IL MONDO DELLA POLITICA PIANGE CLIO BITTONI NAPOLITANO, LA MOGLIE DELL’EX PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIORGIO, MORTA A ROMA DOPO UNA LUNGA MALATTIA. A NOVEMBRE AVREBBE COMPIUTO 90 ANNI – QUANDO IL MARITO DIVENTO’ CAPO DELLO STATO, NELLA CASA DEL RIONE MONTI DI ROMA LEI SOSPIRÒ: “LUI E’ DIVENTATO PRESIDENTE E IO SONO DIVENTATA PORTIERA. RITIRO LETTERE DA ORE. COSÌ FUNZIONA LA VITA” – IL RICORDO DI BARBARA PALOMBELLI...
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(ANSA) - E' morta a Roma - dopo una lunga malattia - Clio Napolitano, la moglie dell'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Avrebbe compiuto 90 anni a
novembre. (ANSA)
2. L’ARTIGLIO DELLA PALOMBA
Barbara Palombelli per “il Foglio” – Articolo 14 febbraio 2015 - Estratti
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E’ uno dei politici che ha una moglie tosta, vera, gagliarda. Non è la solita vittima, anzi: mi piace la schiettezza di Clio, adoro la sua durezza e la sua forza. Indovinai anche il suo bis al Colle: all’ultima festa del 2 giugno del suo primo mandato, gli dissi: scommetti che quest’altr’anno ci rivediamo qui? Lui rispose “No, ci vedremo a Capalbio”.
MORTA CLIO BITTONI NAPOLITANO
Maurizio Caprara per corriere.it
Aprì la porta dell’appartamento mentre il marito era in giro per adempimenti in vista del giuramento previsto nei giorni seguenti. Il 10 maggio 2006 in Parlamento Giorgio Napolitano era stato eletto presidente della Repubblica.
Chi scrive, che da cronista politico si era occupato di lui mentre era dirigente del Partito comunista italiano, aveva suonato alla porta della casa nel rione Monti di Roma per lasciare un biglietto di congratulazioni. Clio Bittoni prese la busta, la poggiò su un mucchio di altre e sospirò: «E’ diventato capo dello Stato e io sono diventata portiera. Ritiro lettere da ore. Così funziona la vita».
Nel dirlo allargò sotto i suoi scuri occhi vispi un sorriso tra il divertito e il disincantato, autoironico, coerente con la genuinità di rughe sottili che non si sarebbe mai fatta cancellare dal viso con ritocchi inusuali alla sua generazione.
Avrebbe compiuto 90 anni nel prossimo novembre la donna che amici e compagne chiamavano Clio, «Avvocato» le persone che avevano con lei rapporti formali, «Signora» altri conoscenti o estranei. Benché risoluta, per niente insicura, negli anni tra il 2006 e il 2015 nei quali il marito fu capo dello Stato per due mandati la donna appena scomparsa si attenne a un profilo defilato.
Sulla scena pubblica fu presente senza cercare particolare visibilità. Quotidiani, riviste, trasmissioni televisive le domandavano interviste. Informata delle richieste, tendeva a far rispondere più di no che di sì. «Il ruolo di consorte del presidente della Repubblica in Italia non è delineato dall’ordinamento in una maniera compiuta.
Non è come negli Stati Uniti quello della first lady, definito. Meglio evitarla, l’intervista. Grazie. Se occorre un’esposizione, tengo presente occasioni utili a dare aiuti al volontariato o che riguardano la condizione della donna», osservava Clio Bittoni in Napolitano.
Da giurista aggiungeva che prima o poi, nelle istituzioni, in un modo o nell’altro la materia del ruolo da lei ricoperto in via temporanea si sarebbe dovuta trattare.
Nata a Chiaravalle, in provincia di Ancona, la ragazza marchigiana che nel 1958 si laureò in Giurisprudenza a Napoli frequentò la stessa facoltà nella quale un decennio prima aveva studiato Giorgio. Il primo incontro e il matrimonio tra i due furono l’anno successivo, nel 1959.
«Ero stato fortemente attratto dalla ragazza, più giovane di me, che dapprima vidi in ambienti di partito», ricordò Napolitano nella sua autobiografia «Dal Pci al socialismo europeo».
Nel libro, edito da Laterza nel 2005, il futuro capo dello Stato descriveva di entrambi «un senso profondo della famiglia, che ci avrebbe aiutato a superare difficoltà, alti e bassi, momenti di tensione»”. Gli ultimi li addebitava «al mio impegno politico, oltre misura assorbente e prevalente», anzi per la precisione «totalizzante».
Clio era sia una militante comunista sia una professionista, la si sarebbe potuta ascrivere a una categoria dei «rossi ed esperti», dizione dovuta alla convinzione che nella lunga stagione dell’opposizione per preparare i comunisti a dirigere un Paese era indispensabile che alcuni di loro fossero dotati di competenze salde in settori specifici. Madre di Giovanni e Giulio, i figli avuti negli anni Sessanta, più avanti l’avvocato Bittoni lavorò nell’ufficio legislativo della Lega delle Cooperative. Una posizione alla quale «per scrupolo e correttezza», come sottolineò in seguito nel curriculum affidato al Quirinale, rinunciò quando il marito venne eletto presidente della Camera.
Spiritosa. Rigorosa. Energica. Sobria nell’abbigliamento senza rinunciare alla femminilità di un gusto molto suo per dettagli vezzosi, un cappello o una spilla di valore per originalità e non per costo. Tenace, troppo, nel fumare.
Clio Napolitano riusciva a sopportare decine di sigarette al giorno. In età avanzata, ne accendeva perfino vicino alla sua bombola d’ossigeno entrata a far parte dell’arredamento di casa. Era figlia di altri tempi in questo, come di altri tempi era stata la sua formazione.
Da bambina aveva il padre, Amleto, che viveva sotto la minaccia delle Camicie nere, in precedenza era stato portato al confino dal regime fascista. Del suo rapporto con la moglie Napolitano spiegava che a unirli ulteriormente era «qualcosa che per lei veniva dall’educazione famigliare». Sul suocero, eletto nel dopoguerra sindaco di Chiaravalle, il genero raccontava con rispetto: «Conservo un ricordo profondo della personalità di quel comunista, antistaliniano, non confomista, un ‘bastian contrario’, insomma, che tale era stato nel rapporto con i dirigenti del partito anche al confino».
Come il marito, Clio Napolitano non fu nostalgica. Senza negare la propria formazione nel Pci, superò la tradizione comunista nella direzione di un socialismo europeo. Da moglie del presidente, attraversando a piedi via del Quirinale fu investita da un’auto e finì all’ospedale. Non è la morte a renderla una delle tante speciali persone comuni. Lo era. Rimarrà.