A MARINO PIÙ CHE ALLA METRO CONVIENE ATTACCARSI AL TRAM - ALTRA GRANA PER IL SINDACO, IL MINISTERO BLOCCA LA METRO C: “NON È SICURA” - IL SOTTOMARINO CHIEDE CONTO A CALTAGIRONE E MORETTI: “COLPA DELLE IMPRESE. MI VIENE VOGLIA DI PRENDERE QUALCUNO A CALCI NEL SEDERE”
Brunella Bolloli per “Libero Quotidiano”
«Nessuno uscirà dal Campidoglio finché non avremo soluzioni certe e una data sicura per l’inaugurazione della metro C!». Sequestro di persona ai piani alti di palazzo Senatorio. Il sindaco Ignazio Marino contro tutti: imprese, ministero, vigili del fuoco e lavoratori. Li ha convocati nel suo ufficio dopo lo stop della commissione ministeriale che ha bloccato l’apertura delle undici nuove stazioni della metro nella tratta da Pantano a Centocelle. Non si parte perché ci sono problemi al software che gestisce la sicurezza, è scritto nel verbale della commissione di collaudo, l’inaugurazione deve slittare.
E per «SottoMarino», come lo chiamano i detrattori ogni volta che Roma si allaga, un’altra grana. Era già pronto, il sindaco, con la fascia e le forbici in mano, per il taglio del nastro previsto per sabato. Battesimo in pompa magna dell’opera costata 3,5 miliardi di euro tra contributi di Stato, Comune e Regione. Un’opera attesa come la manna dal cielo in una città dove il trasporto pubblico è carente, le auto private sono sempre più bandite e per muoversi dalla periferia al centro s’impiega mezza giornata, se va bene.
Il sindaco di mattina aveva perfino sollecitato il sottosegretario Graziano Delrio, affinché arrivasse il libera dai tecnici di Porta Pia. Invece, la doccia fredda: la metro C non è sicura. Non sono adeguati gli standard dei servizi cioè scale mobili, ascensori, impianto anti-incendio. In particolare, il sistema d’allarme scatta anche quando non deve.
Poiché nella nuova linea non ci sono macchinisti, ma è tutto driverless e gestito appunto dal software centrale, se ci sono errori nel sistema partono falsi allarmi, subentra il panico e si bloccano i treni, con tutto ciò che comporta in termini di evacuazione e controllo degli altri convogli. Motivazioni non di poco conto da parte degli esperti che hanno ritenuto non fosse il caso di concedere il nulla osta al Comune né di fare salire a bordo i passeggeri.
Marino, però, non ha gradito e si è fiondato con il suo assessore alla Mobilità, Guido Improta, al ministero dei Trasporti minacciando di occuparlo: «Non me ne vado finché non avrò in mano il verbale della commissione», ha tuonato l’ex senatore Pd. Una volta ottenuto il dossier, si è asserragliato in Campidoglio per studiare le contromosse e dà lì ha lanciato il suo grido di battaglia: «Non mollo di un secondo. Mi viene voglia di prendere qualcuno a calci nel sedere. Le imprese non hanno lavorato bene. Ora si trovi una soluzione».
A sentire l’amministrazione, i responsabili della frittata sono le imprese vincitrici della gara d’appalto e cioè il Consorzio che fa capo ad Astaldi, con Ansaldo, Vianini, Cmb e Ccc. «Ho avvertito di quanto io sia infuriato i responsabili delle imprese, a partire da Caltagirone all’ufficio di Moretti di Finmeccanica», ha gridato il sindaco, consapevole, per una volta, che il tempo perso e i soldi spesi in questo pasticcio sono in primis dei romani, che pagando le tasse hanno contribuito a finanziare l’opera.
Ma oramai la figuraccia è plateale, l’opposizione invoca le dimissioni della giunta, il Codacons chiede risarcimenti, perché Roma metropolitane e Atac, coinvolte nel progetto, sono realtà capitoline a tutti gli effetti e Marino non può scaricare su altri un problema del Comune. A fine serata, dopo un summit infuocato, ha comunque annunciato che «per le imprese si può partire sabato. I problemi sono superabili». E così oggi, entro le 11, arriverà al Mit nuova documentazione per cercare di ottenere l’agognato via libera e non perdere la faccia. Altrimenti, più che alla metro, a Marino non resta che attaccarsi al tram.