1. IL NO ALL’ELEZIONE DI PRODI AL QUIRINALE? CONTRARIO ALL’INCIUCIO DELLE LARGHE INTESE! 2. REPLICANDO ALLA LETTERA DI MONTI, IL MORTADELLONE TRADITO DA 101 FRANCHI TIRATORI METTE IL DITO NELLA PIAGA: ‘’NON ABBIAMO DISCUSSO DI INCARICHI DI GOVERNO MA DI PROBLEMI MOLTO PIÙ DI FONDO COME BIPOLARISMO E LARGHE INTESE NON TROVANDOCI D’ACCORDO E MANTENENDO CIASCUNO DI NOI DUE LA PROPRIA POSIZIONE’’ 3. CONFERMA LA FEDELE PRODIANA SANDRA ZAMPA: “SCELTA CIVICA COMUNICÒ A ME E AD ALTRI LA DISPONIBILITÀ A SOSTENERNE LA CANDIDATURA A CONDIZIONE CHE VI FOSSE LA GARANZIA DELLA CONFERMA DI UN GOVERNO DI LARGHE INTESE GUIDATO DA MONTI” 4. L’ULTIMA ZAMPA-TA: “DALLA LETTERA DEL PROFESSOR RODOTÀ RISULTA EVIDENTE CHE NON CI FU DA PARTE SUA ALCUN ATTO DI RINUNCIA ALLA CANDIDATURA AL QUIRINALE”


Da La Stampa

LA LETTERA DI ROMANO PRODI
Caro direttore, ho letto oggi la lettera di Mario Monti alla Stampa. Le posso certamente dire che, nella nostra telefonata del 19 aprile non abbiamo discusso di incarichi di governo ma di problemi molto più di fondo come bipolarismo e larghe intese non trovandoci d'accordo e mantenendo ciascuno di noi due la propria posizione. Molto cordialmente,
Romano Prodi

ROMANO PRODI NAZARBAYEV


LA LETTERA DI SANDRA ZAMPA
Caro direttore, leggo sulla Stampa di oggi, da parte del professor Rodotà e del senatore Monti due lettere a cui replico volentieri. Dalla lettera del professor Rodotà risulta evidente che non ci fu da parte sua alcun atto di rinuncia alla candidatura al Quirinale. Quanto al senatore confermo che un parlamentare di Scelta civica a lui molto vicino comunicò a me e ad altri la disponibilità a sostenerne la candidatura a condizione che vi fosse la garanzia della conferma di un governo di larghe intese guidato dal Professor Monti.
Insomma due precisazioni che semplicemente confermano quanto ho scritto nel mio libro. Grata per l'attenzione. Cordialmente,
Sandra Zampa


2. CON ROMANO BELLE PAROLE MA RIMASE LA DIVERGENZA SULLA GRANDE COALIZIONE
Lettera di Mario Monti a "La Stampa"

Nell'articolo su «La Stampa» di ieri («Le tre telefonate che affossarono la candidatura Prodi») Fabio Martini cita la ricostruzione fatta da Sandra Zampa, ex portavoce di Prodi, di una telefonata che sarebbe avvenuta tra Romano Prodi e me il 19 aprile scorso, il giorno in cui il PD lanciò, ma non sostenne, la candidatura di Prodi a presidente della Repubblica.

ROMANO PRODI jpeg

Quella telefonata ebbe effettivamente luogo. Mentre eravamo a Montecitorio per una delle votazioni, il Vice Segretario del PD Enrico Letta mi disse che Prodi, in missione nel Mali, avrebbe desiderato parlarmi ma temeva che io potessi considerare indiscreta una sua telefonata, in quel delicato passaggio.

Fui io a rompere gli indugi, chiamando Romano. Fu una telefonata bella, nella tradizione dei rapporti leali tra Prodi e me. Uno scambio di punti di vista su che cosa il nuovo presidente della Repubblica avrebbe dovuto fare, nell'interesse del Paese. Prodi mi disse anzitutto che il suo orientamento era decisamente contrario ad uno scioglimento delle Camere. Gli dissi che questa era anche l'opinione di Scelta Civica e mia personale.

Sandra Zampa

Gli chiesi poi se fosse tuttora contrario ad una «grande coalizione», dato che in passato aveva sempre espresso una netta preferenza per il bipolarismo e per l'alternanza. Mi confermò di non avere cambiato opinione. Simmetricamente, gli dissi che Scelta Civica, e io personalmente, rimanevamo convinti della necessità di una «grande coalizione», come avevamo sostenuto anche nella campagna elettorale.

Constatammo perciò, senza sorpresa, che permaneva tra noi - accanto ad una visione in gran parte comune dei temi economici e politici dell'Italia e dell'Europa - una divergenza su un punto importante di strategia politica per il nostro Paese.

La telefonata si chiuse cordialmente come si era aperta. Non si arrivò, dato quanto ho sopra riferito, a menzionare alcun nome per la presidenza del Consiglio. Sandra Zampa avrebbe potuto evitare un'affermazione non veritiera e gratuita («da parte di Monti ci sarebbe stata la disponibilità a votare Prodi, se fossero state date garanzie sul reincarico a Monti stesso»), se si fosse presa la cura di contattarmi.

3- A PRODI DISSI CHE FACEVO IL PASSO INDIETRO MA NON POTEVO SPOSTARE VOTI
Lettera di Stefano Rodotà a "La Stampa"

Stefano Rodota

Poiché in questi giorni sono state fornite varie versioni del mio atteggiamento nei confronti della candidatura di Romano Prodi alla Presidenza della Repubblica, vorrei cercar di chiarire un po' meglio come sono andate effettivamente le cose. Quando, a prima mattina, mi fu annunciata la candidatura di Prodi, chiesi immediatamente ai capigruppo del Movimento 5Stelle di venire a casa mia perché intendevo definire la mia posizione.

Scrissi in loro presenza un breve comunicato nel quale, dopo averli ringraziati per il loro sostegno fino a quel momento, dichiaravo che non intendevo mantenere la mia candidatura qualora avessero deciso di votare per un altro candidato. A me sembrava, e sembra ancora, che tutto fosse chiaro. Il candidato era Prodi e di fronte a lui facevo un passo indietro, cosa che non avevo fatto di fronte agli altri candidati.

La formula da me adoperata significava evidentemente via libera per la candidatura Prodi, espressa nella forma garbata di chi era stato ripetutamente votato e non aveva certo il potere di trasferire su altri i voti ricevuti. Mai ho accennato a telefonate da parte di Bersani se non, forse, nella forma di una constatazione, e non certo subordinando ad essa una decisione da me presa del tutto liberamente.

DALEMA - OCCHETTO - BERSANI - LA GIOIOSA MACCHINA DA GUERRA

Salito poco dopo in treno, ho ricevuto una telefonata di Romano Prodi, che così mostrava una sensibilità divenuta merce rarissima, che si diceva rammaricato del fatto che ci trovassimo in contrasto. Risposi molto semplicemente che il contrasto non c'era, vista la dichiarazione che avevo fatto poco prima. Aggiungo che il mio «via libera» era stato espresso ai parlamentari di Sel quando, molto gentilmente, mi comunicarono che avrebbero votato Prodi, e non più me, aggiungendo che la candidatura di Romano mi sembrava che garantisse pienamente gli obiettivi per i quali avevo accettato di candidarmi.

PIERLUIGI BERSANI MASSIMO DALEMA

Poiché in questi giorni sono state fornite varie versioni del mio atteggiamento nei confronti della candidatura di Romano Prodi alla Presidenza della Repubblica, vorrei cercar di chiarire un po' meglio come sono andate effettivamente le cose. Quando, a prima mattina, mi fu annunciata la candidatura di Prodi, chiesi immediatamente ai capigruppo del Movimento 5Stelle di venire a casa mia perché intendevo definire la mia posizione.

BERSANI E D'ALEMA CHE FA' L'ORIGAMI

Scrissi in loro presenza un breve comunicato nel quale, dopo averli ringraziati per il loro sostegno fino a quel momento, dichiaravo che non intendevo mantenere la mia candidatura qualora avessero deciso di votare per un altro candidato. A me sembrava, e sembra ancora, che tutto fosse chiaro. Il candidato era Prodi e di fronte a lui facevo un passo indietro, cosa che non avevo fatto di fronte agli altri candidati.

ROMANO PRODI

La formula da me adoperata significava evidentemente via libera per la candidatura Prodi, espressa nella forma garbata di chi era stato ripetutamente votato e non aveva certo il potere di trasferire su altri i voti ricevuti. Mai ho accennato a telefonate da parte di Bersani se non, forse, nella forma di una constatazione, e non certo subordinando ad essa una decisione da me presa del tutto liberamente. Salito poco dopo in treno, ho ricevuto una telefonata di Romano Prodi, che così mostrava una sensibilità divenuta merce rarissima, che si diceva rammaricato del fatto che ci trovassimo in contrasto. Risposi molto semplicemente che il contrasto non c'era, vista la dichiarazione che avevo fatto poco prima.

Matteo Renzi

Aggiungo che il mio «via libera» era stato espresso ai parlamentari di Sel quando, molto gentilmente, mi comunicarono che avrebbero votato Prodi, e non più me, aggiungendo che la candidatura di Romano mi sembrava che garantisse pienamente gli obiettivi per i quali avevo accettato di candidarmi.