E ORA SI APRE L’EURO-SUK - VON DER LEYEN DEVE CERCARE I VOTI PER LA RICONFERMA E NON ESSERE AFFOSSATA DAI FRANCHI TIRATORI – EVAPORATA L’IPOTESI DI UN ACCORDO CON GIORGIA MELONI, CHE E’ STATA SBATTUTA ALL’OPPOSIZIONE DALL’ASSE SCHOLZ-MACRON-TUSK, URSULA DOVRA’ DIALOGARE CON I VERDI (CHE IL PPE NON AMA PER IL LORO NAZI-ECOLOGISMO) – LA PRESIDENTE CERCHERA’ I VOTI DEL M5S, CHE HA 8 VOTI – L’IPOTESI DI UNA INTESA “SEGRETA” CON FRATELLI D’ITALIA (CHE VERREBBE SUBITO SCOPERTA) – VENGHINO, SIGNORI: VON DER LEYEN PROMETTERA’ A TUTTI POLTRONE E “INTESE PROGRAMMATICHE”
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Estratto dell’articolo di Claudio Tito per “la Repubblica”
«Meloni e Orbán adesso potrebbero tentare di tutto per farti cadere a Strasburgo». Giovedì notte, dopo il via libera del Consiglio europeo alle nomine Ue, il messaggio lanciato a Ursula von der Leyen da diversi capi di Stato e di governo, tra cui il francese Emmanuel Macron, è stato questo. Italia e Ungheria sono ormai all'opposizione nel consesso dell'Unione.
E la presidente designata della Commissione deve affrontare il voto del Parlamento europeo, previsto per il 18 luglio, costruendo una rete di sicurezza intorno alla sua maggioranza composta da Ppe, Pse e Renew. Da tessere nei prossimi venti giorni chiedendo voti a largo spettro. Con interlocutori privilegiati - i Verdi - e secondari - deputati non iscritti a gruppi. Il punto di partenza è numerico.
La maggioranza "tripartita" può contare su 399 dei 720 europarlamentari. In teoria, quindi, ben al di sopra della maggioranza assoluta richiesta di 361 seggi. Ma quel margine di 38 voti potrebbe non essere sufficiente. Tradizionalmente la quota di franchi tiratori nell'Eurocamera è piuttosto alta. Almeno del 10 per cento. Vuol dire che quei 399 "sì" potrebbero diventare meno di 360. Per cautelarsi, dunque, von der Leyen deve cercare consensi personalmente altrove. E metterà sul tavolo aperture "programmatiche" e anche qualche "poltrona".
La prima sponda sarà quella degli ambientalisti. Su questo fronte spingono soprattutto i socialisti. Si tratta, però, di un terreno scivoloso, perché i popolari non sono per niente favorevoli ad aprire a un'intesa strutturata con gli ecologisti. Il Green Deal ha un peso nella posizione del Ppe. La capa dell'esecutivo europeo è semmai pronta a intavolare un negoziato con alcune singole delegazioni nazionali dei Verdi. Da quella tedesca, che conta 16 deputati, a quella olandese (6), fino a quella spagnola (4) e italiana (3). Non si tratterebbe di un coinvolgimento diretto nella maggioranza ma di un "appoggio esterno" ricompensato con qualche concessione tematica e alcuni "incarichi": gli "inviati speciali" nominati dalla Commissione.
La presidente della esecutivo Ue ha spiegato di volere aprire un canale di comunicazione anche con l'ex premier italiano e leader M5S, Giuseppe Conte (ad ora contrario): i grillini sono 8 e al momento figurano tra i non iscritti. Spera poi che Smer, il partito del premier slovacco Fico - che giovedì notte ha votato a favore - torni tra i socialisti e quindi metta a disposizione i suoi eletti (5).
Poi c'è il capitolo-destra. In particolare quello del gruppo Ecr, i Conservatori di cui fa parte Fratelli d'Italia. Ursula non vuole chiudere il rapporto con Meloni ma sa di non poter più costruire con lei una intesa programmatica e politica. Soprattutto dopo la scelta adottata dalla presidente del Consiglio nei suoi confronti. Nei progetti di Palazzo Berlaymont c'è ancora l'intenzione di chiedere i voti a FdI e non all'Ecr. Puntualizzando che si tratterebbe di una collaborazione solo istituzionale.
Nello staff di Ursula, c'è chi propone di stringere un patto segreto a tal proposito con Palazzo Chigi. Il senso del ragionamento è questo: datemi i voti (24) senza rendere pubblica la vostra disponibilità e io sarò generosa con il portafoglio da affidare al commissario italiano. Ma molti si chiedono se un accordo di questo tipo, che coinvolge tanti soggetti, possa davvero rimanere riservato. Poco probabile.
Si tratta di un confronto, dunque, molto difficile e molto rischioso. Anche perché la risposta fornita in queste ore da FdI è piuttosto esigente: «Vogliano una vicepresidenza esecutiva e vogliamo che la commissaria spagnola, l'attuale ministra socialista Ribera candidata alla Transizione ecologica, non ottenga anche la vicepresidenza». Pretesa inaccettabile, anche perché i socialisti sono organicamente in maggioranza e il primo ministro spagnolo Sanchez è stato tra i "main sponsor" di Ursula.
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