MOZZARE IL GRANDE ORECCHIO? – IL GOVERNO SI PREPARA A LIMITARE LA PUBBLICAZIONE DELLE INTERCETTAZIONI E SI AFFIDA A PIGNATONE E BRUTI LIBERATI – IN ALLARME MAGISTRATI E GIORNALISTI
Liana Milella per “la Repubblica”
La legge sulle intercettazioni non si ferma. M5S sfida Renzi e Orlando, denuncia «una delle più vergognose riforme che nemmeno Berlusconi era riuscito a fare». Ma nelle stesse ore in cui i grillini Vittorio Ferraresi e Giulia Sarti fanno la voce grossa a Montecitorio, il Guardasigilli Andrea Orlando già prepara l’elenco di chi comporrà la commissione ministeriale che darà corpo alla striminzita delega contenuta nella riforma del processo penale che da oggi pomeriggio è in discussione alla Camera.
Ancora top secret i nomi, ma Orlando — ieri in visita al palazzo di giustizia di Cuneo con il vice ministro Enrico Costa — avrebbe confidato ai suoi l’intenzione «di metterci dentro noti procuratori». Il pensiero va subito ai capi delle procure di Roma Giuseppe Pignatone e di Milano Edmondo Bruti Liberati (quest’ultimo in carica fino alla metà di ottobre) che a luglio hanno già espresso la loro opinione in un’audizione alla Camera, favorevole a rendere pubblicabili “solo” le intercettazioni contenute nelle ordinanze di custodia cautelare. Vietata invece la diffusione di quelle contenute negli atti depositati per le difese. D’accordo anche il procuratore di Palermo Franco Lo Voi. L’ipotesi, aspramente criticata dai giornalisti, ma anche da altri magistrati, va nella direzione voluta dal governo e da un’ampia parte del mondo politico che chiede sempre meno intercettazioni.
In vista di una battaglia parlamentare molto dura, nonostante i tempi contingentati (12 ore e 30 minuti per 34 articoli e 300 emendamenti), dagli ambienti ministeriali filtra un’altra indiscrezione relativa ai paletti della legge delega. A fronte del M5S che ribadisce una forte critica alla «delega in bianco sulle intercettazioni», concetto ampiamente condiviso anche dal presidente dell’Anm Rodolfo Maria Sabelli, la maggioranza sta lavorando a una revisione dei criteri delle deleghe.
Oggi quando il governo ottiene la possibilità di scrivere un decreto legislativo, poi deve sottostare al parere non vincolante delle commissioni di Camera e Senato. Ma quelle indicazioni non devono essere obbligatoriamente rispettate. Di fatto il parere è consultivo. Di solito i paletti stanno nella delega, che è abitualmente molto circostanziata. Non così per le intercettazioni, dove le 10 righe del testo indicano genericamente che il governo deve modulare l’uso delle intercettazioni nei provvedimenti dei magistrati, deve dar vita all’udienza stralcio e deve impedire la pubblicazione di ascolti non rilevanti.
A questo punto, con un emendamento, il governo sarebbe sul punto di ampliare il potere consultivo delle commissioni, i cui pareri diventerebbero ostativi. Una regola che varrebbe per le intercettazioni, ma anche per tutte le altre deleghe, comprese quelle contenute nel processo penale, tra cui la revisione dell’ordinamento penitenziario su cui si appuntano pesanti critiche di Giulia Sarti di M5S.
Ma non finisce qui. Mentre il responsabile Giustizia del Pd David Ermini e il capogruppo in commissione Giustizia Valter Verini negano che ci sia «un giro di vite, né tanto meno un bavaglio sulle intercettazioni», entrambi mediano. Per tranquillizzare l’Anm che preannuncia prossime proteste, oggi lo stesso Ermini cercherà un’intesa sulla prescrizione con il centrista Nico D’Ascola. Un segnale anche sui tre mesi per chiudere le indagini pena l’avocazione: la regola non varrà per mafia e terrorismo. Ma Sabelli già protesta: «Ma la corruzione e i reati finanziari non sono altrettanto gravi?».