NON CI UCCIDERÀ IL VIRUS, MA LA BUROCRAZIA – IN CENTO GIORNI DI EMERGENZA IL GOVERNO HA EMANATO 160 PROVVEDIMENTI TRA DPCM, NOTE, ORDINANZE E CIRCOLARI: 1,6 AL GIORNO – UNA BULIMIA SENZA SENSO CHE NON FA ALTRO CHE COMPLICARE TUTTO. PER ESEMPIO: PER AVERE UN PRESTITO UN’AZIENDA DEVE PRODURRE UNA DOZZINA DI ADEMPIMENTI TRA CUI LA COPIA DEGLI ULTIMI BILANCI, IL DURC, IL DURF E IL DM 10. IN GERMANIA LA RICHIESTA SI FA ONLINE E DOPO QUALCHE GIORNO I SOLDI ARRIVANO SUL CONTO
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Sergio Rizzo per “la Repubblica”
Il dolore più straziante, per chi sopravvive a una persona cara, è dover rinunciare all' estremo saluto. Questo fino a quando il governo ha deciso di consentire nuovamente i funerali. Massimo quindici persone, hanno stabilito. E con tutte le precauzioni: giustissimo.
Peccato che il funerale non sia previsto come valido motivo per varcare i confini regionali. Dunque per essere in regola con la lettera a) del Dpcm 20 aprile 2020 che vieta i trasferimenti da regione a regione, chi vive a Torino e ha perso il fratello a Genova dovrebbe fare una istanza al prefetto perché la sua partecipazione alle esequie sia riconosciuta come circostanza di "assoluta urgenza" prevista dall' apposito (quarto) modulo di autocertificazione. In alternativa si può sempre rischiare la multa da 400 euro.
Sono così potenti gli anticorpi della nostra burocrazia da non temere nemmeno il coronavirus.
Nei cento giorni trascorsi dal 22 gennaio, data della prima circolare della Salute, la bulimia di carte ha progredito con un crescendo rossiniano. Al 30 aprile si contavano 160 provvedimenti, e senza la fittissima e contraddittoria normativa regionale. Decreti, circolari, ordinanze, note e comunicati: al ritmo medio di 1,6 provvedimenti al giorno. Una decina di decreti legge, 39 circolari più 19 ordinanze del ministero della Salute, 13 decreti del presidente del consiglio, 35 ordinanze della Protezione civile. E poi delibere, lettere e protocolli. Una regolamentazione asfissiante ma che spesso non ha dato alcuna certezza ai cittadini.
Prendiamo il famoso bazooka di Conte, quello degli strombazzati 400 miliardi di garanzie pubbliche. Nel decreto c' è una norma più urgente di ogni urgenza economica, il contributo di 25 mila euro alle piccole imprese che stanno asfissiando. Credete sia facile averli? In Germania il piccolo aiuto pubblico arriva direttamente sul conto corrente. Qui devi produrre la copia degli ultimi bilanci con relativi verbali, il dettaglio dei conti, la ricevuta di deposito alla camera di commercio, il Durc, il Durf, il Dm 10 e la situazione degli affidamenti bancari, i debiti tributari e le carte del mutuo o del leasing.
Una dozzina di adempimenti. Per non parlare poi dei bancari più furbetti, che dai 25 mila euro vorrebbero sottrarre l' esposizione pregressa. Hai 10 mila euro di debiti?
Bene, allora te ne diamo solo 15 mila È dovuta intervenire l' associazione bancaria per porre fine al giochetto indecente. Che però dimostra quanto la burocrazia statale sia contagiosa: basta leggere le torrenziali circolari della stessa Abi.
E pensare che quei 160 provvedimenti sono il frutto del paziente lavoro di legioni di raffinati giuristi.
In larga parte consiglieri di stato, la cui figura più rappresentativa è il capo dell' ufficio legislativo di palazzo Chigi Ermanno De Francisco. Navigatori esperti del procelloso e sterminato mare delle leggi italiane, ma che poi franano sui fondamentali. Come sul concetto di "prossimi congiunti" infilato nel decreto sulle riaperture per definire chi può ricominciare a frequentarsi, con moderazione.
«Concetto tanto fumoso che si è dovuta fare una circolare per precisare che trattasi di affetti stabili, principio ancora più impalpabile del precedente», ironizza un consigliere di stato che conosce bene i meccanismi legislativi. Cosicché la toppa si è rivelata peggiore del buco.
E possiamo solo immaginare la fatica del diligente giurista incaricatosi di vergare i geroglifici della lettera m) dell' articolo 13 del decreto 8 aprile 2020, che riguarda le cessioni e l' affitto di aziende. Testuale: «Il soggetto richiedente applica all' operazione finanziaria un tasso di interesse, nel caso di garanzia diretta o un premio complessivo di garanzia, nel caso di riassicurazione, che tiene conto della sola copertura dei soli costi di istruttoria e di gestione dell' operazione finanziaria e, comunque, non superiore al tasso di Rendistato con durata residua da 4 anni e 7 mesi a 6 anni e 6 mesi, maggiorato della differenza tra il CDS banche a 5 anni e il CDS ITA a 5 anni, come definiti dall' accordo quadro per l' anticipo finanziario a garanzia pensionistica di cui all' articolo 1, commi da 166 a 178 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, maggiorato dello 0,20 per cento». Sorvolando sulla punteggiatura, è un virtuosismo certo riferibile a un mandarino del ministero dell' Economia. Che si dev' essere impegnato a fondo. Per restare all' articolo 13, prendiamo un altro passaggio a caso. Comma 9: «All' articolo 111, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, le parole "euro 25.000,00" sono sostituite dalle seguenti: "euro 40.000,00".
Il Ministero dell' economia e delle finanze adegua il decreto ministeriale 17 ottobre 2014, n. 176 alle nuove disposizioni». Per capire di che si parla basta andarsi a rileggere il testo unico bancario del 1993.
Ma non si poteva scrivere direttamente che il limite dei finanziamenti del microcredito sale a 40 mila euro? Non esistono forse già dal 1988 norme che imporrebbero la chiarezza dei testi legislativi?
Non bastasse, dal testo si deduce che la norma si applica solo dopo l' adeguamento del relativo decreto ministeriale. Per la serie: la burocrazia prima di ogni cosa. Proprio nel momento in cui sarebbe invece necessario uno sforzo di buonsenso e fantasia. La risposta?
Un decreto monstre di 129.743 caratteri firme comprese.Quanto alla fantasia, ecco l' articolo 2, comma 1, lettera l) che rispolvera un polveroso armamentario della prima repubblica con l' istituzione dell' ennesimo comitato statale. Si chiama Comitato per il sostegno finanziario pubblico all' esportazione e ne fanno parte le alte burocrazie di ben sei ministeri. Assomiglia come una goccia d' acqua a quel Cipes, il Comitato interministeriale per la politica economica estera dove passavano i grandi (e non di rado più che discutibili) affari dell' export. Venne soppresso senza rimpianti alla fine del 1993 dal governo Ciampi, mentre infuriava Tangentopoli. Era proprio necessario riesumarlo?