PAROLA DI PAROLIN: “A CESSARE IL FUOCO DOVREBBERO ESSERE INNANZITUTTO GLI AGGRESSORI” – IL SEGRETARIO DI STATO VATICANO, PIETRO PAROLIN, PROVA A METTERE UNA PEZZA ALLA SPARATA DI BERGOGLIO (CHE HA PARLATO DI “CORAGGIO DELLA BANDIERA BIANCA”, INVITANDO GLI UCRAINI AD ARRENDERSI A PUTIN): “È OVVIO CHE LA CREAZIONE DELLE CONDIZIONI PER UNA SOLUZIONE DIPLOMATICA NON SPETTA SOLO AD UNA DELLE PARTI, E LA PRIMA CONDIZIONE È METTERE FINE ALL’AGGRESSIONE. LA GUERRA SCATENATA CONTRO L’UCRAINA NON È L'EFFETTO DI UNA CALAMITÀ NATURALE MA DELLA SOLA DELLA SOLA LIBERTÀ UMANA…”
BERGOGLIO HA FATTO INCAZZARE TUTTI: SCHOLZ, BIDEN, STOLTENBERG E ADDIRITTURA I VESCOVI TEDESCHI (SUPER-PROGRESSISTI) HANNO PRESO LE DISTANZE DAL PAPA...
VESCOVI TEDESCHI, 'FORMULAZIONE INFELICE' DEL PAPA SU UCRAINA
(ANSA) - La formulazione del Papa sull'Ucraina è stata "infelice". Tuttavia, il Papa parlava di una disponibilità a negoziare e ha aggiunto espressamente che il negoziato non è "mai una capitolazione".
Lo dice a Dpa il portavoce della Conferenza episcopale cattolica tedesca, Matthias Kopp. Chiarito questo contesto è anche utile domandarsi se non abbia senso chiedere anche alla Russia di essere pronta a negoziare e se esista davvero una volontà russa a negoziare, ha detto Kopp, che sottolinea inoltre che l'Ucraina dovrebbe decidere da sola quando è il momento giusto per i negoziati.
Su questi punti "sarebbe bene che la Santa Sede comunicasse un chiarimento di contenuto della sua posizione", spiega Kopp. Secondo i vescovi tedeschi, ad ogni modo, resta ampiamente dimostrato che il Papa sia favorevole a una pace giusta e duratura in Ucraina. Nel frattempo, il Comitato centrale dei cattolici tedeschi Zdk ha invitato il Papa a fare appello alla Russia affinché ponga fine alla guerra contro l'Ucraina. "L'Ucraina ha tutto il diritto di difendersi", ha dichiarato al quotidiano Tagesspiegel la presidente del ZdK Irme Stetter-Karp, come riporta Tagesschau. "Il Zdk ritiene ancora necessaria la fornitura di armi per questa difesa", ha inoltre aggiunto Stetter-Karp.
SCHOLZ, NON SONO D'ACCORDO COL PAPA SULL'UCRAINA
(ANSA) - Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha affermato di non essere d'accordo con le affermazioni del Papa sulla cosiddetta "bandiera bianca" dell'Ucraina. "Per quanto riguarda la guerra di aggressione russa contro l'Ucraina, la posizione della Germania è molto chiara": Kiev "ha il diritto di difendersi e può contare sul nostro sostegno in tal senso, con molte opzioni", ha premesso Scholz parlando a Berlino e rispondendo in una conferenza stampa alla domanda su "come reagisce alle affermazioni del Papa".
"Siamo in prima linea per quanto riguarda la portata e la qualità delle forniture di armi che diamo. Questo è anche giusto ed è per questo che, naturalmente, non sono d'accordo con la posizione citata", si è limitato ad aggiungere Scholz nella conferenza stampa congiunta tenuta alla cancelleria con il premier della Malesia, Anwar Ibrahim.
'BIDEN RISPETTA IL PAPA MA LA PACE DIPENDE DA MOSCA'
(ANSA) - "Il presidente Biden ha grande rispetto per Papa Francesco e si unisce a lui nelle preghiere per la pace in Ucraina che potrebbe essere raggiunta se la Russia decidesse di mettere fine a questa guerra ingiusta e non provocata e ritirasse le sue truppe dal territorio sovrano dell'Ucraina".
Lo ha detto all'ANSA un portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa a proposito delle dichiarazioni del Papa. "Sfortunatamente continuiamo a non vedere alcun segno che Mosca voglia mettere fine a questa guerra e per questo siamo impegnati a sostenere Kiev nella sua difesa contro l'aggressione russa", ha sottolineato il funzionario.
STOLTENBERG, LA RESA DELL'UCRAINA NON PORTEREBBE LA PACE
(ANSA) - "La resa non significa pace, dobbiamo continuare a sostenere l'Ucraina". Lo ha detto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg nel corso del punto stampa con il premier svedese Ulf Kristersson per la cerimonia d'ingresso di Stoccolma nell'alleanza.
"Il presidente Putin ha iniziato questa guerra e potrebbe porvi fine oggi, ma l'Ucraina non ha questa possibilità. Dobbiamo continuare a rafforzare l'Ucraina per dimostrare a Putin che non otterrà ciò che vuole sul campo di battaglia, ma deve sedersi e negoziare una soluzione in cui l'Ucraina sia riconosciuta e prevalga come nazione sovrana e indipendente", ha aggiunto.
PAROLIN: «LA PRIMA CONDIZIONE PER LA PACE IN UCRAINA È METTERE FINE ALL’AGGRESSIONE»
Estratto dell’articolo di Gian Guido Vecchi per il “Corriere della Sera”
È «ovvio» che creare le condizioni di un negoziato spetti a entrambe le parti in conflitto, Russia e Ucraina, che la «prima condizione» sia di «mettere fine all’aggressione» e a cessare il fuoco debbano essere «innanzitutto gli aggressori», cioè Mosca.
Il cardinale Pietro Parolin, 69 anni, Segretario di Stato vaticano, è il collaboratore più stretto del Papa e guida la diplomazia della Santa Sede.
Chiaro che ne abbia parlato con Francesco, dopo le polemiche planetarie seguite all’intervista nella quale il Pontefice, alla radiotelevisione svizzera, in risposta a una domanda sull’Ucraina e il «coraggio della bandiera bianca», aveva detto che bisognava avere quel coraggio nel senso di «negoziare».
Eminenza, pare evidente che il Papa chieda un negoziato e non una resa. Ma perché rivolgersi solo a una delle due parti, l’Ucraina e non la Russia? Ed evocare la «sconfitta» dell’aggredito, come motivazione per il negoziato, non rischia di essere controproducente?
«Come ricordato dal direttore della sala stampa vaticana, citando le parole del Santo Padre del 25 febbraio scorso, l’appello del Pontefice è che “si creino le condizioni per una soluzione diplomatica alla ricerca di una pace giusta e duratura”.
In tal senso è ovvio che la creazione di tali condizioni non spetta solo ad una delle parti, bensì ad entrambe, e la prima condizione mi pare sia proprio quella di mettere fine all’aggressione.
Non bisogna mai dimenticare il contesto e, in questo caso, la domanda che è stata rivolta al Papa, il quale, in risposta, ha parlato del negoziato e, in particolare, del coraggio del negoziato, che non è mai una resa.
La Santa Sede persegue questa linea e continua a chiedere il “cessate il fuoco” — e a cessare il fuoco dovrebbero essere innanzitutto gli aggressori — e quindi l’apertura di trattative. Il Santo Padre spiega che negoziare non è debolezza, ma è forza. Non è resa, ma è coraggio. E ci dice che dobbiamo avere una maggiore considerazione per la vita umana […] . Sono parole che valgono per l’Ucraina come per la Terra Santa e per gli altri conflitti […]».
Ci sono ancora possibilità di arrivare ad una soluzione diplomatica?
«Trattandosi di decisioni che dipendono dalla volontà umana, rimane sempre la possibilità di arrivare a una soluzione diplomatica. La guerra scatenata contro l’Ucraina non è l’effetto di una calamità naturale incontrollabile ma della sola libertà umana, e la stessa volontà umana che ha causato questa tragedia ha anche la possibilità e la responsabilità di intraprendere passi per mettervi fine e aprire la strada a una soluzione diplomatica».
La preoccupazione della Santa Sede è una escalation? Lei stesso ne parlava dicendo che «fa paura» l’ipotesi di un coinvolgimento dei Paesi occidentali.
«La Santa Sede è preoccupata per il rischio di un allargamento della guerra. L’innalzamento del livello del conflitto, […] la corsa al riarmo sono segnali drammatici e inquietanti in questo senso. […]».
Francesco ha parlato anche del conflitto israelo-palestinese, evocando la «responsabilità» dei contendenti. Che cosa hanno in comune le due situazioni?
«Le due situazioni hanno certamente in comune il fatto che si sono pericolosamente allargate oltre ogni limite accettabile, che non si riesce a risolverle […] e che non possono trovare una soluzione senza un negoziato serio. Mi preoccupa l’odio che stanno generando. Quando mai si potranno rimarginare ferite così profonde?»
Sempre in tema di escalation: il Papa ha parlato più volte del pericolo di un conflitto nucleare, «basta un incidente», è questa la paura di fondo della Santa Sede? Un «incidente» come a Sarajevo nel ’14?
«Il rischio di una fatale “deriva” nucleare non è assente. Basta vedere la regolarità con la quale certi rappresentanti governativi ricorrono a tale minaccia. Non posso che sperare che si tratti di una propaganda strategica e non di un “avvertimento” […]. Quanto alla “paura di fondo” della Santa Sede, credo che essa sia piuttosto quella che i vari attori di questa tragica situazione arrivino a chiudersi ancora di più nei propri interessi, non facendo ciò che possono per arrivare a una pace giusta e stabile».