile allo Ius soli di Renzi). Ma poi non si capisce come Iv, che in Europa è alleato di Macron, potrebbe governare con il suo più fiero avversario sovranista in Italia.

MATTEO RENZI L'ARIA CHE TIRA

 

Per aggirare l'ostacolo ci sarebbe la mossa dell'esecutivo per le riforme costituzionali, evocato da Renzi. «Al quale - sono parole del capogruppo leghista Molinari - rispondiamo con una pernacchia. Al massimo accetteremmo un gabinetto tecnico a cui affidare una mini-finanziaria per arrivare al voto in autunno». Ma Renzi al voto subito non può andarci, viste anche le norme statutarie (non scritte) del gruppo parlamentare di Iv, che per il suo leader è disposto a sacrificarsi ma non a suicidarsi.

 

matteo salvini e giorgia meloni alla foiba di basovizza per il giorno del ricordo 1

Stessa cosa vale per i dirigenti del Carroccio, anche se per il motivo opposto: scherzando in Transatlantico, ieri un dirigente leghista ha detto che «se Salvini accettasse di dar vita a un governo, chiederemmo per lui il trattamento sanitario obbligatorio». Non ce ne sarà bisogno, perché l' ex ministro dell' Interno potrà anche conversare amabilmente con Renzi (che gli sta più simpatico della Meloni) ma non intende dilapidare il suo patrimonio di consensi (a favore della Meloni) per tirar fuori dai guai chi ad agosto l' ha messo nei guai. Se questo è il quadro, lo stallo vale anche per Conte e il bluff dei «responsabili».

 

Che non esistono. Nel senso che alcuni sono disponibili ad agevolare il governo solo nella gestione dei lavori parlamentari, dietro compenso di qualche nomina. Altri invece accetterebbero di uscire allo scoperto previo «riconoscimento politico», «se cioè il premier facesse un partito», come spiega Rotondi. Ma Conte non può farsi un partito, per non scatenare la reazione dei grillini. E soprattutto non vuole farsi un partito perché ha in testa il Colle, convinto com' è che «me lo verranno a chiedere di fare il presidente della Repubblica».

 

GIUSEPPE CONTE LUIGI DI MAIO

Sognare è legittimo. Intanto ci si può accontentare della poltrona di Palazzo Chigi, potendo peraltro contare sui supporter d' Oltretevere e anche su un pezzo rilevante di mondo industriale, che nel frattempo è impegnato a ridisegnare la (vera) mappa del potere in Italia, e che Conte incontra periodicamente ad Assisi per pregare. E insieme ai manager privati, anche i manager delle imprese a partecipazione statale non vogliono la crisi. Sarà perché si avvicina la stagione delle nomine, sarà perché il ministro Franceschini non smette di ripetere che «fosse per me li rinnoverei tutti». C' è lo stallo e non si vede chi possa rovesciare la scacchiera.