MOVIMENTO IN TRANSIZIONE – MA CINGOLANI NON ERA “GRILLINO”? IL MOVIMENTO 5 STELLE HA MESSO NEL MIRINO IL MINISTRO DELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA A CUI BEPPE-MAO HA DATO LA SUA BENEDIZIONE - AI GRILLINI NON SONO PIACIUTE ALCUNE DICHIARAZIONI PUBBLICHE E SOPRATTUTTO LE RESISTENZE DEL MINISTRO A INCONTRARLI. LA RIVOLUZIONE VERDE NEL RECOVERY VALE 69 MILIARDI, MA SECONDO I PENTASTELLATI TROPPO POCHI SONO STATI DESTINATI A RINNOVABILI E DISSESTO IDROGEOLOGICO – A FARE DA GUARDIANO DELLE VECCHIE ISTANZE "GREEN" CI PENSA DIBBA, CHE SI È APERTO UN SUO BLOG...
-Ilario Lombardo per “La Stampa”
Il M5S ha più di un problema con Roberto Cingolani. Sì, proprio il ministro della Transizione ecologica al quale Beppe Grillo, fondatore, padre spirituale e garante, ha dato la sua benedizione, definendolo un «grillino» pur di farlo digerire ai riottosi irriducibili parlamentari già costretti a sostenere Draghi.
Per lui è stato creato un super ministero, sul modello francese e secondo le indicazioni del comico genovese. Ma a soli tre mesi dall'insediamento dell'esecutivo è il ministro che più fa discutere il Movimento. Ai 5 Stelle non piace del tutto cosa c'è scritto nel capitolo green del Piano nazionale di rinascita e resilienza (Pnrr), non sono piaciute alcune dichiarazioni pubbliche di Cingolani e non sono andate giù le sue resistenze alle ripetute richieste di un incontro.
Sui rapporti assenti e sul mancato coordinamento con il ministro insistono tutte le fonti di governo e parlamentari interpellate. Solo due giorni fa, spiegano, Cingolani ha accettato di incontrare i grillini delle commissioni Ambiente di Camera e Senato. Si vedranno a fine maggio. «Finalmente potremo confrontarci e dirgli cosa va e che cosa non va, a nostro avviso, nel Pnrr» spiega il deputato Giovanni Vianello, che in quest' occasione fa da portavoce dei malumori dei colleghi.
La rivoluzione verde nel Recovery vale 69 miliardi, dei quali nove provenienti dal fondo complementare. Di questi però ben pochi, secondo il M5S, sono stati destinati a bonifiche, energie rinnovabili, dissesto idrogeologico e tutela dei parchi e dei mari.
«Faccio un esempio per capire i limiti degli investimenti previsti - aggiunge Vianello - Abbiamo permesso incentivi fino a 10 mila euro per le auto elettriche ma scarseggiano le colonnine. Se non prevediamo una diffusione capillare, sulle strade e sulle autostrade, come convinciamo gli italiani a puntare sull'elettrico?».
Tra i punti che rendono più scettici i grillini ci sono anche idrogeno, trivelle, inceneritori e l'eccessiva presenza, nel piano, di biogas. Sull'idrogeno pretendono chiarezza: «Per noi l'idrogeno deve essere verde, quello blu andava bene nella fase transitoria, dieci anni fa. Per esempio, anche se non è scritto nel Pnrr noi contestiamo il progetto dell'Eni che al largo di Ravenna vuole creare una piattaforma di cattura e stoccaggio di Co2».
Pure sulle trivelle chiederanno a Cingolani una spiegazione. L'11 aprile, dopo aver firmato la Valutazione di impatto ambientale che ha dato l'ok a undici nuovi pozzi per gli idrocarburi, di cui uno esplorativo, sono insorte le associazioni ambientaliste, Legambiente, Greenpeace, WWf, il Forum dell'Acqua, con sommo imbarazzo del M5S.
Cingolani non poteva non firmare, ha giustificato anche qualche eletto grillino, si trattava di atti amministrativi nati anni fa. Ma non è bastato. Su di lui ora pende l'etichetta di ministro della «Finzione ecologica». E i grillini temono che il Pnrr si riveli una gigantesca operazione di greenwashing, un ecologismo di facciata che in realtà non stravolge il paradigma produttivo ed energetico.
La questione verde è la grande sfida che attende anche Giuseppe Conte, da prossimo leader dei 5 Stelle. Nel manifesto europeo pubblicato dall'ex premier una decina di giorni fa non c'è l'ambiente, inghiottito dall'economia. «Non basta dire che siamo green» sono pronti a dirgli i deputati. Non tutti. Perché, come sempre, nel M5S si muovono diverse tendenze. Quella originaria, dell'ambientalismo più puro, che vuole recuperare molte battaglie lasciate in sonno in questi anni di travaglio al governo.
E quella più realista che tende a contemperare i modelli ecologici alle logiche produttive di impresa. Da quale delle due prevarrà si capirà qualcosa di più del futuro volto del M5S. Si capirà se una forza che Conte vuole popolare, liberale, moderata potrà interpretare al meglio la sfida del Green New Deal. Oppure se gli elettori si rivolgeranno altrove.
Di certo, ci sarà un ex che fino in fondo forse un ex non è, come Alessandro Di Battista, a fare da guardiano delle vecchie istanze. L'ex deputato, impegnato nel tour televisivo di presentazione del suo nuovo libro, ha aperto un suo blog (aledibattista.it), mentre i 5 Stelle hanno perso il loro. Segno che non vuole tenersi vincolato a Davide Casaleggio e alla piattaforma Rousseau. Dibba torna sulle tracce del blog di Grillo, da cui la sua stessa storia politica fu partorita, e promette di fare da contraltare al M5S. Punto su punto.