NON SOLO DUGIN: TUTTI I MITOMANI INTORNO A "MAD VLAD" - ALEKSANDR DUGIN HA INDOTTRINATO A LUNGO PUTIN PER CONVINCERLO A INVADERE L’UCRAINA: “NON SI TRATTA SOLO DI DENAZIFICARE IL PAESE, È UNA BATTAGLIA CONTRO L’OCCIDENTE, CIOÈ L’ANTICRISTO” – MA L’IDEOLOGO ULTRA-CONSERVATORE È SOLO L'ESPONENTE PIU' IN VISTA DEL CERCHIO MAGICO DI PROPAGANDISTI DEL PRESIDENTE RUSSO – CI SONO DMITRY KISELYOV, DIRETTORE DELL'AGENZIA D'INFORMAZIONE ROSSIYA SEGODNYA, MARGARITA SIMONYAN, AD DI RUSSIA TODAY E IL FALCO PARANOIDE VLADIMIR SOLOVYOV...
-Tommaso Carboni per www.lastampa.it
Nello sforzo di contenere la Russia e il suo attacco ingiustificato all’Ucraina, l’Occidente ha imposto sanzioni di varia natura sulle persone che sostengono il regime di Vladimir Putin. In questa lista ci sono ministri e deputati, oligarchi e amici personali del presidente russo, comandanti militari e dirigenti di società statali. Ci sono anche noti propagandisti.
Il falco paranoide Vladimir Solovyov, tra l’altro proprietario di una villa sul lago di Como; c’è Dmitry Kiselyov, direttore dell'agenzia d'informazione Rossiya Segodnya; ci sono Margarita Simonyan, amministratrice delegata di Russia Today, e Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri, e Olga Skabeyeva, altra conduttrice tv pro Cremlino. Le sanzioni poi hanno colpito personaggi meno importanti come Artyom Sheinin o Sergei Brylyov.
Si può essere d’accordo o meno sul sanzionare i giornalisti più sfacciatamente pro Cremlino, punendoli in sostanza per le loro parole. Eppure non si può non accorgersi che c’è un intero gruppo di persone – intellettuali, che lavorano anche loro con parole e idee – che sono sfuggite quasi completamente al perimetro sanzionatorio occidentale. Lo fa notare un editoriale uscito poco fa sul Moscow Times, giornale online che aveva sede a Mosca e si è trasferito ad Amsterdam dopo l’invasione del 24 febbraio.
Vladislav Inozemtsev, l’autore dell’articolo, scrive che “le sanzioni, concentrandosi sui semplici propagandisti, hanno dimenticato obiettivi molto più importanti. Coloro che hanno creato l'ideologia russa moderna e l'hanno attivamente diffusa per anni non sono stati toccati”.
Si tratta di esperti di relazioni internazionali e politologi. Putin non è un dilettante impazzito, fa notare giustamente Inozemtsev, ma un leader che segue in modo abbastanza consequenziale il canovaccio tracciato da questo gruppo di intellettuali. Uno dei più noti è Sergey Karaganov: stretto consigliere prima di Boris Eltsin poi di Putin, preside della Facoltà di Economia e Affari Internazionali dell’Università di Mosca, è stato anche parte del direttivo internazionale del Council on Foreign Relations, uno più influenti think tank americani di politica estera.
Non c’è dubbio che appartengano a Karaganov molte delle idee con cui Mosca ha giustificato l’invasione dell’Ucraina. Come prima cosa, secondo Karaganov, il crollo dell’URSS avrebbe lasciato i popoli attorno alla Russia, compreso quello ucraino, privi di un vero senso di nazionalità e quindi incapaci di affermarsi come stati sovrani.
Da ciò deriverebbe la missione del Cremlino di costruire un’unione eurasiatica incentrata sul predominio di Mosca (anche per proteggere i diritti dei russofoni sparsi nella regione). Per far questo, afferma Karaganov, la Russia sarebbe autorizzata a riscrivere l’ordine della sicurezza mondiale ed europea, se necessario usando la forza.
“Oggi siamo entrati in un periodo piuttosto acuto, credo, di dieci anni di demolizione attiva delle regole del gioco creato dall'Occidente dopo il crollo dell'URSS”, ha detto Karaganov in un’intervista recente. E ha aggiunto: “Se mi chiedeste cosa vorrei ottenere alla fine, risponderò che non vorrei riprodurre nemmeno il sistema di Yalta, ma il ‘concerto delle grandi potenze’ che si è creato in seguito agli esiti delle guerre napoleoniche”.
Gli altri ideologi indicati dal Moscow Times sono Fyodor Lukyanov e Timofei Bordachev. Questo trio – scrive Vladislav Inozemtsev – insieme a Dmitry Suslov, Andrei Ilnitsky e Andrei Sushentsov ha glorificato per anni la svolta verso est della Russia, “sostenendo che l'alleanza di Mosca con Pechino avrebbe posto fine alla supremazia dell’America”.
Questi intellettuali sono gli ideatori della cosiddetta “dottrina Putin”, che – secondo Foreign Affairs – implica “il rovesciamento delle conseguenze del crollo sovietico”, e consiste nel “dividere l'alleanza transatlantica e rinegoziare l'assetto geografico che pose fine alla Guerra Fredda".
Tra gli strumenti di propaganda ideologica, spiega il Moscow Times, ha avuto un ruolo determinante il forum e think tank moscovita Valdai Discussion Club. Per anni questo club ha intrattenuto rapporti con accademici e politici occidentali, “influenzandoli - scrive Inozemtsev – “e portandoli in Russia per ‘dibattiti scientifici’ culminati in incontri annuali con Sergei Lavrov, Dmitry Medvedev e Vladimir Putin”.
C’è da dire che questi incontri avrebbero potuto anche essere utili, se solo i politici e gli accademici in questione avessero preso sul serio le idee dei loro colleghi russi. Il Moscow Times osserva che “a nessuno di questi brillanti visionari e pensatori è mai stato vietato di viaggiare in Europa e ancora oggi sono ospiti frequenti dei media occidentali”.
In alcuni casi – continua il Moscow Times - questi intellettuali russi starebbero cercando oggi di riposizionarsi nel mondo accademico occidentale, “se gli sforzi di Putin dovessero fallire”. Ma c’è almeno un politologo a cui questo cambio di casacca è sicuramente precluso.
È l’ultra reazionario Alex Dugin, il più radicale e appariscente del gruppo, colpito da sanzioni nel 2015 per aver fomentato le violenze in Donbass. Non è chiaro quanto la leadership russa lo ascolti davvero, anche perché l’Università di Mosca lo ha allontanato. All’indomani dell’invasione, Dugin ha spiegato in questi termini la guerra in Ucraina: “Non si tratta solo di denazificare il paese e proteggere il Donbass, è una battaglia contro l’Occidente, cioè l’Anticristo”.
In effetti la domanda posta dal Moscow Times è abbastanza legittima: che senso ha sanzionare persone come Maria Zakharova (portavoce del ministero degli Esteri russo), se poi si lasciano indisturbati i professori che l’hanno istruita in quel modo? All’Università statale per le relazioni internazionali di Mosca, secondo il Moscow Times, il rettore Anatoly Torkunov e professori come Alexei Podberyozkin “stanno facendo del loro meglio per trasformare l’ateneo in una fabbrica che produce sempre più laureati alla ‘Zakharova’ che insistono sulla supremazia russa e sul potere della forza, non delle regole, nella politica globale”.
Colpire intellettuali per le loro idee è sempre delicato e molto opinabile, ma la vera questione non è nemmeno questa. L’articolo del Moscow Times ci ricorda che alla base putinismo c’è un corpo di dottrine che si è sviluppato alla luce del sole negli ultimi 25 anni. "La guerra si spiega con decisioni maturate dentro lo stato russo”, ha spiegato lo storico Andrea Graziosi, docente all'Università di Napoli Federico II, autore di saggi sull’Unione Sovietica tradotti in tutto il mondo. “È davvero superficiale non leggere quello che dicono i russi del perché l’hanno cominciata. Non dicono che l’hanno fatto per paura della Nato, cui si accenna in qualche documento; dicono di averlo fatto per cambiare l’ordine mondiale nato nel 1991 e che questo era il momento giusto per farlo".