LA PAGLIACCIATA DI CONTE: UNA CRISI AL BUIO PER COSA? ALLA FINE LE VITTIME DELLE MANOVRE LISERGICHE DELLA POCHETTE, CHE FA VENIRE GIU’ IL GOVERNO SUL TERMOVALORIZZATORE DI ROMA, SONO I 5 STELLE – IN CASO DI VOTO ANTICIPATO, IL FLOP ALLE URNE E’ ASSICURATO: IL MOVIMENTO E’ DATO SOTTO IL 10%. INTANTO IL M5s CONTINUA A PERDERE PEZZI. LA SENATRICE CINZIA LEONE PASSA CON DI MAIO (CHE SPARA A ZERO CONTRO CONTE). SI PARLA DI ALTRE 8 USCITE TRA CUI IL MINISTRO D’INCA’ E CANCELLERI SE NON VERRA’ CANDIDATO PER LA REGIONE SICILIA
-Andrea Bulleri per il Messaggero
Un silenzio assordante. Gelo nelle chat, zero post sui social, bocche cucite di fronte ai microfoni. Almeno fino all'ennesima riunione del consiglio nazionale, il vertice ristretto dei colonnelli grillini convocato da Giuseppe Conte alle 8 di sera. La notizia delle dimissioni di Mario Draghi piomba come un fulmine a ciel sereno nel Movimento. E tra deputati e senatori M5S produce la stessa reazione di chi, a un passo dal tagliare il traguardo, si vede superare in volata dall'avversario che considerava già fuori partita.
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Qualcuno, dalle parti dei dimaiani, si mette a fare i conti in tasca agli ex colleghi: «Otto-nove mesi di stipendio in meno, più 15 mila euro a testa per riscattare quello che manca per arrivare alla pensione, se la legislatura finisse prima del 24 settembre... Alcuni di loro è il commento affilato si saranno già pentito di non aver votato la fiducia». Anche perché i sondaggi sono tutt' altro che ottimistici: in caso di voto, il Movimento raggranellerebbe circa il 10 per cento dei consensi. «Sperano in 9 mesi di campagna elettorale per risalire» attacca Luigi Di Maio. Che contro l'ex leader è un fiume in piena: «I dirigenti M5S pianificavano da mesi l'apertura della crisi affonda. Quello ormai non è più il Movimento, ma il partito di Conte».
LA PISTOLA L'irritazione corre anche tra le colombe grilline, per i modi e i tempi con cui si è arrivati alla rottura. Per quella «pistola di Sarajevo», come l'aveva definita Enrico Letta, che con un singolo sparo innesca conseguenze imprevedibili. Tra chi invece rivendica lo strappo c'è il vice capogruppo Gianluca Ferrara: «In molti pensavano che alla fine avremmo ceduto. Non è andata così. Sui nostri 9 punti non abbiamo avuto risposta». Mentre Gianluca Castaldi, altro senatore barricadero, arrivando a Campo Marzio per il consiglio nazionale della sera lancia sorrisi e baci ai giornalisti.
È il clima che prevale, nel Movimento. Perché ormai il dado è tratto, e tornare indietro non si può. «Calma e sangue freddo», è la linea ufficiale dopo le dimissioni del premier. «Vediamo che farà Draghi mercoledì. Se il governo va avanti è il ragionamento conteremo più di prima. Se invece continuano senza di noi, si consegnano alla Lega». E se invece si va dritti alle urne? Eccola, la grande paura che gela l'allegria di naufragi della vittoria.
IL MOVIMENTO PERDE PEZZI: UNA SENATRICE CON DI MAIO VOCI SU NUOVI TRANSFUGHI
Caris Vanghetti per il Messaggero
L'uscita dal Senato dei senatori del M5S ha provocato una grave frattura nei gruppi parlamentari grillini ma la valanga attesa da molti non è destinata a staccarsi nell'immediato futuro. Gli effetti più significativi si vedranno solo a partire dalle prossime settimane e ci vorranno mesi perché il processo si compia. Anche se ieri c'è già stato un primo addio al Movimento 5 Stelle a Palazzo Madama. La senatrice Cinzia Leone, al Foglio, ha spiegato di sentirsi «delusa da Conte» e di essere «frustrata dalle politiche del mio ex partito». Per questo la Leone ha annunciato di volersi iscrivere al parlamentare di Luigi Di Maio (Insieme per il Futuro).
I MALPANCISTI Nei giorni scorsi si era parlato di altri 7 o 8 senatori pronti a lasciare il gruppo dei pentastellati e, in questo caso, ciò che stupisce è che tra questi ci siano non solo i nomi di parlamentari al secondo mandato (e quindi non ricandidabili secondo le regole di Beppe Grillo) come Sergio Puglia, ma anche di neo eletti come Angela Anna Bruna Piarulli, che potrebbero avere la possibilità di essere ricandidati. E questo significa che il malcontento nel partito di Giuseppe Conte è dilagante e, lo è a tutti i livelli.
Infatti, le linee di frattura che l'ex premier pentastellato deve tenere sotto controllo sono diverse. A meno che il vero obiettivo di Conte (o di Grillo) non sia quello di favorire il dimagrimento numerico dei parlamentari grillini per aver un miglior controllo delle truppe, oltre che per avere più posti sicuri in lista da assegnare ai fedelissimi dell'ex premier.
I pericoli per Conte sono molteplici. Il primo è lo stop di Grillo alle deroghe per consentire la ricandidatura dei parlamentari che hanno già fatto due mandati, e tra questi ci sono nomi di peso come il presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico, il ministro per le Politiche Giovanili, Fabiana Dadone, e il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà, che prima ha detto a Conte di essere contrario all'idea di far disertare ai senatori pentastellati il voto in Senato e poi ha provato in tutti i modi a convincere il presidente del Consiglio a non porre la questione di fiducia sul decreto Aiuti.
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IL FATTORE SICILIA L'altro elemento critico per la tenuta dei gruppi parlamentari del Movimento 5 Stelle è rappresentato dal risultato delle elezioni regionali in Sicilia del prossimo novembre. In questo caso se non dovesse arrivare il via libera di Conte alla candidatura di Giancarlo Cancelleri (anche lui al secondo mandato) per tentare la scalata alla guida della Regione, i parlamentari vicini al leader siciliano, inclusi i consiglieri regionali, potrebbero decidere di cambiare gruppi parlamentari alla Camera, al Senato e in Sicilia.