OBAMA CHE NEGA L’INGRESSO NEGLI USA A UNA FAMIGLIA DI MUSULMANI FA CAPIRE CHE LE “BATTUTE” DI TRUMP POSSONO DIVENTARE REALTÀ – PROBLEMI PER CHI NEGLI ULTIMI CINQUE ANNI HA VISITATO IRAQ, SIRIA, IRAN E SUDAN
Giuseppe Sarcina per il “Corriere della Sera”
Documenti e biglietti a posto. Tutto pronto per l’imbarco. Partenza dall’aeroporto londinese di Gatwick, destinazione Los Angeles. Mohammed Zahid Mahmood aveva speso novemila sterline per un viaggio con i suoi figli e quelli di suo fratello più piccolo. Undici persone sedute nella sala d’attesa: i ragazzi, di età compresa tra i 19 e gli otto anni, eccitati dall’idea di visitare Disneyland; i due adulti a ragionare sulla vita del loro fratello più grande, emigrato da tempo in California.
Era il 15 dicembre scorso. Il giorno prima a Los Angeles un allarme bomba, poi rivelatosi infondato, aveva spinto le autorità a chiudere le scuole. La famiglia Mahmood è musulmana. Il capo-comitiva, Mohammed, ha una lunga barba. Ma, come è normale, la polizia di frontiera britannica controlla solo la regolarità dei passaporti. E non solleva alcuna obiezione. Poco prima dell’imbarco, però, un imbarazzato ufficiale della dogana li va a cercare: «Mi spiace, ma non potete salire su questo aereo. Abbiamo ricevuto una chiamata da Washington e non vi permettono di imbarcarvi».
Nulla da fare, ha raccontato lo stesso Mohammed al quotidiano Guardian . La famiglia è tornata a casa. Prima di lasciare l’aeroporto i Mahmood hanno dovuto restituire tutti gli acquisti fatti nel «duty-free». La compagnia aerea Norwegian si è subito chiamata fuori, facendo sapere che non avrebbe restituito i soldi dei biglietti.
L’incidente è diventato un caso politico internazionale quando la deputata laburista, Stella Creasy, si è rivolta al premier conservatore David Cameron, invitandolo a protestare con l’amministrazione americana. E il primo ministro ha assicurato che «si sarebbe occupato a fondo della vicenda».
Stella Creasy, intervistata dalla Bbc, ha detto che gli Stati Uniti hanno negato il permesso di ingresso ad altri quattro cittadini britannici di fede musulmana. «Nessuno sa perché queste persone siano state bloccate — ha aggiunto la parlamentare britannica —. Conosciamo solo qual è il comune denominatore tra di loro. Tutti siamo d’accordo che si debba essere assolutamente vigili contro il terrorismo, ma deve essere chiaro che non possiamo agire sulla base di un pregiudizio».
Il 7 dicembre, quindi una settimana prima che i Mahmood dovessero rinunciare a Disneyland, il candidato repubblicano Donald Trump aveva scosso l’opinione pubblica mondiale: «Dobbiamo vietare l’ingresso dei musulmani nel nostro Paese». «Proposta contraria ai valori americani e agli interessi di sicurezza nazionale», aveva replicato la Casa Bianca.
Subito dopo l’attacco al centro per disabili a San Bernardino, il 2 dicembre in California, i controlli sono stati rafforzati sia sul territorio americano, sia nei consolati, allungando le procedure di rilascio dei visti, sia, infine, alle frontiere. Un portavoce della Dogana statunitense precisa che ci possono essere diverse ragioni per vietare anche all’ultimo momento l’ammissione negli Stati Uniti di un cittadino straniero. Dai problemi di salute ai precedenti penali. Ma è indubbio che queste valutazioni discrezionali siano ora diventate più severe.
Potrebbe essere solo l’inizio. Il Congresso ha appena approvato una legge, già firmata dal presidente Barack Obama e quindi immediatamente esecutiva, che introduce una serie di restrizioni nel «visa waiver», il programma che permette ai cittadini di 38 Paesi (compresa la Gran Bretagna e l’Italia) di entrare negli Stati Uniti compilando un semplice modulo, l’Esta (Electronic system for travel authorization).
Da ora non sarà più così per coloro che negli ultimi cinque anni abbiano visitato Iraq, Siria, Iran e Sudan. Chi ha sul passaporto il timbro di uno di questi quattro Paesi, dovrà sbrigare le pratiche per ottenere un visto dal Consolato americano.