A PALAZZO MADAMA IL MARGINE E’ RISICATO, ECCO PERCHE’ FRATELLI D’ITALIA VUOLE BLINDARE IL SENATO AFFIDANDONE LA PRESIDENZA A IGNAZIO LA RUSSA (ALLA LEGA ANDREBBE LA PRESIDENZA DELLA CAMERA) - IL VERO TERRENO DI SCONTRO DI QUESTE ORE, PERÒ, RIGUARDA LA CASELLA DA AFFIDARE A LICIA RONZULLI - GIORGIA MELONI NON LA VUOLE ALLA SANITÀ, MA BERLUSCONI INSISTE: DEVE SEDERE IN CONSIGLIO DEI MINISTRI PERCHE’ LA CONSIDERA SENTINELLA DELLE SUE RAGIONI - IL CAV SI BATTE PER LEI PIÙ CHE PER ANTONIO TAJANI E PAOLO BARELLI…
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Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”
Risolvere l'incastro delle Presidenze delle Camere, aggrapparsi a un punto fermo in giorni governati da silenzi e tensioni tra alleati. Giorgia Meloni ha in mente uno schema, elaborato nelle ultime ore. Prevede di riservare a Fratelli d'Italia la presidenza del Senato. Di scegliere Ignazio La Russa come seconda carica dello Stato. E di affidare alla Lega la guida di Montecitorio. L'opzione naturale portava a Giancarlo Giorgetti. Sul punto, però, Matteo Salvini si è mostrato irremovibile: non se ne parla, il profilo lo scelgo io.
La mediazione potrebbe dunque condurre a Riccardo Molinari, che nell'ultima legislatura ha vestito i panni di capogruppo del Carroccio alla Camera. A quel punto, nascerebbe l'esigenza di compensare Forza Italia con un incarico di peso. E si potrebbe decidere di offrire ad Antonio Tajani il ministero dell'Interno o quello degli Esteri.
Quello sulle presidenze non è un accordo blindato, anzi: mancano dieci giorni all'avvio delle votazioni e ogni bozza sembra scritta con l'inchiostro simpatico. Meloni, però, ritiene prioritario garantirsi Palazzo Madama, un presidio fondamentale nel ramo del Parlamento dove si prevedono le maggiori tensioni. È l'unico modo per accelerare anche sull'esecutivo.
«Bisogna cercare di fare presto - dice a sera - ci sono troppe scadenze importanti». Con questo spirito affronta il rebus della lista dei ministri e la prospettiva di consultazioni che - sostiene - potrebbero portare una delegazione unitaria del centrodestra al Colle.
La Lega è alle prese con il caso di Matteo Salvini. Il segretario chiede il Viminale, ma sa bene che alla fine dovrà accontentarsi di una delega minore: l'Agricoltura, forse, pretendendo in cambio anche il ruolo di vicepremier.
Il vero terreno di scontro di queste ore, però, riguarda la casella da affidare a Licia Ronzulli. Meloni non la vuole alla Sanità, ma Berlusconi insiste: deve sedere in Consiglio dei ministri. La considera sentinella delle sue ragioni. Lotta per lei più che per Antonio Tajani e Paolo Barelli, un altro dei papabili. E lo scontro rallenta la trattativa. Di certo la senatrice non intende accettare un ministero di fascia troppo bassa. Piuttosto, non è da escludere che diventi capogruppo di FI a Palazzo Madama. Una postazione dalla quale esercitare quel ruolo politico che le chiede il Cavaliere. E che potrebbe procurare qualche grattacapo alla futura premier.
Ma non è tutto. In queste ore, il dialogo tra Meloni e l'attuale ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani è costante. I due si sentono. L'opzione di mantenerlo nel prossimo esecutivo stride però con la promessa della leader di rinnovare del tutto il Consiglio dei ministri. A meno che non si decida di smembrare il dicastero, lasciando a Cingolani soltanto la delega sull'energia.
A complicare ulteriormente il quadro pesa il braccio di ferro sul numero dei ministri non politici da arruolare in squadra. «Leggo cose surreali che poi dovrei commentare, consiglierei prudenza», prova a frenare Meloni, quando le chiedono dei tecnici. Ma neanche lei nega esplicitamente di aver chiesto agli alleati opzioni di alto livello, profili credibili, esperti d'area. Uno, per la Giustizia, risponde al nome di Carlo Nordio. Meloni lo vuole in squadra, nonostante la richiesta leghista di garantire quella casella a Giulia Bongiorno. Si tratterebbe di un altro schiaffo a Salvini, anche se la parlamentare potrebbe essere recuperata nel dicastero della Pubblica amministrazione.