MASSIMO FRANCO FA NERO GIUSEPPE CONTE SULLE NOMINE RAI: "PARLARE DI LOTTIZZAZIONE DOPO AVERLA PRATICATA SISTEMATICAMENTE NEI DUE ANNI E MEZZO DI GOVERNO È UNA SORTA DI MANIFESTO SULLE CONTRADDIZIONI DEL GRILLISMO PRIMA E DOPO L'APPRODO AL POTERE. L'IMPRESSIONE È CHE IL "SUO" MOVIMENTO NON SIA STATO CONSULTATO, PROVOCANDO UNA REAZIONE FURIBONDA; ALTRI REFERENTI GRILLINI PROBABILMENTE SONO STATI CONTATTATI E HANNO AVALLATO L'ACCORDO - SI ACCELERA UNA RESA DEI CONTI IN INCUBAZIONE DA MESI…"
-1 - UN «AVENTINO» CHE TRADISCE LA DEBOLEZZA DEL MOVIMENTO
Massimo Franco per il “Corriere della Sera”
L'«Aventino televisivo» annunciato dal capo dei grillini, Giuseppe Conte, va iscritto non solo nello scontro col governo di Mario Draghi, ma in quello interno al M5S. Le nomine annunciate alla Rai hanno provocato un cortocircuito perché alimentano i sospetti dell'ex premier sulle manovre del ministro degli Esteri grillino, Luigi Di Maio, contro di lui.
Lo sciopero del video minacciato da Conte è una chiamata a raccolta di quanti, nel Movimento, detestano non solo Draghi ma l'ala «governista». E accelera una resa dei conti in incubazione da mesi. L'accusa a Palazzo Chigi di avere avuto un ruolo nelle scelte in materia di informazione è verosimile, e insieme scivolosa.
Parlare di lottizzazione dopo averla praticata sistematicamente nei due anni e mezzo di governo è una sorta di manifesto sulle contraddizioni del grillismo prima e dopo l'approdo al potere. Il capo del M5S sembra riconoscerlo in modo indiretto, quando dice: «Le logiche che guidano il servizio pubblico non ci sono mai piaciute. Anche noi ci siamo ritrovati prigionieri di questo sistema. Ma non abbiamo i numeri sufficienti per modificarlo».
Sa di protesta più per essere stati trascurati, che per una contestazione del metodo. Anche perché quando Conte sostiene che i vertici della Rai hanno «scelto di escludere, tra le forze dell'arco parlamentare, unicamente il M5S, partito di maggioranza relativa grazie a undici milioni di elettori», sembra rivendicare una quota di potere.
L'impressione è che il «suo» Movimento non sia stato consultato, provocando una reazione furibonda; altri referenti grillini probabilmente sono stati contattati e hanno avallato l'accordo. Il silenzio del resto dei Cinque Stelle dopo l'annuncio di Conte che non parteciperanno più alle trasmissioni sulla Rai tradisce come minimo un certo imbarazzo. E conferma una situazione interna tesissima.
Di Maio ieri ha parlato, ma di Albania. E lo scontro per la scelta dei capi dei gruppi parlamentari è solo uno dei tanti fronti aperti tra l'ex premier e una parte della nomenklatura. Nei giorni scorsi era affiorato il malessere anche per l'apertura di Conte a Berlusconi in materia di riforme istituzionali. Si tratta di un nervosismo che incrocia sia il tema dell'alleanza col Pd, sia le strategie per il Quirinale.
Segnala soprattutto, però, la difficoltà dei vertici del Movimento di prendere atto delle logiche inesorabili di una nuova fase. E non solo perché a Palazzo Chigi c'è Draghi. Quegli «undici milioni di elettori» evocati per avere voce in capitolo sulle nomine oggi non sono un blocco omogeneo; né corrispondono, e da tempo, al vero peso elettorale dei Cinque Stelle. La Rai è storicamente un sensore degli equilibri di potere. Al di là dei proclami sull'indipendenza dalla politica, anche ora li riflette.
2 - LA FRONDA NEL MOVIMENTO CONTRO LA SCELTA DEL LEADER: QUESTO È UN SUICIDIO POLITICO
Emanuele Buzzi per il “Corriere della Sera”
«Davvero lo ha detto?»: c'è chi a freddo reagisce con incredulità alla decisione di Giuseppe Conte e dei Cinque Stelle di non partecipare ai programmi Rai dopo l'annuncio delle nuove nomine. La mossa dei vertici lascia i più storditi.
«Così ci tagliamo le gambe da soli», dice un pentastellato. Nel gruppo si creano due filoni di pensiero. C'è chi sottolinea come Conte sia riuscito a ricompattare la squadra, anche a livello di immagine, presentandosi in conferenza stampa con alcune voci critiche come Primo Di Nicola e, soprattutto, con il capogruppo alla Camera, Davide Crippa, con cui il presidente M5S sta tentando di ricucire. Molti, però, contestano i vertici M5S nel merito.
«Ci annulliamo sparendo dal servizio pubblico. Perché?», si domandano nel Movimento. Questioni di visibilità personale, certo, ma anche di orizzonti politici. «Eravamo quelli dei partiti fuori dalla Rai e ora usciamo dalla Rai perché non ci fanno posto», controbatte un Cinque Stelle della prima ora. E c'è chi guarda oltre.
Un pentastellato super partes analizza: «Per Conte è un suicidio politico: lamentarsi pubblicamente di non avere peso. Incomprensibile». Nel mirino finisce anche Paola Taverna, che parlando della lottizzazione scrive: «Peccato che in questo gioco i vertici aziendali si siano dimenticati della prima forza politica in Parlamento», innescando ira e veleni dei colleghi.
E ovviamente in controluce tra le tensioni c'è il dualismo tra Conte e Luigi Di Maio, a cui i vertici imputano il risultato della trattativa. Bisogna, però, tornare indietro al primo pomeriggio per comprendere meglio la decisione (e i malumori) dei vertici M5S. Conte riunisce i ministri pentastellati (tranne Di Maio assente per motivi istituzionali) e quelli che saranno poi i volti che lo accompagneranno in conferenza stampa per un faccia a faccia sulla stregua da adottare.
Davanti (anche) ai membri M5S della Vigilanza Rai - che si schierano al fianco dell'ex premier - Conte si lamenta di non essere stato mai ricevuto da Carlo Fuortes. Stefano Patuanelli, a sua volta, sottolinea di non essere stato mai coinvolto come capodelegazione dei Cinque Stelle nelle interlocuzioni delle ultime settimane.
Viene evidenziata la mancata conferma di Giuseppe Carboni al Tg1 e sul banco degli imputati finisce il ministro degli Esteri, che invece ha visto Fuortes. C'è anche chi chiede di contattare il responsabile della Farnesina. Conte nei giorni scorsi ha insistito per strappare un ok sul nome di Carboni, ma - spiegavano a inizio settimana nel Movimento - «si sta intestando da solo una sconfitta».
La partita della Rai rischia di rimescolare le carte - già confuse - all'interno dei Cinque Stelle. «Conte ha mostrato debolezza», sottolinea un dirigente, che mette anche in chiaro: «Allo stesso tempo ha cercato di compattare il gruppo,ha smosso internamente le acque, riuscendo a riavvicinare alcuni parlamentari: vediamo cosa accadrà». I fedelissimi del leader non hanno dubbi sulla mossa e avvisano: «Da adesso inizia una nuova fase», un messaggio che suona come un avvertimento in un Movimento mai così fragile.