NAPOLITANO, VISTO DA SINISTRA - ACHILLE OCCHETTO METTE IN FILA GLI ERRORI DI “RE GIORGIO”: “SOLLEVAI I MIEI DUBBI QUANDO COME PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, DAVANTI ALLA BANCAROTTA DI BERLUSCONI, LAVORÒ ALLA TELA ACUTA E SOTTILE DEL GOVERNO TECNICO DI MARIO MONTI, DA CUI PERÒ È NATA LA GRANDE CRISI DELLA SINISTRA - SE SI FOSSE VOTATO SUBITO DOPO LE DIMISSIONI DI BERLUSCONI CI SAREBBE STATO UN SUCCESSO DELLA SINISTRA…” – “AVEVAMO UN ATTEGGIAMENTO DIVERSO VERSO LA GLOBALIZZAZIONE NEOLIBERISTA E LE POLITICHE DELL’AUSTERITÀ…”
-Estratto dell’articolo di Stefano Cappellini per “la Repubblica”
Achille Occhetto […] Che politico è stato Napolitano?
«Di prim’ordine. Uno dei più significativi esponenti della Prima Repubblica». […] «[…] Malgrado le molteplici occasioni di disaccordo i nostri rapporti sono sempre stati civili e spesso affettuosi».
Quali furono le divergenze più importanti ai tempi del Pci?
«Al momento della scelta tra Napolitano e Berlinguer come segretario dopo Longo, io da membro della segreteria fui interpellato e scelsi Berlinguer. Poi fu Napolitano, anni dopo, a esprimere contrarietà alla mia elezione a leader».
Vi divideva anche il giudizio politico sull’ultimo Berlinguer.
«Non condividevo le sue critiche alla questione morale sollevata da Berlinguer, che a mio avviso ebbe il merito di porre per primo un tema cruciale. Berlinguer non invocò la magistratura ma chiese l’autoriforma della politica. Quella che chiese in piena Tangentopoli anche Craxi nel famoso discorso in aula, quando chiamò in correità tutta la politica. Ma ormai era tardi».
E le divergenze dopo la fine del Pci?
«Un atteggiamento diverso verso la globalizzazione neoliberista e le politiche dell’austerità. E i miei dubbi quando come presidente della Repubblica, davanti alla bancarotta di Berlusconi, lavorò alla tela acuta e sottile del governo tecnico di Mario Monti, da cui però è nata la grande crisi della sinistra».
Perché?
«Se si fosse votato subito dopo le dimissioni di Berlusconi ci sarebbe stato un successo della sinistra. Non so se sarebbe bastato a formare un governo, ma avrebbe rimesso in movimento la politica, l’unico humus nel quale la sinistra può vivere».
Anche lei da leader del Partito democratico della sinistra, il soggetto nato sulle ceneri del Pci, votò il sostegno a un governo tecnico, quello di Carlo Azeglio Ciampi nel 1993. E poi perse le elezioni contro Berlusconi.
«Un governo tecnico può servire in alcuni momenti a fronteggiare emergenze, ma se si toglie dalla politica il sale, cioè il contrasto, la sinistra è la prima a pagare un prezzo. […]».
[…] Napolitano era politicamente più vicino a Craxi che a Berlinguer?
«Napolitano non amava gli eccessi del craxismo, ma per un certo periodo pensò che ci fossero più aspetti di modernità nella politica di Craxi che non in quella di Berlinguer. In questo, come ho detto, secondo me sbagliava. Con Berlinguer c’erano differenze caratteriali, non erano fatti per andare a cena insieme tutte le sere. Ciò non toglie che Berlinguer affidò proprio a lui e me il compito di scrivere il programma di medio termine del Pci. […]».
Come risolveste i dissidi tra di voi nella stesura del programma?
«Io mi occupai della parte valoriale, Napolitano della parte economica. Lui guardava con compiacenza gli aspetti di più lunga prospettiva che mettevo nella mia parte, e io apprezzavo la sua concretezza e anche l’originalità di molte posizioni della sua corrente migliorista». […]