MATTARELLA PARLA, MARZIO BREDA SCRIVE: “NON È PER FORZA VERO CHE, UNA VOLTA VARATO UN NUOVO SISTEMA ELETTORALE, IL CAPO DELLO STATO AVRÀ LE MANI LEGATE E SARÀ COSTRETTO A CHIUDERE LA LEGISLATURA SENZA FIATARE. CI SONO DIVERSE COSE CHE VORRA’ CONSIDERARE, SU TUTTE L’IMPATTO CON LA LEGGE DI BILANCIO…”
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Marzio Breda per il “Corriere della Sera”
Non è uomo da far trapelare recriminazioni sul bon ton istituzionale platealmente violato da alcuni leader di partito, che trattano già sul voto anticipato (fissandone perfino la data), come se a lui competesse solo un ruolo da passacarte. Certo, su qualche fronte politico il presidente della Repubblica è sul serio una «autorità disarmata», e a fasi alterne lo si è visto, nella storia repubblicana.
Ma farebbe un errore grossolano chi giudicasse Sergio Mattarella una pedina da mettere nell' angolo e cui dare scacco matto senza possibilità di opporsi a una pretesa che tocca una delle sue prerogative più penetranti: lo scioglimento delle Camere.
Insomma, non è per forza vero che, una volta varato un nuovo sistema elettorale (e la deadline che si rincorre è tra fine giugno e luglio, così da fissare l' appuntamento delle urne in autunno), il capo dello Stato avrà le mani legate e sarà costretto a chiudere la legislatura senza fiatare.
Ci sono diverse cose che vorrà considerare, prima di un simile passo. Su tutte, l' impatto con la legge di bilancio. Infatti, la «finestra» tra congedo del governo e del Parlamento, campagna per il voto, consultazione popolare e insediamento di un altro esecutivo coinciderebbe con i tempi che di solito vengono impiegati per costruire una manovra da presentare entro il 15 ottobre e da ratificare entro il 31 dicembre.
Per di più, stavolta l' Europa e i mercati si aspettano dall' Italia una manovra molto impegnativa. Lacrime e sangue, insomma, di quelle che nessuno vorrebbe intestarsi. Se poi ci si aggiunge l' ipotesi che l' esito del voto non garantisca subito una salda governabilità e che ci si ritrovi magari costretti all' esercizio provvisorio di bilancio, saremmo esposti ai venti della speculazione finanziaria.
Con rischi gravi per l' economia nazionale. È a questo scenario delicatissimo che Mattarella guarda, nell' attesa che l' accordo politico sbandierato in questi giorni superi la fase degli annunci e diventi concreto. Nel qual caso, a costo di andare oltre la moral suasion, è presumibile che, prima di arrendersi, cercherà di resistere a corse affannate verso il nulla e solleciterà senso di responsabilità a tutti gli attori della politica.
Con lo scopo di far capire che non sarà il voto in piena sessione di bilancio a risolvere i problemi del Paese. Anche perché stavolta non ci si ritroverebbe davanti a un esempio di scioglimento «tecnico» obbligato, come fu quello decretato da Scalfaro per il governo Ciampi, nel 1994. Allora il Quirinale mandò a casa il Parlamento perché era stata fatta una legge elettorale che segnava una discontinuità nel sistema politico, un vero e proprio passaggio d' epoca. Qui, a voler cavillare, si tratta di una legge che si limita a una razionalizzazione.