MATTEO, STAI SERENO? L’ABBRACCIO TRA LETTA E BERSANI È LA SALDATURA DEI ROTTAMATI CONTRO RENZIE STRONZIE - JENA: “LA FORZA DI RENZI È IL PD, RIVELATOSI UN INUTILE IDIOTA”


1. RIVELAZIONI
Jena per ‘La Stampa' - La forza di Renzi è il Pd, rivelatosi un inutile idiota.

PIETRO GRASSO TRA BERSANI ED ENRICO LETTA

2. IL RITORNO DI BERSANI E LETTA IN AULA ECCO L'APPLAUSO PIÙ LUNGO: ‘AIUTIAMO MATTEO MA NON È UMILE'
Lavinia Rivara per ‘La Repubblica'

Dove sta Enrico? sono qui per abbracciarlo. Non è ancora arrivato? ». Mancano pochi minuti alle 16, l'ora fissata per la replica di Matteo Renzi alla Camera. Pierluigi Bersani evita il Transatlantico e si infila nel corridoio che porta all'aula di Montecitorio. Ma il tentativo di un rientro discreto fallisce. «C'è Bersani, c'è Bersani» e viene subito attorniato da un nugolo di parlamentari, giornalisti, funzionari, tutti a stringergli le mani, a chiedere come va, a fargli i complimenti. Anche il forzista Brunetta si intrufola veloce nel capannello.

«Renatino, come stai?». «E tu, ti vedo benissimo, ti sono già ricresciuti i capelli. E il giaguaro, l'hai smacchiato sto' giaguaro?». Bersani sorride, è dimagrito, il volto provato, ma per il resto è lo stesso, non ha perso il gusto della battuta, abbraccia Brunetta, abbraccia tutti. E poi si infila in aula. Ed è lì che, insieme a Letta, strappa la scena a Renzi nel giorno della sua vittoria.

pierluigi bersani enrico letta e sergio cofferati - Copyright Pizzi

Trascinando tutto il gruppo democratico, dove conta ancora tanti fedelissimi, a stringersi intorno a lui e all'ex premier. Tanto da far apparire il sindaco ancora più un "marziano", isolato anche dentro il suo partito. Che del resto in aula gli riserva pochi, freddissimi riconoscimenti.

«Sono venuto per fare il mio doppio dovere, votare la fiducia e abbracciare Enrico» spiega l'ex segretario. Un gesto unitario, che conferma il suo stile, "la ditta" prima di tutto. Ma Bersani mette subito i puntini sulle "i": «I problemi ci sono. A sto' ragazzo fa difetto
l'umiltà, ma bisogna dargli una mano. Questo governo ha bisogno d'aiuto, ha lanciato una sfida molto seria. Anche se bisogna chiarire molto meglio gli obiettivi».

IL RITORNO DI BERSANI ALLA CAMERA FOTO LAPRESSE

Il messaggio è chiaro, a un mese e mezzo dall'operazione al cervello, oggi torna in campo e avverte: «Per come si è svolta questa vicenda e per come il presidente del Consiglio ha interpretato questo voto di fiducia, da domani gli italiani vorranno misurare lo spread tra parole e fatti». E lo misureranno anche lui e Letta, lo misurerà tutto il partito democratico.

È per mandare questo segnale a Renzi che l'ex segretario, sotto la vigilanza della moglie Daniela che lo ha accompagnato a Roma, ha deciso ieri di lasciare Piacenza dopo la lunga convalescenza. Non lo sapeva quasi nessuno, solo i collaboratori più stretti, che infatti già dal primo pomeriggio lo aspettano in Transatlantico, Stefano Di Traglia, Chiara Geloni, Roberto Seghetti. E così in aula il tam tam parte subito: "C'è Pierluigi, c'è Pierluigi».

IL RITORNO DI BERSANI ALLA CAMERA FOTO LAPRESSE

Quando lui finalmente entra, è standing ovation. E non solo tra i deputati dem. «Ci siamo girati tutti verso destra, come in una partita di tennis» racconta Andrea Martella, che insieme alla renziana Silvia Fregolent siede proprio accanto all'ex leader. Applaude anche il presidente del Consiglio che lascia i banchi del governo per andare incontro all'ex rivale, lo abbraccia, lo accompagna al suo posto. E un attimo dopo twitta: «Grazie a @pbersani per essere in aula oggi. Un gesto non scontato, per me particolarmente importante». Renzi ringrazia, ma è chiaro a tutti che la ribalta e il calore del partito oggi
non sono più per lui.

Letta ancora non c'è. Per Bersani comincia la processione dei compagni, ministri e colleghi. Sfilano davanti al suo seggio la Boschi, Migliore, Bindi, Pistelli, Alfano, parla a lungo con Derio. Poi arriva Letta. Entra da solo nell'emiciclo e all'inizio nessuno pare notarlo, sembra quasi un fantasma. Fa un veloce gesto di saluto verso la presidenza, nessun cenno a Renzi e sale veloce le scalette che lo portano allo scranno di Bersani. L'abbraccio tra i due è lungo. Ma soprattutto intenso. C'è qualcosa di più di un semplice saluto. Una sintonia commossa. Pierluigi alza il braccio di Enrico come si fa con i vincitori.

IL SALUTO TRA RENZI E BERSANI

E certamente in questo momento sembrano loro, i due "rottamati" i veri vincitori morali di questa specie di congresso delle emozioni che i piddini celebrano nell'aula di Montecitorio. Di nuovo tutti in piedi, applaude il premier, i ministri democratici, anche la Giannini. I grillini no, ma lo faranno anche loro, qualcuno si alzerà perfino in piedi quando, poco dopo, la presidente Boldrini decide di tributare un saluto ufficiale dell'aula a Bersani. Poi nell'emiciclo riprende il sopravvento il gelo tra i tre leader dei democratici.

Letta evita di sedersi tra i banchi del Pd e preferisce trovare posto dove di solito siede il cosiddetto comitato dei nove, praticamente proprio di fronte a Renzi. Alla replica del premier Bersani concede pochissimo: un tiepido applauso al passaggio sull'Europa, un altro quando elogia il suo predecessore, e infine il battimani finale, condiviso con l'amico Enrico. Un sodalizio, quello tra Bersani e Letta che oggi si rinnova e forse si proietta anche verso il futuro. Studieranno le mosse di Matteo, e faranno pesare quel consenso che hanno dimostrato di avere ancora nei gruppi parlamentari.

bersani renzi
Stefano Di Traglia

«Si sa che io non ho visto positivamente il modo con sui siamo arrivati a questo passaggio che ha lasciato un po' un'ammaccatura, una ferita, che bisogna rimarginare » dice chiaro l'ex segretario ai giornalisti. Perché a Letta andava certamente riconosciuto «il merito di essersi divincolato dall'abbraccio di Berlusconi».

CHIARA GELONI

E il doppio incarico? «Dovrà decidere Matteo cosa fare. Si è vero, io avevo detto che avrei lasciato il mio posto da segretario, a prescindere, come compimento di un mandato di quattro anni. Perché la ruota doveva girare. Ma questa è tutta un'altra situazione. Ora decida lui, ma una cosa è certa, il partito deve essere coinvolto, deve poter discutere». E soprattutto non va smobilitato. È questo il grande timore di Bersani: «La ditta prima di tutto».

Rosy Bindi allAssemblea del Pd