MELONI MARCI – GIANNINI AL MASSIMO: “IL GOVERNISSIMO DELLA ‘MAMMA DI FERRO’ È RIDOTTO A UN GOVERNICCHIO IN AFFANNO E IN BOLLETTA. MA QUELLO CHE COLPISCE È L’ISTERISMO PSICO-POLITICO NEL QUALE MELONI STA RAPIDAMENTE SCIVOLANDO: SI SENTE CIRCONDATA, INSIDIATA, MINACCIATA. VEDE NEMICI OVUNQUE - SE NON FOSSE PER UN’OPPOSIZIONE INESISTENTE, IL GOVERNO DELLE TRE DESTRE GIÀ OGGI APPARIREBBE QUASI IN UNO STATO DI PRE-CRISI - MA ANCHE L’ASSENZA DI ALTERNATIVE, IN FONDO, NON È POI QUESTA VERA POLIZZA VITA. IN QUESTA ITALIA SPAIATA E SGUAIATA, ALLA FINE, UN’ALTERNATIVA C’È SEMPRE. MAGARI IL SOLITO GOVERNO TECNICO….”
-Massimo Giannini per “La Stampa” - Estratto
Dopo aver fatto finta di niente per settimane, ora la premier si affaccia su questo abisso con lo sguardo vitreo e il tono aspro dell’ora più grave. Come Macbeth, si sente circondata, insidiata, minacciata. Vede nemici ovunque, salire tra le foglie della foresta di Birnam e cingere d’assedio Palazzo Chigi, che lei stessa ha trasformato nella sua Dunsinane.
Fa effetto vedere quel drammatico videomessaggio alla nazione che la presidente del Consiglio, dopo l’ennesima giornata di passione e di caos, ha postato in tutta fretta venerdì sera, mandando di traverso la cena agli italiani seduti a tavola.
Rispolverando il trito repertorio cattivista e complottista della vecchia “destra nazionale”, Meloni non si limita a dichiarare guerra ai migranti. Non si accontenta di annunciare la solita gragnola di “misure straordinarie” e posture securitarie contro i poveri disgraziati che cercano fortuna in Europa. Promette il pugno di ferro a chi fugge da persecuzioni, dittature, carestie.
Per “difendere Dio”, mortifica gli Uomini. Non provate a venire in Italia, perché “sarete trattenuti e rimpatriati”. Non pensiate di trovare pace nel nostro territorio, perché sarete rinchiusi in “spazi facilmente perimetrabili e sorvegliabili”. Ha detto proprio così, dei nuovi centri di rimpatrio da costruire al più presto, “facilmente perimetrabili e sorvegliabili”, come i campi di concentramento del bel tempo che fu. Volendo, ci sarebbe da scrivere un trattato storico-etico-giuridico sul merito di questi proclami da trucido Law and order.
Su queste parole usate come pietre, per nutrire ancora una volta la paura, che è l’esatto contrario di quello che giustamente ha invocato il presidente della Repubblica Mattarella all’Assemblea di Confindustria.
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Come se bastasse la visita di Von der Leyen a Lampedusa a far fare all’Unione il sussulto che manca da troppi anni. Come se la Germania e la Francia non ci avessero appena punito, bloccando i ricollocamenti secondari dei profughi o blindando le frontiere a Ventimiglia. Come se la Tunisia di Saied non avesse appena sbugiardato la truffa del nuovo Piano Mattei, di cui le nostre diplomazie cianciano a sproposito da troppi mesi.
Ma al di là di tutto questo, quello che colpisce è l’isterismo psico-politico nel quale Meloni e la sua maggioranza stanno rapidamente scivolando. Quello che fa dire a lei che il nostro fantasmatico Patto per il Sahel è boicottato da “un’altra parte dell’Europa che va in direzione opposta alla nostra” (sarà l’Ungheria di Orban, al quale lei stessa ha baciato l’anello solo quattro giorni fa). Che il fantomatico progetto sui migranti è “intralciato da interessi ideologici” (non meglio attribuiti né precisati). Che la “pressione insostenibile” di oggi è causata dagli orrori dei “governi immigrazionisti del passato” (qualunque cosa significhi).
Oppure il vittimismo da sindrome della congiura che fa delirare il mai domo Giovanni Donzelli, convinto che i Fratelli d’Italia siano “sotto attacco”, aggrediti da “lobbisti e gruppi di pressione economici potenti” (senza fare un solo nome e cognome né spiegare perché, dove, come e quando oscure “menti raffinatissime” starebbero tramando alle spalle dei patrioti).
Oppure, ancora, il complottismo d’accatto che fa dire a Salvini che “centinaia di barchini sono un atto di guerra contro il governo”. O infine l’irredentismo frustrato dei leghisti, che fa dire al mai pago Calderoli che “così non si può andare avanti”, e che “quando c’era Salvini certe cose non succedevano”.
Opinionisti, osservatori e commentatori più o meno addomesticati al “nuovo che arretra” concordano: è tutto normale, siamo già in campagna elettorale. Ed è vero. Come è vero che il governissimo della “mamma di ferro” - ridotto a governicchio in affanno e in bolletta, tra una recessione che avanza e un’inflazione che morde - cerca di riempire in altro modo la pancia del Paese che l’ha votato.
Cioè, al posto dell’amata Flat tax o della sognata Quota 103, propina ai delusi la solita minestra rancida dell’ideologia e dell’identità da proteggere. Facendo scorrazzare i soliti, stracchi cavalli di battaglia sulle praterie del consenso tradito, quello di chi pascolava nei campi hobbit in attesa della rivoluzione sovranista della Far Right tricolore e invece adesso si ritrova a baciare l’anello della Vestager o a pietire un incontro con Stoltenberg.
Ma il punto vero è un altro. Per le Europee si vota a giugno. E dunque questa campagna elettorale già iniziata, secondo quello che si vede e si dice, può davvero durare per i prossimi nove mesi? Può reggere una coalizione in cui si litiga e si recita a soggetto, e in cui in fondo le uniche cose fatte e rivendicate sono solo la risposta dispotica e nevrotica alle emergenze di un momento, dal Decreto Rave al Decreto Cutro, dal Decreto Caivano al Decreto Banche?
Meloni sembra averlo capito. E forse il suo nervosismo nasce proprio da questa consapevolezza. Storture istituzionali, disinvolture familistiche e brutture normative, le stanno costando il logoramento interno e l’isolamento internazionale. Il disincanto della platea di Cernobbio è stato il preambolo, al quale lei stessa si è consapevolmente sottratta. La freddezza dell’assemblea confindustriale, cui ha fatto da contrappunto la standing ovation per il Capo dello Stato, è stato il suggello.
Il disastro dei migranti è solo uno degli epifenomeni sui quali la destra pattina, scivola, cade. L’economia pesa ancora di più. Pesa la totale miopia nella gestione della riforma del Patto di stabilità e nell’attuazione del Pnrr, pesano i borborigmi di Giorgetti sulla notifica per Ita e sulla ratifica del Mes. E pesa appunto il decreto sulla tassazione degli extra-profitti delle banche, che ha aperto una faglia profonda nel rapporto con la business community e i mercati finanziari.
Rivendicato dal sottosegretario e plenipotenziario Fazzolari come il giusto tributo che toglie ai ricchi per dare ai poveri, quel pastrocchio di decreto ha mostrato la faccia feroce del populismo d’accatto dei Robin Hood de’ Noantri, che non sanno scrivere le leggi statali perché non conoscono i bilanci aziendali. E non capiscono che quella norma così malfatta, come gli avrebbe spiegato la Vigilanza di Bankitalia, se solo l’avessero prima consultata - fa il solletico a giganti come Intesa e UniCredit, ma manda in crisi almeno quattro banche minori che ora rischiano di saltare.
Ma questo strappo ha dato anche alla Bce e ai mercati la prova di un’inaffidabilità di fondo, che rischiamo di pagare cara anche in termini di spread. Soprattutto se a completare il pasticcio si aggiungerà anche il decreto sugli Npl, i crediti deteriorati delle banche, che ministri incompetenti smerciano come panacea per le piccole imprese, e che invece rischia di bloccare un sistema di pulizia degli asset creditizi che vale più di 300 miliardi.
L’America oggi ha altro da pensare che a noi. …… La stessa Europa, per quanto inconcludente e inefficiente, sta passando rapidamente dalla curiosità alla perplessità. Questa Italietta meloniana tornata nuovamente autarchica e indisciplinata pare poco affidabile, se a Bruxelles scelgono di costruirle intorno una specie di cordone sanitario, affidando incarichi importanti a due ex premier come Enrico Letta e Mario Draghi. Anche loro, con tutta probabilità, verranno visti da Macbeth come un altro pezzo di foresta di Birnam, che muove subdola verso la Capitale e circonda la fortezza di Chigi.
Non sappiamo se la Sorella d’Italia si renda conto di tutto questo. Vediamo però che il controllo le sfugge sempre più spesso. Vediamo che è stretta in un angolo, e che per uscirne sbaglia tutte le mosse, attaccando nemici invisibili (come i “governi immigrazionisti”) o fabbricando nemici visibili (come Paolo Gentiloni).
Diciamo la verità: a dispetto di quello che abbiamo sempre sostenuto in questi mesi, il governo delle tre destre non è affatto al sicuro, ed è molto meno stabile di quel che si immaginava. Se non fosse per un’opposizione inesistente, già oggi apparirebbe quasi in uno stato di pre-crisi. Ma anche l’assenza di alternative, in fondo, non è poi questa vera polizza vita. In questa Italia spaiata e sguaiata, alla fine, un’alternativa c’è sempre. Magari il solito governo tecnico, che ti tira sempre fuori dai guai (oppure produce quelli futuri, a seconda dei punti di vista) […]