IL NUOVO MULINO BIANCO - IL PATTO DEL RIGATONE TRA RENZI E BERLUSCONI: GIULIANO AMATO


IL PATTO DEL RIGATONE TRA RENZI E BERLUSCONI
Massimo Vanni per "La Repubblica"

Questa volta non è solo una cortese stretta di mano. Matteo Renzi e Silvio Berlusconi s'incontrano al Teatro Regio di Parma, entrambi invitati da Barilla per il centenario del capostipite Pietro. E prima di sedersi a un paio di metri l'uno dall'altro in platea, Berlusconi in cima alla quarta fila alla destra del palco, Renzi in quinta dalla parte sinistra, si chiudono per quindici minuti in una saletta del teatro. Berlusconi arriva intorno alle 18.30, accolto da alcuni applausi e anche da qualche fischio da parte delle persone che si trovavano davanti al teatro.

RENZI E BERLUSCONI

Circa un'ora dopo arriva anche il sindaco, accompagnato da tre dei suoi parlamentari più fidati, tutti fiorentini: il suo ex vicesindaco Dario Nardella, Francesco Bonifazi e Maria Elena Boschi. Renzi tira dritto senza rilasciare dichiarazioni: la sua «molta amarezza» per le reazioni di Marini, Finocchiaro e altri esponenti del Pd, l'ha già consegnata alla Enews scritta a Palazzo Vecchio appena prima di partire. In fretta e furia: «Non posso mancare, i Barilla sono una delle grandi realtà industriali di questo Paese», ha spiegato Renzi lasciando Firenze in auto.

È la quinta volta che s'incontrano, il Cavaliere e il sindaco. Di fatto però, solo la seconda dopo quel tanto contestato pranzo ad Arcore del 7 dicembre 2010, se si esclude la stretta di mano allo stadio per Milan-Barcellona, quando Renzi volle salutare il suo amico Guardiola. Stavolta però il faccia a faccia si consuma nel bel mezzo di un passaggio politico delicatissimo per il Paese e per entrambi.

Giovanni Minoli

Berlusconi a caccia di un'intesa per il Quirinale, Renzi che detta le sue condizioni per il candidato del Pd, ormai convinto che la strada maestra sia quella del ritorno alle urne il prima possibile. «Ho visto che Berlusconi vorrebbe candidarsi, mi piacerebbe sfidarlo.
Non per mandarlo in galera, ma per mandarlo in pensione», aveva detto il giorno prima Renzi. E uno spavaldo Cavaliere raccoglie il guanto proprio all'ingresso del Teatro Regio: «Non ho un modo particolare di accogliere le sfide. Finora ne ho fatte sei e le ho vinte tutte, oramai ho l'abitudine a vincere».

Seduto vicino a Paolo Barilla, uno dei figli di Pietro, che dall'altra parte ha al suo fianco il presidente della Ferrari Luca di Montezemolo, Renzi assiste per tutto il tempo allo spettacolo ideato e condotto da Giovanni Minoli.

Ma non rinuncia a controllare di tanto in tanto sms e-email sul suo iphone. Mentre Berlusconi si distende e appoggia la testa sulla poltrona.Due ore di spettacolo, che ripercorre l'epopea di una famiglia industriale che oggi esporta i suoi prodotti in tutto il mondo.

Quindi la cena riservata, ai piani superiori del teatro. A cui partecipa Berlusconi. Ma non Renzi, che riparte subito per Firenze. «Con il presidente Berlusconi non abbiamo parlato di politica. Se Bersani ha delle questioni da affrontare le affronterà con Berlusconi e Berlusconi con Bersani», dice Renzi all'uscita.

«Io da queste dinamiche sono fuori, non sono membro del parlamento per scelta, non sono grande elettore non per scelta mia, e ho detto con chiarezza che l'importante è fare presto. Se si a votare che si decida subito, se si decide di fare un governo ci si metta d'accordo subito. Qualsiasi cosa decidano Berlusconi e Bersani o Grillo facciano presto perché l'Italia non si può permettere di perdere tempo», insiste Renzi. Che appena qualche ora prima aveva confessato la sua amarezza».

BERLUSCONI CON I BARILLA

«Sono ore convulse. Mentre il Paese vive una difficoltà economica evidente, aggravata dalla mancanza di speranza e di fiducia che lo stallo politico produce - scrive il sindaco nella sua Enews - il clima istituzionale appare teso. Mi dispiace che in questi giorni molti usino insulti che mi suonano incomprensibili».

E ancora: «Avverto molta amarezza. È personalmente mi sembra ingiusto essere attaccato così solo per aver detto quello che penso io e che pensano milioni di italiani». Renzi però non reagisce stavolta. Si ferma qui: «Se qualcuno vuole parlare la lingua dell'insulto si accomodi. Io non raccolgo. Finché mi sarà possibile continuerò a dare il mio contributo perché l'Italia torni a sperare. E mi impegnerò perché il Pd diventi un partito vincente ».