NON È TUTTO BORIS QUELLO CHE LUCCICA – IL PREMIER BRITANNICO È SEMPRE PIÙ IN DIFFICOLTÀ PER LA GESTIONE DELL’EMERGENZA SANITARIA – È STATO PERDONATO PER AVER CAPITO TARDI LA GRAVITÀ DELLA SITUAZIONE A SUE SPESE (REMEMBER ‘IMMUNITÀ DI GREGGE’?) MA NON PER ESSERSI CIRCONDATO DI COLLABORATORI INCAPACI COME CUMMINGS, CHE È SCAPPATO DALLA QUARANTENA CON SINTOMI E MOGLIE POSITIVA…
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Articolo di Bill Emmott pubblicato da “la Stampa”
Ai profani sembrerà una farsa. Mentre l' economia britannica sta crollando, il Paese si sta indebitando enormemente e più di 39 mila persone, stando ai dati ufficiali, sono morte per il coronavirus, tutto il mondo politico e i media s' interrogano sul principale consigliere di Boris Johnson, Dominic Cummings: se sta mentendo, se ha infranto le regole del confinamento all' inizio di aprile, e se veramente ha fatto 90 chilometri solo per fare un controllo alla vista. Ed è davvero assurdo.
Ma il problema in realtà non riguarda le bugie o le regole del confinamento. Riguarda la fiducia nel governo britannico e la competenza del Primo ministro Johnson.
Ciò che colpisce in tutto il mondo riguardo alle dinamiche della politica ai tempi della pandemia è che non esiste una correlazione diretta tra i risultati in campo sanitario e l' indice di mortalità dei Paesi e la popolarità dei loro governi. Il Giappone, ad esempio, ha avuto meno di 900 morti e tuttavia i consensi per il suo primo ministro, Shinzo Abe, sono scesi ai minimi storici.
L' Italia e il Regno Unito hanno avuto complessivamente tassi di mortalità simili e i governi hanno commesso errori confrontabili nel non chiudere abbastanza presto le attività economiche, eppure l' indice di popolarità di Giuseppe Conte rimane a livelli elevati mentre quello di Boris Johnson è crollato.
È abbastanza comprensibile che, trattandosi di una crisi sanitaria ed economica senza precedenti nella nostra esperienza di vita, gli elettori non ritengano i governi direttamente responsabili di ciò che è accaduto e non si aspettassero comportamenti geniali o miracoli. Ma ciò a cui hanno dato peso sono una comunicazione chiara, un processo decisionale coerente e un' equità di fondo nella gestione di una crisi che colpisce tutti.
Ed è qui che Boris Johnson ha sbagliato quasi tutto. Come altri leader politici, ha tardato a comprendere la gravità della pandemia e quindi ad agire. Ma per questo è stato perdonato. Quando lui stesso si è ammalato e ha dovuto essere ricoverato in ospedale, la simpatia dell' opinione pubblica per lui e la sua famiglia è stata forte e sincera.
Ma già a quel punto sorgevano dubbi sulla chiarezza della sua linea d' azione e sulle competenze del suo governo, e questo perché la sua comunicazione sul virus e la risposta del sistema sanitario del Regno Unito continuavano a cambiare, o erano quantomeno contraddittorie.
Sia il Primo ministro che il suo ministro della Salute, Matt Hancock, hanno fatto grandi promesse, disattese, sulla rapidità con cui sarebbero stati messi a punto i test. Si sono sprecate le dichiarazioni patriottiche sulla velocità con cui l' industria britannica avrebbe fornito dispositivi di protezione individuale e ventilatori per terapia intensiva, e invece il tutto è risultato caotico e confuso.
Di fronte alle critiche che accusavano il Primo ministro e il suo team di esperti di non comunicare regolarmente con i media, il numero 10 di Downing Street ha organizzato un briefing quotidiano. Ma i messaggi hanno continuato a essere confusi.
Boris Johnson si è sempre considerato un trascinatore, non un uomo che si perde nei dettagli, ma un leader alla Winston Churchill, capace di essere fonte d' ispirazione per i colleghi e il partito. Durante questa crisi, però, sia prima che dopo la malattia, i suoi discorsi non sono riusciti a ispirare consenso o fiducia. La sua mancanza di padronanza dei dettagli ha sollevato dubbi sul fatto che capisca le politiche del suo stesso governo. Ora che l' opposizione laburista ha un nuovo leader, Sir Keir Starmer, che è un ex procuratore generale e quindi ha una superba padronanza dei dettagli, le lacune del primo ministro diventano spietatamente evidenti.
E questo ha portato la Gran Bretagna alla farsa di Dominic Cummings, un uomo che è per Johnson una versione molto più intelligente di ciò che Steve Bannon era per Donald Trump.
Da giorni il mondo politico si chiede ossessivamente se Cummings abbia infranto le dettagliate regole di contenimento della Gran Bretagna quando ha guidato per 420 chilometri fino alla tenuta dei genitori nel Nord dell' Inghilterra, per rimanervi, insieme alla moglie, come lui contagiata dal virus, durante la malattia.
E questo in un momento in cui ogni giorno il messaggio mandato ai media era lo stesso: state a casa. Per il pubblico britannico il caso Cummings è importante perché colpisce al cuore la loro fiducia in ciò che dice il governo e nel senso delle regole. Agli occhi di molti elettori Cummings non solo le ha infrante nella convinzione che non valessero per persone importanti come lui, ma ha anche mentito al riguardo. E, ancora peggio, il Primo Ministro Johnson non è riuscito ad agire con decisione per condannare questa violazione e punirla.
Perfino giornali di destra come il Daily Mail e il Daily Telegraph si sono rivoltati contro Boris Johnson e Dominic Cummings. I sondaggi d' opinione mostrano che c' è una chiara maggioranza di persone convinte che Cummings dovrebbe dimettersi. Non è certo se ciò accadrà.
Johnson probabilmente ha una maggioranza abbastanza forte in Parlamento per sopravvivere a una ribellione nel suo stesso partito e non ci saranno elezioni generali fino al 2024 ed elezioni locali fino al 2021. Quindi potrebbe pensare di potercela fare. Ma anche se l' esito non è chiaro, le implicazioni sono evidenti: la sua autorità personale ne è uscita catastroficamente danneggiata. Gli ci vorrà un miracolo o un colpo di genio politico per riprendersi.