1. PALOMBELLA ROSSA! “DAL ’94 AL TRADIMENTO DEI 101 COSÌ È STATO TENUTO IN VITA SILVIO” 2. NANNI MORETTI SPARA A ZERO CONTRO IL FALLIMENTO DELLA SINISTRA: “CI VOLEVANO ALTRI STRUMENTI PER CONTRASTARE BERLUSCONI, UN ALTRO TIPO DI PERSONE, UN ALTRO MODO DI FARE POLITICA. UN’ALTRA SOLIDITÀ, UN ALTRO RIGORE. UN’ALTRA INTEGRITÀ” 3. ‘’MOLTI HANNO CRITICATO D’ALEMA PER DELLE SCEMENZE, MA I SUOI ERRORI SONO TUTTI POLITICI,. NON ERA TRA GLI ELETTORI PER IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, MA NON CREDO SIA STATO TRISTE IL GIORNO IN CUI I 101 NON HANNO VOTATO PER PRODI” 4. “SE BERTINOTTI NON AVESSE FATTO CADERE QUEL GOVERNO, L’ULIVO AVREBBE GOVERNATO PER DIECI ANNI CON PRODI E DAL 2006 CON VELTRONI. SE INVECE SI FOSSE ANDATI A VOTARE SUBITO DOPO LA CADUTA DI PRODI, L’ULIVO AVREBBE VINTO DA SOLO, SENZA RIFONDAZIONE”
L'intervista a Nanni Moretti nell'anticipazione del nuovo libro di Marco Damilano - da Repubblica
«I primi tre girotondi a Roma furono intorno al Palazzo di Giustizia, poi alla Rai, poi al ministero della Pubblica Istruzione. Giustizia uguale per tutti, contro il monopolio dell'informazione, scuola pubblica: erano temi che riguardavano tutti, non solamente una parte dell'elettorato. Manifestazioni non di parte, ma dalla parte di tutti i cittadini. Ancora oggi sono fiero quando penso che nelle nostre manifestazioni siamo riusciti a coinvolgere anche una parte degli elettori del centrodestra. Il «Corriere della Sera » scriveva che non si governa con le manifestazioni, ci accusavano di avere una mentalità minoritaria. Non capivano: noi non volevamo affatto stare per sempre all'opposizione, non ci sentivamo per niente realizzati in quel ruolo.
Nel 1996 ero felice per la vittoria del centrosinistra e mi piaceva il governo Prodi, finalmente un ceto politico di cui non vergognarsi. Volete sconfiggere Berlusconi per via giudiziaria, ci hanno ripetuto per anni, lo ripetono anche ora. Noi, in realtà, volevamo che la legge fosse uguale per tutti e che non si facessero leggi apposta per evitare processi a uno solo. I girotondi li facevamo per ricordare, anche a noi stessi, che ci stavamo ormai abituando a considerare normali cose che in una democrazia non sono affatto normali: per esempio che un uomo possa essere proprietario di tre reti televisive e in più che possa fare politica, e in più che possa diventare capo del governo» (...)
Più volte Berlusconi è rientrato in gioco grazie alla sinistra, per esempio nell'ottobre del 1998. Non sono d'accordo con chi sostiene che ci sia stato un complotto di D'Alema e di Marini. Il responsabile della caduta del governo Prodi fu Bertinotti. Il gesto dissennato di Rifondazione comunista ha fatto perdere molti anni a questo Paese. In quel periodo Berlusconi era percepito come perdente anche dal centrodestra, che timidamente stava cercando un altro leader.
Prodi aveva una sua credibilità e il governo non era impopolare. Se Rifondazione non avesse fatto cadere quel governo, l'Ulivo avrebbe governato per dieci anni con Prodi e dal 2006 con Veltroni. Se invece si fosse andati a votare subito dopo la caduta di Prodi, l'Ulivo avrebbe vinto da solo, senza Rifondazione» (...)
L'unica volta che nel periodo dei girotondi ho parlato con D'Alema fu alla manifestazione della Cgil al Circo Massimo, un mese dopo piazza Navona. Sul grande palco quadrato c'erano molte persone, naturalmente molti politici. D'Alema mi dava le spalle, improvvisamente si voltò e senza nemmeno dire buongiorno, come continuando un discorso interrotto un minuto prima, mi corresse: «No, guarda, ti sbagli, nel ‘98 non si poteva andare a votare».
Mi spiegò che non si potevano fare le elezioni perché c'era la guerra in Kosovo e la legge di bilancio da approvare. Mi raccontò che furono proprio Veltroni e Mussi a bussare alla sua porta chiedendogli di fare il presidente del Consiglio. Molti lo hanno criticato per delle scemenze, ma i suoi errori sono tutti politici, tutti visibili, tutti mai riconosciuti. Non era tra gli elettori per il presidente della Repubblica lo scorso aprile, ma non credo sia stato triste il giorno in cui i 101 non hanno votato per Prodi».
«In questi anni ai vertici del Pd ci sono stati personalismi senza personalità e soprattutto una grande confusione. Dopo le elezioni del 2013 pochi avevano già deciso che dopo quei risultati il governo con il Pdl fosse l'unico possibile, erano pochi ma sono stati decisivi. Gli altri, Bersani per primo, erano confusi. Poi sono arrivati i 101 elettori che nel segreto hanno votato contro Prodi, che sembra avere l'unico torto di averli fatti vincere due volte. E qui non è una questione politica o generazionale: alcuni di questi campioni hanno trent'anni, altri sessanta, alcuni sono moderati, altri più di sinistra, no, quello che mi interessa è il peso specifico umano di quei 101, che è vicino allo zero.
Il governo Letta, per come è stato messo insieme, sembra la realizzazione dei peggiori luoghi comuni e pregiudizi del Movimento 5 Stelle sul Partito democratico. Mi sembra che sia vissuto dai più come qualcosa di transitorio. L'elettorato e i militanti si sono messi in letargo per tornare in tempi abbastanza rapidi al voto». (...)
«C'è stata nel 1994 - con un monopolista televisivo che si candidava a guidare il governo - una straordinaria rottura delle regole democratiche. Per fronteggiare questo fatto straordinario c'era bisogno da parte della sinistra di una risposta straordinaria, anche sul piano simbolico. Non c'è stata nemmeno una risposta ordinaria, semplice, piccola. E invece traccheggiare, sottovalutare il conflitto di interessi, ritenersi più furbi dell'avversario, assuefarsi lentamente a una costante, incredibile anomalia per un paese democratico.
Il centrosinistra in questi anni si è lasciato convincere che anche solo parlare di Berlusconi significava «spaventare i moderati» e «fare autogol». Ormai, anche il solo fatto di esistere, per la sinistra è diventato un autogol. La vera vittoria di Berlusconi è stata di far sentire chi continua giustamente a parlare di conflitto di interessi, come una persona triste che dice cose ovvie, banali, meste».
«Chi vincerà? Ci vuole un cambiamento di costume, culturale. Vincerà chi capisce che il gioco è cambiato e che bisogna farne uno completamente nuovo. Ci volevano altri strumenti per contrastare Berlusconi, un altro tipo di persone, un altro modo di fare politica. Un'altra solidità, un altro rigore. Un'altra integrità».