1. MARIA ETRURIA BOSCHI RICICCIA IN TV PIU' SADICA CHE PRIA E SUL DETESTATO LOTTI CHIEDE DI “STARE CON LA MAGISTRATURA COME NEL CASO DI BANCA ETRURIA”. È COME SE RICORDASSE AL PROPRIO PARTITO LA LINEA TENUTA DURANTE L'INCHIESTA SU SUO PADRE: UN ATTEGGIAMENTO CHE HA SEGATO IL RUOLO DELLLA ZARINA DEL RENZISMO MA NON LA SUA TRACOTANZA: DA CALENDA A FRANCESCHINI, NON SI CONTANO I MINISTRI CHE LA DETESTANO
2. PD, PARTITO DIVISO: LE INDAGINI CHE TOCCANO TIZIANO RENZI E LOTTI SONO VISSUTE CON IMBARAZZO EVIDENTE. DA UNA PARTE C'È LA POSIZIONE UFFICIALE CHE SCHIERA IL PD CON LA MAGISTRATURA. SOTTOVOCE, PERÒ, SI ACCREDITA UN ATTACCO CON RISVOLTI POLITICI
- GRILLO MIRA A ESASPERARE LE TENSIONI ANNIDATE NEL PD
- Massimo Franco per il Corriere della Sera
Il rischio di un voto parlamentare che porti alle dimissioni del ministro dello Sport, Luca Lotti, è piuttosto basso. Il Pd lo appoggia compattamente, e gli scissionisti del Mdp non possono permettersi di inseguire il M5S: chiedono un «passo di lato» sapendo che FI voterà comunque col governo. Il nervosismo della maggioranza, tuttavia, resta profondo; perfino esagerato. E questo conferma che al di là della discussione del 15 marzo in Senato, il caso Consip segna pesantemente l' agenda del Pd.
Mostra un partito diviso sulla leadership di Matteo Renzi, pur dato vincente al congresso. E promette di regalare un' altra occasione alla propaganda del Movimento 5 Stelle. Pochi si illudono che dalla riunione di fine settimana a Torino, al Lingotto, riemerga una forza compatta. Il Pd è in disaccordo sul ruolo del segretario-premier, perché i concorrenti Andrea Orlando e Michele Emiliano sono per lo sdoppiamento delle cariche. Non c' è unità di vedute sulla riforma del sistema elettorale. E le irregolarità nel tesseramento e l' accelerazione sulle primarie lascia una scia di risentimenti e diffidenze. L' inchiesta giudiziaria su Consip, l' organo che gestisce gli appalti della PA, si inserisce in questo sfondo e lo inquina ulteriormente.
Le indagini che toccano Tiziano Renzi, padre dell'ex premier, e Lotti, sono vissute con imbarazzo evidente. Da una parte c'è la posizione ufficiale che schiera il Pd con la magistratura. Sottovoce, però, si accredita un attacco con risvolti politici. La mozione del M5S tende a esasperare la contraddizione; e non solo accentuando i distinguo tra Pd e Mdp, tentato di smarcarsi con un documento e uscire dall' aula. L'obiettivo di Grillo è di fare esplodere le tensioni nello stesso partito di Renzi.
Il sottosegretario a Palazzo Chigi, Maria Elena Boschi, che chiede di «stare con la magistratura come nel caso di Banca Etruria», manda un segnale a doppio taglio. È come se ricordasse al proprio partito la linea tenuta durante l' inchiesta su suo padre, vicepresidente dell' istituto: un atteggiamento che ha ridimensionato il ruolo della Boschi, prima ancora del disastro del referendum istituzionale. Ebbene, ora che il padre è «fuori da ogni inchiesta di carattere penale», ricorda, vuole che anche nelle indagini su Lotti e su Renzi padre prevalga l' appoggio ai giudici.
Il messaggio è chiaro; e sembra risentire di mesi di silenzio forzato e di amarezza.
Analizzandolo, è abrasivo anche verso gli scissionisti critici con Lotti, ai quali si rammenta il sostegno al «loro» Vasco Errani, «perfino quando venne condannato». Ma pesa il ricordo di alcuni casi nei quali la cerchia renziana è accusata di essersi mostrata meno garantista verso avversari interni e alleati. Per questo, il timore che il 15 marzo la mozione del M5S possa risvegliare i fuochi annidati nelle viscere della sinistra, è inevitabile.
- BOSCHI INTERVENTISTA
- Goffredo De Marchis per la Repubblica
Il ritorno in tv e qualche problema nel governo. Maria Elena Boschi si riaffaccia in video per la prima volta dopo la sconfitta del 4 dicembre. Lo fa a Porta a porta in occasione dell' 8 marzo (ha la delega alle pari opportunità). Ma parla molto del congresso Pd e delle inchieste giudiziarie. Dice che il feeling con il presidente del Consiglio è «ottimo». Eppure le voci del palazzo raccontano di alcune crepe che si sono allargate tra la sottosegretaria alla presidenza e alcuni ministri.
Non è solo l' antica indiscrezione su una frattura tra lei e il ministro dello Sport Luca Lotti, frattura consumatasi nel cerchio ristretto dei renziani. È una vecchia storia: i due non si amano. Ma l' interventismo degli uffici della Boschi sui provvedimenti ministeriali ha creato lo stesso sentimento con altri componenti dell' esecutivo.
Boschi è «scrupolosa», ripetono tutti. È il suo lavoro fare le pulci ai testi che le capitano sotto il naso. Il compito è portare alla riunione di gabinetto progetti normativi ben scritti, puntuali e inattaccabili sul piano amministrativo. I suoi due principali collaboratori Roberto Cerreto e Cristiano Ceresani sono riconosciuti come dirigenti e consiglieri parlamentari estremamente preparati. Ma certe invasioni di campo della sottosegretaria non piacciono e generano tensioni. Paolo Gentiloni è dovuto intervenire in più di un' occasione. Quando lo ha fatto ha spesso preso le parti dei ministri perchè fin dall' inizio ha voluto garantire autonomia alla squadra e sgombrare il campo dall' ossessione centralizzatrice che aveva caratterizzato il governo Renzi. È la sua cifra e va rispettata.
Boschi si porta dietro screzi pregressi, che risalgono al governo precedente. Con Dario Franceschini e Marianna Madia, per esempio. Allora, da ministra, non aveva una delega per intervenire sui provvedimenti dei colleghi ma alle volte dava l' impressione di esercitarla comunque. E aveva una copertura politica totale da parte di Renzi. Oggi invece può e deve intervenire sui testi ministeriali però non sempre i normali scontri tra tecnici finiscono a tarallucci e vino. I pre-consigli, le riunioni preparatorie che radunano i dirigenti degli uffici legislativi, hanno visto emergere dei problemi.
Con la ministra della Pubblica amministrazione e con la ministra dell' Istruzione Valeria Fedeli non tutto è filato liscio nel momento, delicatissimo, del varo dei decreti attuativi su riforma della P.A e Buona scuola. «Ciascuno ha fatto il suo mestiere », spiegano i testimoni, ma qualcuno alla fine si è lamentato. Il ministro della Cultura ha avuto qualche discussione con la Boschi nel momento di massima produzione legislativa del suo dicastero. E anche oggi non è sempre d' accordo con gli uffici della sottosegretaria. Troppi interventi a gamba tesa, troppa voglia di marcare il territorio. Con Carlo Calenda l' ultima incompresione è avvenuta sulla convenzione Stato-Rai che andrà in consiglio dei ministri venerdì. Ma i temi sollevati dalla Boschi sono stati registrati e corretti dagli uffici del ministero dello Sviluppo. Persino ai documenti di Pier Carlo Padoan vengono fatti dei rilievi.
Difficile rintracciare un senso politico a questo interventismo. È mirato verso i ministri più lontani da Matteo Renzi?
Gentiloni è poco interessato a questo aspetto della vicenda.
Ma ci tiene a difendere la squadra, a lasciare che i ministri possano esprimersi con la briglia sciolta, a discutere in consiglio, a confrontarsi ed ad avere la loro autonomia. Palazzo Chigi è diventato l' unico centro del potere non solo durante l' era Renzi. È stato così anche con Silvio Berlusconi (basta ricordare gli epici scontri tra Gianni Letta e Giulio Tremonti) e in parte anche con Romano Prodi. Ma l' attuale premier preferisce seguire un' altra strada.
Tanto più che ormai l' orizzonte del suo esecutivo è davvero il febbraio 2018. Lo conferma la stessa Boschi in tv: «Il lavoro del governo sicuramente va avanti, con un ottimo rapporto col presidente del consiglio.
Credo che le sue parole siano state particolarmente chiare e importanti in tal senso».
Sull' inchiesta Consip, la sottosegretaria accusa di strumentalità i 5stelle per la mozione di sfiducia: «Lotti però risponderà a tono in Parlamento», dice. E lancia una frecciata agli scissionisti: «Mi sembrerebbe strano se gli ex Pd votassero la sfiducia a Lotti quando noi abbiamo difeso Errani, non semplicemente raggiunto da avviso di garanzia ma processato».