PARACULI D'ALBIONE - BORIS JOHNSON TOGLIE LE RESTRIZIONI SOLO PER PARARSI LE CHIAPPE - IL PREMIER BRITANNICO HA ANNUNCIATO L'ADDIO ALLE MASCHERINE AL CHIUSO, AL LAVORO DA CASA E AL COVID PASS, MENTRE DAL 24 MARZO SPARIRÀ ANCHE L'ISOLAMENTO - UNA MOSSA STRATEGICA PER COMBATTERE LO SCONTENTO CRESCENTE ALL'INTERNO DEI TORY DOPO LO SCANDALO DEL PARTYGATE - EPPURE GLI SCIENZIATI NON SONO D'ACCORDO: "MANDA ALLA POPOLAZIONE UN SEGNALE SBAGLIATO E FATTO SOLO PER MOTIVI POLITICI"
-Chiara Bruschi per "Il Messaggero"
L'Inghilterra tornerà presto alla normalità. Boris Johnson ha annunciato che giovedì prossimo abolirà il piano B introdotto a dicembre contro Omicron: addio alle mascherine - che erano obbligatorie solo nei luoghi al chiuso - al lavoro da casa e al Covid pass, che veniva richiesto solo per i grandi eventi. E il 24 marzo, promette, si potrà eliminare anche l'isolamento.
LE SCELTE DEL GOVERNO
Il primo ministro lo ha rimarcato ieri durante il question time alla Camera dei Comuni, cogliendo l'occasione per evidenziare il «successo delle scelte del suo governo» contro la variante che ha fatto impennare i contagi proprio a ridosso delle feste.
«Abbiamo tenuto duro quando ci dicevano di imporre un altro lockdown», ha detto sottolineando il potenziamento del piano vaccinale con cui è stata somministrata la terza dose. E proprio grazie alla rimozione delle restrizioni ha conquistato i cori di supporto dai suoi colleghi conservatori.
Una mossa strategica, dice qualcuno, per combattere lo scontento crescente all'interno dei Tory per lo scandalo del partygate. E sebbene Johnson abbia detto più volte di essersi fatto guidare dalla scienza, non tutti sono d'accordo con lui.
Pat Cullen, segretario generale del Royal College of Nursing, si è detto dispiaciuto per la decisione di rimuovere le mascherine e le altre restrizioni, un annuncio «che manda alla popolazione un segnale sbagliato e fatto solo per motivi politici».
Anche nell'ambiente scolastico, dove gli alunni adolescenti potranno togliere la mascherina, c'è tanta preoccupazione. E alcuni istituti hanno già confermato che continueranno a imporla. Così come resterà obbligatoria anche nelle metropolitane e negli autobus di Londra.
Ma la carriera politica di Johnson è appesa a un filo e nel suo discorso ha giocato tutte le carte in suo possesso: «Di fronte alla sfida nazionale più grande dalla Seconda Guerra Mondiale, e di fronte alla peggiore pandemia dal 1918, qualsiasi governo avrebbe fatto errori. Ma questo governo ha fatto giuste le cose più importanti», ha detto convinto.
Intanto il partygate, lo scandalo che ha visto Johnson e il suo staff più volte protagonisti di feste a Downing Street durante i vari lockdown, continua a tenere Johnson sulla graticola. Soprattutto in seguito all'intervista a Sky News in cui ha sottolineato come «nessuno» gli avesse detto che il famoso garden party cui aveva partecipato il 20 maggio 2020 «fosse contro le regole».
Accesissimo il dibattito all'interno del suo stesso partito dove durante la giornata di ieri i segnali dello scontento sono stati sempre più evidenti. Christian Wakeford, deputato Tory eletto nel 2019, ha lasciato il suo partito e si è andato a sedere insieme ai laburisti, accolto dal loro leader Keir Starmer: «Così come tante altre persone nel Paese, ha capito che il primo ministro e il partito conservatore si sono dimostrati incapaci di offrire la leadership che la nostra nazione richiede».
David Davis, ex ministro della Brexit nel governo di Theresa May ha accusato Johnson senza mezzi termini e gli ha chiesto di dimettersi davanti a tutta l'aula: «Come molti colleghi in questi banchi ha dichiarato ho trascorso le ultime settimane e mesi a difendere il primo ministro di fronte a elettori arrabbiati ricordando loro il successo della Brexit, del piano vaccini e molte altre cose.
Ma mi aspetto che un leader prenda la responsabilità delle sue azioni. Ieri è avvenuto il contrario ha detto per poi concludere con una citazione Sei stato seduto per troppo tempo per il bene che hai fatto, in nome di Dio, dimettiti».
LA MOZIONE
Ribellioni palesi che hanno fatto notizia e che si uniscono a quelle silenti che potrebbero portare a una mozione di sfiducia del primo ministro: 54 sono le lettere necessarie per il cosiddetto voto di no confidence e stando ai media britannici sarebbero 12 quelle sottoscritte fino a oggi. Intanto Johnson fa sapere di non aver alcuna intenzione di dimettersi e di voler continuare a lavorare per il bene del paese.