ORA SÌ CHE SIAMO COMMISSARIATI: CON L’ENTRATA IN VIGORE DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ, L’AGENDA DI GOVERNO LA DECIDE BRUXELLES – PER SPALMARE IL NECESSARIO RISANAMENTO DEI CONTI SU SETTE ANNI INVECE DI QUATTRO (SIGNIFICA TAGLIARE 13 MILIARDI L’ANNO E NON 24), IL GOVERNO DOVRA’ PRESENTARE UN DETTAGLIATO PIANO DI RIFORME DI CUI SIA POSSIBILE CONTROLLARE L’ATTUAZIONE, NEI TEMPI E NEI RISULTATI: SERVIRA’ L’INDICAZIONE DI PRECISI PROGETTI DI INTERVENTO, CHE SARANNO VALUTATI OGNI SEI MESI PER I PROSSIMI SETTE ANNI, PENA IL NO ALLA DILUIZIONE DEL PIANO DI RISANAMENTO…
-Estratto dell’articolo di Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
Da sempre la presentazione della legge di stabilità a Bruxelles è stata un compito del ministro dell’Economia e senz’altro anche nelle prossime settimane Giancarlo Giorgetti avrà un ruolo di primo piano. La novità, però, è che stavolta, per il Piano fiscale e strutturale da inviare alla Commissione europea, non potrà fare tutto il ministro dell’Economia. Il punto di riferimento nel confronto con la Commissione e gli altri governi europei sarà lui, ma Giorgetti dovrà prendere degli impegni di legislatura (e oltre) su giustizia, concorrenza, fiscalità, che implicano il lavoro di tutti i settori principali del governo.
Solo così l’Italia potrà approfittare dei margini delle nuove norme europee di finanza pubblica e diluire la riduzione del deficit e del debito in sette anni, anziché in quattro.
[…] Il nuovo Patto di stabilità prevede un ciclo di risanamento dei conti concentrato in quattro anni, che implicherebbe per il governo una stretta sostanziale da circa 24 miliardi di euro l’anno fino al 2028. La soppressione della crescita e i costi in termini di consenso per le forze di maggioranza sarebbero sostanziali.
Per spalmare lo sforzo su sette anni, con una correzione da circa 13 miliardi l’euro l’anno, il governo deve dimostrare a Bruxelles che seguirà anche una politica che incentiva la produttività, rafforza il potenziale e dunque espande di più l’economia, in prospettiva, in proporzione al debito pubblico. Per questo nelle prossime settimane il governo non deve presentare a Bruxelles semplicemente un piano di bilancio: deve inserirlo in un progetto credibile di riforme che arriva fino al 2031, oltre la scadenza della legislatura.
Non si tratterà di un passaggio solo formale. Non basta l’invio a Bruxelles di poche decine di pagine di buoni propositi copiati da vecchi documenti salvati nei computer di qualche funzionario ministeriale. La Commissione europea si aspetta qualcosa di più, prima di poter raccomandare agli altri ministri delle Finanze europei di concedere all’Italia la spalmatura del risanamento italiano sui sette anni.
Quel che si aspetta a Bruxelles è un progetto di cui sia possibile controllare l’attuazione, nei tempi e nei risultati: dovrebbe esserci l’indicazione di precisi progetti di intervento, semestre per semestre dei prossimi sette anni, uniti ai risultati misurabili che con essi si intendono raggiungere. Il modello è quello delle riforme del Piano nazionale di ripresa e resilienza, anche se non allo stesso livello di dettaglio. Nel caso del Pnrr, al raggiungimento degli obiettivi corrisponde l’esborso delle rate dei fondi.
Nel caso del Patto di stabilità, alle riforme semestre dopo semestre — dimostrabili e misurabili nelle leggi e negli effetti –— corrisponderebbe per l’Italia la possibilità di restare nel piano di risanamento sui sette anni e non dover passare al piano concentrato su quattro. La struttura più diluita, infatti, non è accettata una volta per tutte all’inizio, ma sarà sottoposta a un monitoraggio sulla realizzazione ogni sei mesi. In sostanza, quella può diventare la nuova agenda del governo.
L’inizio sarà più facile, perché per i primi due anni (2025-2026) le riforme del Patto di stabilità coincideranno con quelle concordate con il Pnrr. Poi però l’Italia dovrà inserire un nuovo calendario di interventi per accelerare i tempi della giustizia, misure a favore della concorrenza, per esempio nel commercio al dettaglio o nelle professioni, lo spostamento della pressione fiscale dal lavoro a fattori meno produttivi con l’aggiornamento del catasto. Quest’ultima, almeno, è fra le raccomandazioni che la Commissione rivolge all’Italia. Alcune di queste misure sono impopolari nella maggioranza. Ma Bruxelles avrà una leva per sostenerle grazie alla concessione del piano di risanamento diluito in sette anni che (almeno in teoria) potrebbe ritirare. […]