1. IL TIMORE DEI SERVIZI SEGRETI PER LA SICUREZZA DEI NOSTRI MILITARI
Alessandro Da Rold per “la Verità”
Prende il via il mese caldo di audizioni del Copasir, comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti, con l' audizione del generale Luciano Carta, il numero uno dell' Aise, il nostro spionaggio internazionale. Quella di ieri è stata la prima giornata di lavori a palazzo San Macuto, incentrata soprattutto sulle regole di ingaggio dei nostri militari all' estero, nello specifico Libia (250 soldati) e Iraq (900), dopo due settimane di forti tensioni in Medio Oriente, dalla morte del generale iraniano Qasem Soleimani fino alla «tregua» di Mosca tra il governo di Tripoli di Fayez al Serraj e il generale della Cirenaica Khalifa Haftar.
Oggi si continua con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Ma nei prossimi giorni saranno sentiti anche il direttore dell' Aisi (controspionaggio) Mario Parente e quello del Dis, Gennaro Vecchione. Nelle prossime settimane, come già anticipato il mese scorso dal presidente Raffaele Volpi, saranno sentiti anche i tecnici di Mef, Banca d' Italia e Consob su possibili scalate estere su nostri asset economici strategici, come Unicredit e Generali, dopo l' uscita di Jean-Pierre Mustier da Mediobanca.
I nostri interessi economici e militari sono i dossier più importanti del 2020, pensando anche all' impegno dell' Eni nel contesto libico. Tra gli interrogativi posti ieri dai nostri parlamentari a Carta c' è stata soprattutto la sicurezza dei nostri militari in Libia. Il tema è di stretta attualità dopo che proprio Conte, a margine dell' incontro con il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, ha parlato del possibile invio di militari a Tripoli solo «in condizioni di sicurezza». La situazione in Libia è più che mai complessa per gli italiani.
La nostra intelligence si adopera troppo in diplomazia parallela e ha smesso di fare attività sul campo.
Anzi, stando a fonti diplomatiche, si parla diffusamente di un crescente sentimento «anti italiano». Del resto alla fine dell' estate del 2018 sui muri di Tripoli comparvero persino delle scritte contro i nostri servizi segreti e contro Giovanni Caravelli, vicedirettore dell' Aise, il generale che ha preso in mano il dossier dopo l' uscita di scena dell' ex direttore Alberto Manenti. Non solo. Durante l' audizione del direttore dell' Aise si è parlato di un presunto attacco hacker all' account twitter della nostra ambasciata a Tripoli.
Nei giorni scorsi aveva messo un like a un post dell' Esercito di liberazione nazionale (Lna) di Haftar per poi rimuoverlo e smentire «ogni forma di approvazione a comunicazioni di terzi attribuita nelle scorse ore». Secondo quanto riportato dal giornale online Startmag, Carta avrebbe discusso anche di «reti di comunicazione con eventuali infrastrutture tecnologiche cinesi o Stati occidentali» ma «senza un reale coordinamento Nato».
Si tratta di un' affermazione che sarebbe stata riferita a Vivendi, azionista francese di Telecom, il nostro colosso nelle telecomunicazioni che controlla Telecom Sparkle, ovvero il traffico dati che transita dai cavi nel Mediterraneo.
Sullo sfondo delle audizioni al Copasir resta poi aperta la partita per la nomina dell' inviato speciale in Libia. La partita sarebbe tra l' ex ministro degli Interni Marco Minniti e Giampiero Massolo, ex direttore del Dis e attuale presidente dell' Ispi. Proprio in una recente intervista a Formiche, Massolo invitava il nostro Paese a stringere accordi con la Francia nel contesto libico. Si tratterebbe di un approccio diverso rispetto a quello degli anni passati, risultato delle politiche proprio di Minniti.
2. LIBIA, ENI, CINA, PORTI E TLC. CHE COSA SI È DETTO AL COPASIR CON CARTA (AISE)
Michele Arnese per www.startmag.it (di ieri)
Si è tenuta stamattina l’audizione del direttore dell’Agenzia Informazioni per la Sicurezza esterna (Aise), generale Luciano Carta, nell’ambito del programma avviato dal Copasir (Comitato parlamentare di sicurezza della Repubblica).
Non si è parlato soltanto di rischi di scalate estere per le imprese italiane ritenute strategiche.
In primo piano anche la Libia. Infatti, secondo la ricostruzione di Start, si è esplicitamente parlato della sicurezza effettiva dei nostri militari tra Irak e Libia.
Qual è il quadro geografico degli investimenti a rischio e l’instabilità mediterranea che potrebbero incidere sull’Italia?, è stata in sostanza la domanda che ha accomunato diversi interventi.
Qual è la sicurezza effettiva dei nostri militari a Misurata? Ci sono state pressioni sulle milizie di Haftar tramite i russi? Questi alcuni degli interrogativi.
Si è anche approfondita la prosecuzione delle operazioni estrattive e commerciali Eni connesse alla sicurezza. Riferite anche rassicurazioni giunte da parte della compagnia statale libica NOC i cui introiti alimentano la banca centrale libica controllata dal governo di Tripoli.
Discusso anche un fatto inedito e preoccupante: un attacco hacker ha fatto sì che gli account social dell’ambasciata italiana a Tripoli abbiano espresso plauso e sostegno alle avanzate dell’Esercito di Haftar. Tanto che ad esempio l’account Twitter dell’ambasciata ha prima smentito l’appoggio e poi di fatto è stato congelato.
Il tema tlc ha fatto capolino quando Carta ha parlato di reti di comunicazione con eventuali infrastrutture tecnologiche cinesi o Stati occidentali ma “senza un reale coordinamento Nato”. Per alcuni parlamentari il riferimento era alla Francia. Dunque a Vivendi, azionista di Tim che controlla i cavi di Telecom Italia Sparkle?
Toccato anche il tema Cina nel giorno in cui il Sole 24 Ore ha dato conto di una notizia che riguarda il porto di Venezia: lo scalo ha dovuto dire addio alla linea diretta di trasporto container con la Cina e il Sudest asiatico.
“La decisione è stata presa da Ocean Alliance, la compagine formata dalle compagnie Cma-Cgm, Cosco Shipping, Evergreen e Oocl, ed è legata al fatto che Venezia non dispone più di pescaggi adeguati a consentire la navigazione delle grandi portacontainer destinate al servizio Aem6, che collega appunto Shanghai (e altre città asiatiche, compresa Singapore) con la Laguna”, si legge oggi sul Sole.
Il terminal portuale di Vado Ligure è finto sotto la lente d’ingrandimento durante l’audizione perché non si farebbe abbastanza per limitare — secondo quanto emerso dalla riunione-audizione — la penetrazione in servizi commerciali e finanziari che finiscono per portare vantaggi a Pechino.