OBTORTO COLLE – IL SILENZIO DEL QUIRINALE CHE SI TIENE FUORI DALLE DISCUSSIONI SULLA RIFORMA COSTITUZIONALE SUL PREMIERATO VOLUTA DA GIORGIA MELONI - DI FRONTE A UN ESITO FAVOREVOLE DELL’EVENTUALE REFERENDUM, COSA FARÀ IL CAPO DELLO STATO? MATTARELLA POTREBBE DIMETTERSI - E POI CI SONO I TEMPI DELLA RIFORMA A TENERE SULLA CORDA CHI TEME UN'USCITA DI SCENA ANTICIPATA DELLA "MUMMIA SICULA" - L'ARTICOLO 5 DEL DDL RECITA...
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Giovanna Casadio per “la Repubblica” - Estratti
La presentazione alle Camere del disegno di legge costituzionale sarà autorizzata nei prossimi giorni. Stop. È quanto si limitano a dire dal Quirinale in queste ore. A chi lo chiama in causa, Sergio Mattarella, che questa settimana sarà in Corea del Sud e Uzbekistan per una visita istituzionale, oppone un silenzio senza aggettivi: né gelido, né irritato, men che meno compiacente.
Semplice silenzio, sulla riforma che assegnerà all’Italia l’inedito sistema di elezione diretta del premier e che, inevitabilmente, riguarda anche il Quirinale. Nonostante le rassicurazioni della ministra Elisabella Casellati - che afferma di avere usato il bisturi per non toccare i poteri del presidente della Repubblica - l’equilibrio dell’ordinamento disegnato dai padri costituenti, è saltato.
Se il premierato passasse in Parlamento con la maggioranza semplice, e non dei due terzi, di fronte a esito favorevole del conseguente referendum, cosa farà il presidente?
Mattarella non si fa distrarre dal dibattito. Ma timori e dubbi su sue possibili, future dimissioni a riforma approvata, agitano i partiti e dividono i costituzionalisti.
Un giurista molto vicino a Mattarella, il dem Stefano Ceccanti taglia corto: «La battaglia e lo scontro sul premierato non è cosa che possa riguardare il Quirinale: è un problema delle forze politiche». Per Francesco Clementi, giurista molto critico sulla riforma costituzionale del governo Meloni, è evidente che il disegno di legge «mette all’angolo la figura del capo dello Stato, chiunque lui sia».
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Cautela da Andrea Giorgis, costituzionalista e capogruppo dem in commissione Affari costituzionali: «È una riforma talmente pasticciata che voglio vedere se arriverà all’approvazione prima alle Camere e poi nel referendum confermativo. Figuriamoci se adesso Mattarella deve finire in queste discussioni! ».
Ma Massimo Villone, presidente del Coordinamento per la democrazia costituzionale, giurista che ha condotto la battaglia nel Comitato per il No alla riforma di Renzi, ammette “apertis verbis” che un problema si porrebbe per il presidente della Repubblica, dal momento che diventerebbe «il disoccupato del Quirinale».
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E poi ci sono i tempi della riforma a tenere sulla corda chi teme un addio anticipato di Mattarella. L’articolo 5 del ddl recita: “la presente legge costituzionale si applica dalla data del primo scioglimento delle Camere successivo all’entrata in vigore dell’elezione diretta del premier”. A quel punto - e salvo elezioni anticipate - nel 2027, a due anni dalla fine del mandato di Sergio Mattarella, come si concilierà la popolarità che al presidente riconoscono gli italiani, con le nuove regole?