NON BASTANO I RICHIAMI DI MATTARELLA: TRA LETTA E SALVINI CONTINUANO A VOLARE GLI STRACCI – ENRICHETTO: “CHI NON CREDE NELL' EUROPA NON VEDO COSA CI FACCIA DENTRO UN GOVERNO COME QUESTO”, LA REPLICA DI SALVINI: “RESTO PER GLI ITALIANI E LETTA NON DIA LEZIONI. ESCA LUI DALL’ESECUTIVO VISTO CHE PERDE TEMPO CON PROPOSTE «DIVISIVE» COME IUS SOLI, DDL ZAN E VIA DICENDO” – IL SEGRETARIO DEM VOLA A BRUXELLES E DAL PD AMMETTONO CHE…
-Carlo Bertini per “La Stampa”
«Rimanere al governo ha sempre più senso, non perché ce lo chiede l' Europa, ma perché ce lo chiedono gli italiani», affonda il colpo Matteo Salvini. «Chi non crede nell' Europa non vedo cosa ci faccia dentro un governo come questo», reagisce Enrico Letta in missione a Bruxelles.
E meno male che solo martedì il capo dello Stato aveva detto (in altri termini, of course) che basta, non se ne può più di queste scaramucce.
«Non agitate le vostre idee, pensate al futuro, è tempo di ripartenza, non di scontri». Ultima tirata d' orecchi in ordine di tempo, dopo le scintille sulle riaperture, sul fisco, sulla giustizia. Caduta nel vuoto, come le precedenti. Passano 24 ore e ieri mattina riparte Capitan Salvini, uscendo dal Senato: «Letta lavori per costruire, non dia lezione agli altri». Prosegue il suo rivale, sferrando il fendente sulla inaffidabilità del Carroccio.
Dal Pd ammettono che Letta è fissato sulla «evidente difficoltà di Salvini di abbracciare l' orizzonte riformista del governo». Al punto da andare apposta a Bruxelles a dire che non c' è problema, pure se Salvini saltasse fuori per inseguire la Meloni, ci sarebbe la solida roccia del Pd cui ancorarsi.
I dem guardiani delle riforme
«L' Europa conti sull' appoggio del Pd alle riforme Draghi», garantisce dunque a Ursula von der Leyen, che il leader dem incontra nel suo studio a Bruxelles prima di andare a pranzo con David Sassoli, il presidente del Parlamento europeo, in un giro di incontri con Paolo Gentiloni e altri commissari europei.
Alla leader della commissione Ue, Letta consegna un messaggio di stabilità, «il Pd sarà guardiano delle riforme», qualunque cosa accada, promette, ovvero qualsiasi piega prenderanno gli eventi.
«Siamo consapevoli che le riforme della giustizia e del fisco sono condizione essenziale per avere i fondi europei».
Ma non è il solo a rivendicarlo, ora anche Salvini entra con i piedi nel piatto. «Forse è Letta che non si trova bene in maggioranza, se è così ne esca. Le riforme fondamentali - quella del fisco, con tasse basse, della giustizia, con processi veloci, della burocrazia, con l' azzeramento del codice degli appalti - nei prossimi mesi saranno una sfida epocale, fondamentale.
Noi stiamo dando il nostro contributo, spero che anche il Pd e il M5S facciano lo stesso». E per placare le ansie (o i desideri) degli alleati, che lo vedono fuori dal ring dell' esecutivo: «Noi siamo orgogliosamente parte di questo governo, e lo saremo fino alla fine». Anzi, incalza Salvini, Letta perde tempo con proposte «divisive» come ius soli, ddl Zan e via dicendo, «noi pensiamo a costruire».
Insomma, al levar del sole, ogni giorno i due leader della composita maggioranza di governo se le danno. I sondaggi li vedono quasi appaiati, Salvini teme che la Meloni lo superi in corsa, mentre vede scendere i suoi consensi, Letta teme di farle passare lisce al nemico, convinto che lo scontro premi. E si continua così, con il premier a fare da spettatore annoiato più che da arbitro.
E non è un mistero che il Pd vorrebbe vedere Draghi al timone fino al 2023, mentre la Lega lo vorrebbe spedire al Colle per poi correre alle urne. «Il concetto essenziale è che noi auspichiamo la continuità di governo», dice Letta.
Ma l' altro, cioè Salvini, prova a tessere la ragnatela dentro cui imbrigliare il Pd: «Se Draghi si proporrà per il Quirinale, noi lo sosterremo».