MARIA “ETRURIA”, DENTRO O FUORI - LA BOSCHI SI GIOCHERA’ TUTTO NEL COLLEGIO UNINOMINALE - PER RENZI E I BIG DEL GOVERNO, DA MINNITI A ORLANDO, INVECE, CI SARA’ IL PARACADUTE DEL PROPORZIONALE - E’ L’UNICO MODO CHE HA IL BULLETTO PER FAR DIGERIRE AL PARTITO LA CANDIDATURA DELLA SUA COCCA
-Tommaso Labate per il “Corriere della Sera”
Un colpo solo. One shot. Dentro o fuori, come in una finale di coppa. Chi vince prende tutto, gloria e seggio. Chi perde, allo stesso modo, perde tutto. È il destino che attende tutti quelli che si giocheranno il proprio futuro in Parlamento solo sulla base della sfida del collegio del maggioritario, di tutti coloro che non avranno il paracadute del posto in lista nel proporzionale.
È il destino che aveva scelto per sé Massimo D' Alema nel 2001 dopo il ciclone elettorale che l'aveva travolto alle Regionali dell' anno prima, e gli sarebbe andata bene. Ed è lo stesso destino che, dopo il ciclone di tutt'altra portata che l'ha colpita negli ultimi mesi, potrebbe toccare nel 2018 a Maria Elena Boschi.
Corredata da tutti i possibili condizionali del caso, anche perché alla chiusura delle liste mancano più di tre settimane e la partita è dunque apertissima, ai massimi livelli del quartier generale del Nazareno risulta che la Boschi, al momento, non rientrerebbe tra i big del Pd a cui verrebbe garantito un posto nel listino proporzionale.
Detto in soldoni, la sottosegretaria alla presidenza del Consiglio sarebbe «costretta» - virgolette d' obbligo - a giocarsi la riconferma in Parlamento solo nella sfida nel collegio toscano (difficile che sia Arezzo, tra l'altro) in cui accetterà di correre. One shot. Dentro o fuori. Come in una finale di coppa.
La notizia viene fuori dal complicato lavorio di quelli che, a stretto contatto telefonico con Renzi, stanno lavorando ad assemblare un puzzle che sembra complicatissimo. Anche perché i posti sono molti meno di quelli destinati al Pd che nel 2013 si aggiudicò di un soffio il premio di maggioranza del Porcellum. E i pretendenti, al contrario, tantissimi.
Prima di Natale il segretario, che deve gestire attacchi che arrivano dall' interno e dall'esterno, fissa un principio. A lui stesso e a Paolo Gentiloni spettano un collegio del maggioritario in cui sfidare gli avversari e due posti da capolista in altrettante circoscrizioni del proporzionale.
Renzi al Senato in Lombardia e Campania (nel maggioritario corre, com' è noto, a Firenze); Gentiloni in Puglia e Piemonte (il collegio del maggioritario è ancora da individuare, anche perché correre a Roma presenta molti rischi). Agli altri big toccheranno un collegio da giocarsi al maggioritario con la garanzia di un posto da capolista nei listini del proporzionale. Già, ma chi sono i big che possono sperare nel recupero certo nel caso in cui si trovassero a perdere nel proprio collegio?
La lista prende forma dopo Capodanno. C'è Marco Minniti, a cui sarebbe stato assegnato il posto da capolista in Veneto e a cui verrà probabilmente chiesto di candidarsi al maggioritario in Calabria; c'è Graziano Delrio, che correrebbe a Reggio Emilia (maggioritario) e da capolista in Sardegna (proporzionale); c'è anche Andrea Orlando, leader di una delle minoranze interne, che pare destinato a fare il capolista in Calabria, oltre che impegnato nel maggioritario a La Spezia; e, ovviamente, Dario Franceschini. Tutti pronti a conquistare un seggio nei territori di provenienza con la tranquillità, se le cose dovessero andare storte, di essere recuperate nel listini.
Nella lista, al momento, non ci sarebbe il nome della Boschi. Non è detto che non ci sia alla fine dei giochi (molto dipende e dipenderà dalle sue stesse valutazioni), certo. Ma al momento non c' è. Come non c'è, tanto per fare un altro esempio che rimanda all' attuale squadra di governo, quello del ministro della Difesa Roberta Pinotti. Entrambe, alle condizioni date, non avrebbero un posto nei listini. E, giocandosi la permanenza in Parlamento solo nei confini del loro collegio, rimarrebbero fuori dalla campagna elettorale «nazionale» del Pd.
Candidare la Boschi solo al maggioritario potrebbe essere la soluzione che, all' indomani del tempesta di fuoco «Etruria» riattizzata dalle ultime audizioni nella commissione d'inchiesta sulle banche (quella dell'ex amministratore delegato di Unicredit Federico Ghizzoni, in primis), tiene dentro tutto e tutti. Il Pd si giocherebbe in campagna elettorale la carta di non averla, di fatto, rispedita d'ufficio in Parlamento.
Renzi avrebbe buon gioco nel contenere le polemiche della minoranza interna e i borbottii della sua stessa maggioranza. E lei stessa potrebbe rivendicare di non essere nel circolo ristretto dei «nominati». Certo, la sentenza del collegio sarebbe di quelle senz' appello. E il dentro o fuori, a quel punto, sarebbe per sempre.