Filippo Ceccarelli per “la Repubblica”
«Siamo tutti ex qualcosa » ha riconosciuto qualche tempo fa Alfio Marchini. Ma nel suo caso, senza richiamare il solito trasformismo, la formula suona piuttosto riduttiva. Già più utile a delineare il personaggio dopo la tribolata investitura berlusconiana è semmai un’altra sua massima secondo cui ogni «coloritura politica » si traduce in «costrizione».
E qui tocca ammettere che così tante nel corso degli ultimi vent’anni gliene hanno attribuite che nessuna in realtà gli è mai rimasta appiccicata. A suo tempo Alemanno, che è un uomo semplice, l’ha definito «un Ufo». Ma se dal novero astratto delle appartenenze si passa alla realtà delle relazioni, Marchini, 56 anni, due matrimoni e cinque figli, si configura come un prodigio sociale, politico, economico ed esistenziale.
La sua storia comincia nel Pci addirittura prima di lui. Dinastia di compagni ricchi, palazzinari rossi, «calce&martello»: nonno Alfio (gappista, ferito in battaglia, medaglia d’argento, pluricitato nelle carte di Secchia e nella storia di Spriano) e zio Alvaro (appassionato d’arte, poi presidente della Roma in guerra con Herrera) aiutarono il partito a costruire non solo il rossiccio fortilizio stile littorio delle Botteghe Oscure (compresa la progettazione della speciale scrivania che consentiva a Togliatti di fare non visto le parole crociate durante le riunioni), ma anche le case dei dirigenti a via Pavia.
Pugni chiusi, segreti e cassaforti. Senza togliere proficui rapporti, tra l’edilizia e la diplomazia, con il Vaticano e un certo andreottismo; né trascurare discrete entrature con la Banca d’Italia e quindi con la finanza laica, per cui ecco che grazie al nonno il piccolo e precocissimo Alfio (i Marchini continuano a chiamarsi tutti con la A) fu presentato a Guido Carli e a Carlo A. Ciampi, che finirono per volergli bene. Pure loro.
Questo il lascito e il mandato. Educazione in ricche scuole di preti. Fede appassionata, c’è chi dice di impostazione ciellina e chi opusdeista. Ineffabili hobby, specialissimi cavalli argentini, campione di Polo premiato da Queen Elizabeth. Per insolita spinta pivettian-pidiessina ad appena 29 anni consigliere Rai. Ma subito si dimette per restare alla Sipra. Intanto, un sacco di soldi (Banco di Roma, Risanamento Napoli, sogna la Montedison), ma anche magnifici quadri e un’inesauribile curiosità della vita, dei giornali e delle relazioni umane, s’intende a un certo livello.
Compra Il Sabato e lo dà a Buttiglione; entra ed esce dall’Unità; concorre a fondare gli «Amici di Liberal»; poi la Fondazione «ItalianiEuropei» (che ospita, insieme al Bingo, in un suo palazzo); poi anche la Fondazione «Italia decide» (Luciano Violante). Amico personale (ed ennesima fondazione), di Shimon Peres, e di Cossiga.
Durante la scalata di Telecom, a casa dei genitori, mette in contatto Cuccia e l’imminente premier D’Alema, in accentuata fase di «scomunistizzazione », cui giovane Alfio fa apprezzare i segni di una conveniente agiatezza: intrecci anche coniugali di labrador, tenuta di campagna (Trasimeno), celebri cuochi.
Per la nuova casa, Marchini gli regalò anche una fronzutissima pianta di Ulivo, che però non passava per il portone e si dovette chiamare una gru. Insieme con Amato, nel 2000 D’Alema favorisce la scelta di Marchini quale capodelegazione (ci sono anche Padoan, Siniscalco e Dassù) per un convegno molto progressista, a Berlino, sulla Terza Via. Rivista oggi, la circostanza suggerisce che di via si può imboccare anche la quarta, o la quinta. Un’altra, per dire, è stata quella rutellian-giubilare. Ma anche qui occorre riconoscere che Marchini non è né libertino, né rampante, né disinvolto, né opportunista e - cosa che gli fa onore - nemmeno permaloso.
Per cui a un certo punto decide di mettersi in proprio e fonda un suo partitello, che per emblema sfoggia una specie di sacro cuore (oltre il 9 per cento nel 2013). Nell’odierna politica l’aiuta l’aspetto di «bello» (e infatti lo chiamano «Ridge», archetipo del piacionismo capitolino), che tanta parte deve aver avuto nella scelta dell’ex Cavaliere. L’ex sindaco Marino, non molto più acuto di Alemanno, l’ha definito intelligente, sì, «ma estraneo alla sofferenza».
Pure questo è discutibile. A parte la vittoria sulla balbuzie, Marchini ha fronteggiato il tragico modo in cui ha perso il papà e una separazione (da Allegra Ferruzzi) che l’ha messo alla prova essendo credente e praticante. La volta scorsa si è pagato da solo la campagna elettorale (600 mila euro), adesso con Berlusca bisognerà vedere.
Stavolta ha promesso, tra le mille mirabilia, un Senato Romano (indicando Vanzina a farne parte), un cimitero per cani e gatti e di staccare l’acqua ai campi rom. Quest’ultima idea è molto meno simpatica di lui.