LA MELONI PAGA PEGNO AI SUOI AMICI POLACCHI – SUI MIGRANTI “IO SONO GIORGIA” CONTINUA A FARE LA BULLETTA E SPOSA IN TOTO LA LINEA DEI SUOI AMICI DI VISEGRAD, CHE DI SOLITO SONO AGLI ANTIPODI DELL’ITALIA SULLA QUESTIONE – MA MELONI, CHE IN EUROPA FA PARTE DEL GRUPPO “CONSERVATORI E RIFORMISTI” (NEL QUALE IL PIS POLACCO HA LA DELEGAZIONE PIÙ AMPIA) NON VUOLE ROMPERE CON I SUOI ALLEATI. E PER QUESTO È DISPOSTA AD ANDARE ALLO SCONTRO CON FRANCIA E GERMANIA. CIOÈ CHI COMANDA DAVVERO NELL’UE…
-Marco Bresolin per “La Stampa”
Prima bisogna far sbarcare i migranti a bordo delle navi delle Ong che chiedono un porto sicuro e poi si potrà chiedere alla Germania e agli altri Paesi che partecipano al meccanismo di redistribuzione volontaria di accoglierli. Non viceversa.
La posizione di Ursula von der Leyen è molto chiara e perfettamente allineata a quella del governo tedesco, che in estate ha offerto la sua disponibilità ad accogliere fino a 3.500 migranti salvati nel Mediterraneo. Ma Giorgia Meloni ha subito fermato la presidente della Commissione europea: «La posizione italiana è cambiata. La nostra priorità ora è la difesa dei confini esterni, non la redistribuzione».
Una linea da sempre difesa dai governi dei Paesi di Visegrad, che su questo dossier hanno storicamente una posizione agli antipodi dell'Italia.
Ma il nuovo governo guidato dalla leader del partito dei Conservatori europei, di cui fanno parte anche i premier di Polonia e Repubblica Ceca, non ha intenzione di rompere con gli alleati dell'Est. Anche a costo di andare allo scontro con i Paesi tradizionalmente più vicini, come Francia e Germania. Anche a costo di rincorrere soluzioni rivelatesi sin qui irraggiungibili, visto che fermare le navi nel Mediterraneo non è facile come costruire un muro alla frontiera tra l'Ungheria e la Serbia.
Tra i tanti temi affrontati durante gli incontri a Bruxelles, quello legato alla gestione dei flussi migratori è stato senza dubbio il più problematico. Se non altro per ragioni legate alla cronaca e al destino dei quasi mille migranti che in questo momento sono in mare a bordo della Ocean Viking, dell'Humanity1 e della Geo Barents, le tre navi delle Ong che stanno chiedendo invano un porto sicuro all'Italia.
«Ho trovato orecchie disponibili all'ascolto» ha assicurato la premier al termine dell'incontro con von der Leyen. Ma il messaggio che Palazzo Berlaymont ha voluto mandare a Roma non lascia spazio a interpretazioni: «Salvare vite in mare è un dovere morale, oltre che un obbligo giuridico per gli Stati membri derivante dal diritto internazionale, a prescindere dalle circostanze che hanno portato le persone in una situazione di pericolo in mare».
Il governo italiano, però, non intende fare passi indietro. Anche se le condizioni di salute dei 179 che si trovano a bordo della nave Humanity1 sono in netto peggioramento. Anche se le previsioni meteo nelle prossime 48 ore danno il mare in tempesta con onde alte sei metri. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha confermato la linea dura nel corso di un colloquio con la sua omologa tedesca, Annalena Baerbock, a margine del G7: «Ho ribadito la posizione italiana sulle navi delle Ong perché anche loro devono rispettare le regole».
E dopo le frizioni con la Germania si è aperto anche lo scontro con la Norvegia. «Dove dovrebbe andare una nave norvegese? Semplice, in Norvegia» ha twittato il vicepremier e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, riferendosi all'imbarcazione Ocean Viking, bloccata al largo con a bordo 243 persone. Secca la replica di Oslo, recapitata alla Farnesina tramite una nota verbale dell'ambasciata norvegese a Roma.
«La Norvegia - si legge nella risposta resa nota dalla trasmissione di Rai3, "Il Cavallo e la Torre" - non ha alcuna responsabilità ai sensi delle convenzioni sui diritti umani o del diritto del mare per le persone imbarcate a bordo di navi private battenti bandiera norvegese nel Mediterraneo». Non solo: Oslo ha anche fatto presente che «la responsabilità primaria nel coordinamento dei lavori per garantire un porto sicuro alle persone in difficoltà in mare è di competenza dello Stato responsabile dell'area di ricerca e di salvataggio in cui è stata presentata tale assistenza».
La Norvegia aderisce al meccanismo Ue di redistribuzione volontaria dei migranti sbarcati sulle coste mediterranee entrato in vigore in estate. Si tratta di una soluzione tampone in attesa della riforma di Dublino, che al momento è ancora bloccata al tavolo negoziale. Il progetto è stato sposato da 18 Stati membri, ma non da Polonia, Ungheria, Slovacchia, Austria, Danimarca, Estonia, Lettonia, Slovenia e Svezia.
I Paesi partecipanti hanno sin qui offerto la loro disponibilità ad accogliere ottomila migranti salvati in mare, anche se quelli effettivamente trasferiti (dall'Italia) sono molti meno: 38 in Francia e 74 in Germania. Ma ora il governo italiano, anziché insistere affinché i partner mantengano gli impegni, sembra voler abbandonare questa strada per concentrarsi sul blocco delle partenze.
Idealmente con una missione navale Ue. Ieri il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, ha partecipato a una riunione in videoconferenza con i colleghi di Cipro, Grecia, Malta e Spagna. Il Viminale ha fatto sapere che verrà elaborata una posizione comune che segnerà «un cambio di strategia» attraverso «l'intensificazione delle relazioni con i Paesi di origine e di transito dei migranti» che prevederà anche il rafforzamento dei «canali d'ingresso regolari nell'Ue».