NETANYAHU CROLLA NEI SONDAGGI DOPO GLI ATTACCHI DI HAMAS E ORA RISCHIA UN INGLORIOSO TRAMONTO - DI SOLITO L’EFFETTO DELLE GUERRE RAFFORZA IL GOVERNO IN CARICA. MA L’ENORMITÀ DEL MASSACRO E LA GRAVITÀ DEL FALLIMENTO DELLE INTELLIGENCE PROVOCANO UN COLLASSO DEI PARTITI DELLA MAGGIORANZA – LO STORICO SEGEV: "NETANYAHU È POLITICAMENTE MORTO. ABBIAMO I MEZZI PER DIFENDERCI E NON LI ABBIAMO USATI. GRAVISSIMO. PER SALVARSI IL PREMIER DEVE FARE QUALCOSA DI TALMENTE DRAMMATICO ED ESTREMO DA …”
Davide Lerner per www.editorialedomani.it - Estratti
È impossibile sapere cosa sia passato nella testa del primo ministro Benjamin Netanyahu quando, alle 6.29 di sabato scorso, è stato informato dell’attacco in corso da parte di Hamas. Si può immaginare che, come tanti israeliani, inizialmente abbia pensato all’ennesima schermaglia con i miliziani, priva di rischi significativi per il fronte interno israeliano.
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Lo conferma il primo sondaggio d’opinione diffuso dopo l’attacco di Hamas, quello del giornale israeliano Maariv. I tassi di approvazione di Netanyahu e dei suoi alleati sono in caduta libera. Il Likud scende a soli 19 seggi, ben al di sotto dei 32 attuali. I partiti estremisti Otzma Yehudit (Potere ebraico) e Zionut Hadatit (Sionismo religioso) hanno rispettivamente cinque e quattro seggi, poco più della metà di quelli ottenuti in occasione del voto meno di un anno fa.
Di solito l’effetto delle guerre è quello opposto: rafforza cioè il governo in carica perché favorisce una maggiore solidarietà nazionale. Ma l’enormità del massacro e la gravità del fallimento dell’intelligence e degli apparati di sicurezza provocano invece un collasso dei partiti della maggioranza. Da parte sua, la sinistra, già relegata ai margini della politica dalla seconda intifada, rischia che il 7 ottobre si trasformi nella data chiave di un suo definitivo tramonto.
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SEGEV
Lorenzo Cremonesi per corriere.it - Estratti
«Benjamin Netanyahu è politicamente morto. Ma potrebbe forse salvarsi se alla fine potesse dimostrare che ha risolto il problema di Gaza scacciando all’estero i suoi oltre due milioni di abitanti palestinesi. Deve fare qualche cosa di talmente drammatico ed estremo da far dimenticare a buona parte degli israeliani quanto catastrofico e inetto è stato il suo governo di fronte all’attacco terrificante di Hamas contro la nostra popolazione».
Nel suo stile graffiante, lo storico e commentatore israeliano Tom Segev fornisce la sua lettura della situazione. A suo dire, gli eventi dell’ultima settimana mettono a nudo le corde più sensibili dei decenni di storia del conflitto tra ebrei e arabi in Medio Oriente: in particolare, per gli uni il retaggio dell’Olocausto, la Shoah, e per gli altri la Nakba, l’espulsione degli arabi dalle loro terre.
L’errore più grave del premier?
«Credere di poter convivere con Hamas, lavorando per indebolire l’Autorità palestinese in Cisgiordania in nome del principio del dividi et impera. Hanno lasciato crescere l’enorme arsenale di missili nelle mani di Hamas».
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C’è anche chi dice che oggi Israele è forte e armato…
«Certo, e allora emerge evidente l’errore, la non comprensione del nemico. Di questo parlano molti nostri commentatori: abbiamo i mezzi per difenderci e non li abbiamo usati. Gravissimo».
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E Gaza?
«Ha sempre rappresentato un problema. Dagli anni Cinquanta ad oggi la si vorrebbe chiudere, isolare e dimenticare. Ariel Sharon dopo il ritiro delle colonie ebraiche nel 2005 diceva che voleva bloccare le porte e gettare le chiavi in mare. Dopo la vittoria del 1967 il nostro governo inviò centinaia di bus per trasportare la popolazione all’estero, sia da Gerusalemme verso la Giordania che da Gaza in Egitto. Ma quasi nessuno si mosse. Alla fine degli anni Settanta l’Egitto riprese il Sinai in cambio della pace, ma molto intelligentemente non volle Gaza e noi accettammo felici di firmare la pace dopo la guerra del 1973».
(...) Siamo in un momento estremo. L’eccidio di Hamas è stato troppo grave. Mi colpisce il fatto che Israele si dimostri pronto a sacrificare gli ostaggi pur di colpire Hamas. E l’espulsione di massa dei palestinesi è davvero nell’ideologia di questo governo: Netanyahu potrebbe tornare popolare».