OTTANTA VOGLIA DI MATTARELLA – UGO MAGRI: “GUAI A CONSIDERARE MATTARELLA UN PRESIDENTE ‘DIMEZZATO’ DAL SEMESTRE BIANCO” – “LA COINCIDENZA DEL DOPPIO ENERGICO INTERVENTO COL GIORNO DEL COMPLEANNO NON È CASUALE. PUÒ SIGNIFICARE CHE NON STIAMO VIVENDO TEMPI NORMALI E, DUNQUE, C'È POCO DA FESTEGGIARE. ALTRA POSSIBILE INTERPRETAZIONE: FINO ALL'ULTIMO ISTANTE DEL SUO MANDATO, L'ATTUALE INQUILINO DEL COLLE SI REGOLERÀ COME SE FOSSE IL PRIMO. CONTRO GLI IRRESPONSABILI, IL PRESIDENTE POTREBBE SFODERARE L'ARMA FINALE..."
-Ugo Magri per “La Stampa”
Ma come, non doveva spegnere le candeline? Nel giorno dell'ottantesimo compleanno, Sergio Mattarella spiazza chi pensava di sublimarlo nel ruolo (politicamente innocuo) del «Nonno d'Italia», che tanto ancora potrebbe dare alla Repubblica se non fosse purtroppo anziano e alla vigilia del «semestre bianco», dunque incamminato verso un lungo addio.
Proprio mentre lo sommergono i messaggi di auguri, e perfino la squadra olimpica glieli canta da Tokyo, il festeggiato interviene energicamente due volte.
La prima di mattina per calmierare le tensioni sulla giustizia, rinviando un dibattito al Csm sulla riforma Cartabia che avrebbe versato altra benzina sul fuoco delle polemiche.
Se ne discuta, certo, però in un clima sgombro da faziosità: così fa intendere il Capo dello Stato, deludendo chi vorrebbe trasformare l'organo di autogoverno delle toghe in un ariete contro il governo.
La seconda volta il presidente si fa sentire nel pomeriggio, chiarendo che mai più consentirà stravolgimenti tipo quello appena subito dal decreto «Sostegni-bis», dove il testo originale di ben 479 commi è quasi raddoppiato durante l'esame parlamentare perché i nostri eroi, deputati e senatori di qualunque colore, hanno fatto a gara nell'aggiungere voci di spesa che nulla c'entravano con il Covid ma semplicemente volevano attingere al fiume dei denari europei. Uno sconcio che nessuno ha impedito.
Se i presidenti delle due Camere non vigileranno in futuro contro gli emendamenti «omnibus», e se lo stesso governo non alzerà barricate per impedire l'assalto alla diligenza, alla prima occasione Mattarella rifiuterà di metterci (oltre alla firma) la faccia: circostanza che potrebbe materializzarsi già con il «decreto Semplificazioni» su cui stanno scatenandosi i peggiori appetiti.
Due segnali, insomma, lanciati nello stesso giorno. Per un Capo dello Stato considerato agli sgoccioli, davvero non c'è male. La coincidenza col giorno del compleanno di sicuro non è casuale, e si può intenderla in molti modi.
Ad esempio può significare che non stiamo vivendo tempi normali, per troppi italiani la strada rimane in salita e, dunque, c'è poco da festeggiare (in serata Mattarella ha ringraziato per gli auguri considerandoli un pegno di affetto per la Repubblica, prima che alla sua persona).
Altra possibile interpretazione dell'attivismo presidenziale nel giorno del presunto pensionamento: fino all'ultimo istante del suo mandato, l'attuale inquilino del Colle si regolerà come se fosse il primo.
Sbaglierebbe chi pensasse di trasformare il «semestre bianco» in un Vietnam per il governo e per le stesse istituzioni parlamentari.
È vero, dal prossimo 3 agosto Mattarella non avrà più il potere di sciogliere anticipatamente le Camere.
Gli mancherà quel convincente argomento di persuasione che consiste nel mandare tutti a casa o minacciare di farlo. Ma guai a considerarlo per questo un «ex», un presidente «dimezzato».
L'uomo conserva mille altri modi per farsi rispettare; chi li sottovaluta, ignora l'arsenale di super-poteri che la Costituzione assegna al capo dello Stato.
Se lo scontro nella maggioranza superasse i livelli di guardia, se la frenesia propagandistica mettesse a rischio i finanziamenti Ue e la campagna vaccinale, a Mattarella non mancherebbero gli strumenti per suonare la campanella di fine ricreazione.
Al limite, segnala il professor Francesco Clementi, con il gesto traumatico delle dimissioni che spezzerebbero l'incantesimo del «semestre bianco» e spalancherebbero la strada a nuove elezioni.
Contro gli irresponsabili, come estremo antidoto al caos, il presidente potrebbe sfoderare l'arma finale. Ma non ce ne sarà bisogno.