UN MUSULMANO CONTRO I JIHADISTI - AL SISI SI CANDIDA A GUIDARE LA GRANDE COALIZIONE ANTI-ISIS IN LIBIA - PER IL GENERALE EGIZIANO, DIETRO IL QUALE C’È IL NUOVO RE SAUDITA SALMAN, E’ IL MODO PER RECUPERARE INFLUENZA NEL MEDITERRANEO


egyptian president abdul fattah al sisi

Maurizio Molinari per “la Stampa”

 

Pugno di ferro militare contro i jihadisti in Libia e iniziativa all’Onu per ripetere sullo scacchiere del Maghreb la coalizione anti-Isis già attiva in Iraq e Siria: sono i due binari della risposta di Abdel Fattah al-Sisi alla sfida del Califfo dello Stato Islamico, Abu Bakr al-Baghdadi.

 

Il presidente egiziano ha letto la decapitazione dei 21 copti come una minaccia diretta alla sicurezza nazionale e, nell’arco di 24 ore, è passato al contrattacco sul fronte militare e diplomatico. Il timore di Al Sisi è un Egitto accerchiato da guerriglie jihadiste - Ansar al Sharia in Libia e Bayyt al Maqqdis in Sinai - entrambe agli ordini del Califfo, che può contare anche sui alcuni gruppi salafiti presenti al Cairo ed Alessandria, espressione del dilagante malessere dei Fratelli Musulmani.

 

Le reazione punta dunque a scompaginare i piani del Califfo, trasformando l’Egitto nel volano di una risposta regionale di alto profilo. Si spiega così la contemporaneità delle mosse del Raiss: dà luce verde ad almeno due ondate di attacchi aerei contro le basi di Isis a Derna e concorda, nelle stesse ore, con il presidente francese François Hollande la bozza di una risoluzione da presentare al Consiglio di Sicurezza dell’Onu per dare veste internazionale all’intervento armato in Libia.

AL SISI

 

IL RUOLO SAUDITA

Dietro ad Al Sisi c’è il nuovo re saudita, Salman, che in qualità di ministro della Difesa è stato fra i registi politici della coalizione anti-Isis impegnata in Siria ed Iraq. Ed ora vuole estenderla alle aree del Maghreb dove i jihadisti sono più presenti e pericolosi, ovvero la Libia e il Nord del Mali. L’ipotesi allo studio, spiegano fonti diplomatiche arabe dal Cairo, è dunque costruire attorno all’intesa Egitto-Francia una coalizione di Paesi, europei ed arabi, pronta ad intervenire contro le almeno sette aree urbane che Isis già controlla il Libia.

 

L’AIUTO DEGLI EMIRATI

barack e michelle obama john kerry con salman re dell arabia saudita

Saranno i Paesi aderenti a decidere come farlo ma l’opzione della guerra aerea resta la più valida, a sostegno delle truppe di terra libiche del generale Khalifa Haftar, in maniera analoga a come gli Usa in Iraq sostengono dall’aria truppe irachene e peshmerga curdi. La rapidità con cui il presidente degli Emirati Arabi Uniti, Sheikh Khalifa bin Zayed al-Nahayan, ha espresso sostegno al Al Sisi per «sradicare la minaccia terrorista» lascia intendere che i suoi jet già affiancano quelli egiziani sui cieli libici e che, sul fronte diplomatico, è questo - assieme ai sauditi - il nucleo iniziale della coalizione.

 

Per Al Sisi, che non partecipa all’iniziativa militare anti-Isis in Iraq e Siria, significa ritagliarsi il ruolo di Paese guida del fronte occidentale della guerra al Califfo jihadista ed anche, in prospettiva, di leader nella ricostruzione della Libia, d’intesa con Parigi da cui non a caso ha appena acquistato 24 jet Rafale nel primo segno di smarcamento dalla dipendenza trentennale dalle forniture militari degli Stati Uniti.

 

Khalifa bin Zayed Al Nahyan riccone

L’altro tassello dell’iniziativa di Al Sisi è il leader del Cremlino Vladimir Putin che ha ricevuto al Cairo la scorsa settimane suggellando una collaborazione economica e strategica di dimensioni tali da rendere improbabile un veto russo all’Onu sull’intervento anti-Isis.

 

«Se Mosca dovesse opporsi, andremo avanti comunque» precisano le fonti arabe. In attesa di vedere cosa avverrà al Palazzo di Vetro, si profila dunque la nascita di una seconda coalizione anti-Isis che offrirà anche all’Italia la possibilità di partecipare, nei tempi e modi che il governo di Roma deciderà. Le opzioni tattiche dell’Italia includono impiego di jet, blocco navale e missioni di truppe speciali per dare la caccia ai leader jihadisti in una riedizione della coalizione internazionale che portò alla caduta del regime di Gheddafi nel 2011.

G20- PUTIN, OBAMA, DILMA

 

BATTAGLIA IDEOLOGICA

Ma non è tutto, perché Al Sisi ha anche l’ambizione di demolire ideologicamente il Califfato: da qui il progetto, discusso con il re giordano Abdullah, di organizzare un grande convegno dei saggi dell’Islam sunnita per delegittimare il pensiero jihadista innescando quella che proprio il Raiss definisce una «rivoluzione nel mondo musulmano».

 

putin- obama