UN MATTARELLA IN FRONTE - TRA SALVINI E DI MAIO CRESCE L’INSOFFERENZA PER TRIA, IMPOSTO DAL QUIRINALE - LUIGINO AVREBBE IPOTIZZATO DI SOSTITUIRLO CON GIANCARLO GIORGETTI PER POI PIAZZARE UNO DEI SUOI COME SOTTOSEGRETARIO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO - LA LEGA NON VUOLE ANDARE ALLO SCONTRO FRONTALE CON IL COLLE ALMENO FINO A OTTOBRE, QUANDO SARA’ VARATA LA LEGGE DI BILANCIO
-Gian Maria De Francesco per “il Giornale”
La Lega sta affilando le armi in vista degli appuntamenti decisivi di questa settimana in tema di nomine dopo essere uscita sconfitta dalla battaglia per la Cassa depositi e prestiti. Oggi si apre l'assemblea della Rai anche se manca ancora la designazione dei due componenti del cda nominati dal Consiglio dei ministri e, quindi, l'assise potrebbe concludersi successivamente. Giovedì, invece, è convocata l'assemblea delle Ferrovie dello Stato ove il Carroccio spera di insediare Giuseppe Bonomi come nuovo amministratore delegato.
Non si sono, però, ancora sopiti i malumori per quanto accaduto la scorsa settimana. Matteo Salvini ha individuato nel ministro dell'Economia, Giovanni Tria, il principale ostacolo alle proprie ambizioni e soprattutto alla realizzazione delle parti del programma di governo che stanno più a cuore alla Lega.
Ecco perché Luigi Di Maio, secondo quanto riferito da alcune indiscrezioni, avrebbe pensato a una mossa per «stuzzicare» il proprio alleato proponendogli di sostituire il titolare del Tesoro (altrettanto inviso ai pentastellati per la questione del reddito di cittadinanza e per il ritardo nel conferimento delle deleghe al viceministro Castelli) con il sottosegretario Giorgetti. La sua casella sarebbe poi rimpiazzata con un grillino. Salvini avrebbe declinato l'offerta ben consapevole che il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio è il vero cuore di Palazzo Chigi.
Insomma, lo stallo sembra destinato a proseguire almeno fino al prossimo ottobre quando sarà varata la legge di Bilancio per il 2019. Occorre ricordare che il ministro Tria è il vero garante a livello internazionale dell'immagine e della credibilità dell' Italia. Ma è chiaro che l'insofferenza è destinata a crescere perché il ministro Tria è stato nominato su precisa e calda raccomandazione del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Le frizioni con il Quirinale non sono mai mancate e sono destinate a riproporsi. Non è un caso che le opposizioni, spesso feroci con la maggioranza, non abbiano mai attaccato il successore di Padoan ammonendolo a non desistere dal proprio proposito di verificare la compatibilità delle proposte con il quadro di finanza pubblica e, soprattutto, di proseguire sula strada del risanamento del deficit strutturale. Come ha sottolineato il Giornale due giorni fa, molti investitori internazionali sono in una fase di wait-and-see e aspettano una mossa incauta del governo giallo-verde per speculare al ribasso.
Di qui la corsa dei vari portavoce degli interessi del mercato (alcuni reali e altri autoproclamatisi tali) a ricordare che i 100 miliardi di costo di reddito di cittadinanza, dual tax e riforma della Fornero non sono sostenibili. Ma colpire Tria significherebbe cannoneggiare il Quirinale e, quindi, Salvini e Di Maio cercano di percorrere altre strade imponendosi nel valzer delle poltrone..
Per quanto Tria sia ministro preparato e affidabile, non si può dire che sia scevro da errori. Ad esempio, l'impuntarsi su una persona senza la minima esperienza di debito pubblico come Alessandro Rivera (uomo di fiducia dell' ex sottosegretario Maria Elena Boschi e autore del pasticciato decreto salva-banche) per la poltrona di direttore generale del Tesoro gli ha alienato ancor più le simpatie di Lega e M5S e, parzialmente, anche quella di alcune grandi banche d' affari che avrebbero voluto confrontarsi con un altro profilo meno più market friendly. La mano silenziosa del Quirinale, però, s' è fatta sentire.