I PARTITI IMPLODONO E L’ITALIA RISCHIA DI RIMANERE SENZA I SOLDI DELL’EUROPA - SU 45 OBIETTIVI CHE DEVONO ESSERE RAGGIUNTI ENTRO LA PRIMA METÀ DELL’ANNO, SOLO DUE SONO STATE GIÀ ARCHIVIATE. IL RISCIHO È DI PERDERE LA NUOVA RATA DA 24,1 MILIARDI DEL RECOVERY PLAN - I DOSSIER PIÙ DELICATI SONO QUELLI CONCORRENZA E APPALTI, QUESTIONI CHE DIVIDONO LA POLITICA: TAXI, CONCESSIONI BALNEARI, SERVIZI…
-1 - PNRR CORSA CONTRO IL TEMPO CHIUSI SOLO 2 OBIETTIVI SU 45
Luca Cifoni per "il Messaggero"
Solo due scadenze già raggiunte e archiviate, su 45 che devono essere centrate entro la prima metà dell'anno. Questo è il numero scritto sul taccuino del Consiglio dei ministri che oggi - come richiesto da Mario Draghi - dovrà esaminare l'avanzamento del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
In totale per l'anno sono 100 gli obiettivi e i traguardi da conseguire. Il rischio più ravvicinato è perdere la nuova rata da 24,1 miliardi, tra sovvenzioni e prestiti, mentre è ancora in corso di verifica da parte dell'Unione europea quella di importo analogo relativa alle scadenze di dicembre 2021.
Alla fine di quest' anno sono in ballo altri 21,8 miliardi, mentre a giugno del 2023 sono posizionate 27 ulteriori scadenze che valgono 18,4 miliardi. Le verifiche europee sono programmate di semestre in semestre, mentre nel piano nazionale alcune azioni sono programmate anche con un termine trimestrale.
LE SEMPLIFICAZIONI
Gli obiettivi già centrati riguardano la semplificazione e il rafforzamento della governance per gli investimenti nell'approvvigionamento idrico (di competenza del ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili) e quelli per i progetti di rigenerazione urbana (se ne occupa il ministero dell'Interno).
Il Mims ha annunciato di aver portato a casa anche un'altra riforma, quella relativa alla semplificazione delle procedure per la pianificazione strategica portuale, per la quale comunque c'era tempo fino a dicembre. Come stanno messi gli altri dicasteri? Il carico più pesante, dal punto di vista quantitativo ma non solo, è quello della Transizione ecologica, che ha ben 11 traguardi da centrare.
Una riforma decisamente complessa è quella che riguarda il programma nazionale di gestione di rifiuti: è in corso una verifica preliminare che dovrebbe concludersi a marzo, per poi permettere l'adozione del programma: connesso alla riforma è l'investimento da 1,5 miliardi relativo alla realizzazione di nuovi impianti (a partire dal 2023). Ma andrà sbrogliata anche la matassa dell'idrogeno, con l'aggiudicazione degli appalti pubblici relativi alla ricerca e l'entrata in vigore degli incentivi fiscali.
Sei scadenze sono del ministero della Salute, in evidenza ci sono il ridisegno della rete di assistenza territoriale e la digitalizzazione degli ospedali. Cinque invece i traguardi con cui si devono confrontare sia il ministero dello Sviluppo (si va dal sostegno alle start up all'investimento si rinnovabili e batterie) sia quello della Cultura (che lavora tra l'altro sui borghi abbandonati).
Impegnativa la partita anche per il ministero dell'Istruzione, che dovrà ottenere l'approvazione della riforma del reclutamento e della carriera degli insegnanti, delicata anche sul fronte sindacale e avviare gli investimenti di Scuola 4.0. Un sola scadenza, ma pesante, per il ministero della Transizione digitale: ci sono da aggiudicare entro giugno tutti gli appalti per i progetti di connessione veloce.
Dovranno poi essere avviate, con il decisivo coinvolgimento del Consiglio di Stato, le procedure di assunzione per i tribunali amministrativi. Tra le riforme, c'è quella cruciale degli appalti, a cui lavora direttamente il segretariato generale della presidenza del Consiglio dei ministri.
Quanto al secondo semestre, basta una rapida occhiata alle scadenze per rendersi conto di quel che attende il governo: deve essere approvata la contestata legge sulla concorrenza, mentre sul fronte degli investimenti ci sono da aggiudicare tutti gli appalti per la costruzione della ferrovia ad alta velocità sulle linee Napoli-Bari e Palermo-Catania.
2 - PNRR, L'ORA DEI PROGETTI APPALTI E CONCORRENZA LE SFIDE PIÙ DELICATE
Alessandro Barbera per "la Stampa"
Per comprendere la mole del lavoro basta sfogliare l'ultima relazione del governo al Parlamento datata 23 dicembre e firmata da Mario Draghi. Di qui a giugno occorre realizzare 45 fra riforme e investimenti, altri 55 fra luglio e dicembre. Appalti, concorrenza, giustizia, ambiente, scuola, salute, digitale, cultura.
Il Recovery Plan è un cantiere così complesso che è persino difficile da descrivere. Il premier ha chiesto a tutti i suoi ministri di presentare già oggi o domani uno stato dell'arte in Consiglio, ed evitare così di perdere i quaranta miliardi messi a disposizione dall'Unione europea nel 2022.
Per Draghi, rimasto suo malgrado a presidiare la postazione di Palazzo Chigi, è anzitutto un problema reputazionale, per sé e per l'Italia. Non sarà un'operazione semplice, perché i partiti sono usciti dilaniati dalla battaglia per il Quirinale e c'è da tenere a bada le pressioni corporative.
I dossier più delicati riguardano concorrenza e appalti. Il primo: una volta approvata in Consiglio dei ministri la generica legge delega di riforma, ora bisogna fare sul serio. La Commissione europea attende fatti concludenti entro la fine dell'anno, ma per arrivarci occorre che il Parlamento approvi quella legge delega entro metà anno.
Dentro ci sono tutte le questioni che dividono la politica: la messa a gara di servizi fin qui garantiti alle aziende pubbliche locali, l'apertura di mercati fin qui protetti (vedi taxi), lo stop alle concessioni balneari a prezzi risibili. Entro metà giugno occorre approvare la legge delega di riforma degli appalti.
La relazione al Parlamento citata poco fa spiega che per arrivare a risultati concreti entro la metà del 2023 non c'è un minuto da perdere. In alcuni casi per raggiungere risultati apprezzabili occorre molta pazienza. E' il caso della riforma della giustizia, per la quale la ministra Marta Cartabia ha dovuto con molta fatica istituire diversi gruppi tecnici di lavoro per ciascuna delle materie in ballo: civile, penale e fallimentare, per citare le più importanti. Ciascuna riforma deve fare i conti con le resistenze dei partiti, ma senza sintesi politica i fondi del Recovery resteranno a Bruxelles senza destinazione.
Il ministro più esposto sul piano degli investimenti è quello della Transizione ecologica Roberto Cingolani. A lui toccherà scrivere la strategia per l'economia circolare, il programma nazionale per la gestione dei rifiuti e dei servizi idrici integrati, la transizione all'idrogeno. Cingolani dovrà semplificare le procedure per gli interventi di efficienza energetica degli edifici, attuare gli interventi contro il dissesto idrogeologico e occuparsi del miglioramento dell'ecosistema del Po.
Entro giugno Roberto Speranza deve riformare l'organizzazione dell'assistenza sanitaria, rafforzare gli strumenti di telemedicina e i presidi medici di base, meglio noti come ospedali di comunità. Entro metà giugno il collega dell'Istruzione Patrizio Bianchi deve riformare la carriera degli insegnanti e completare la transizione digitale della scuola.
Vittorio Colao, ministro dell'Innovazione e della Transizione digitale, ha un solo, enorme obiettivo da raggiungere: aggiudicare tutte e cinque le gare per la banda ultralarga, in tutto 6,7 miliardi di euro. In questo caso ci sono già ritardi da colmare, come il caso della gara per le isole minori, a dicembre rimasta senza concorrenti. Ora il ministero sta riscrivendo il bando, e spera che la situazione cambi. Il ministero dello Sviluppo deve assegnare 750 milioni di euro alle filiere industriali strategiche (alimentare, design, moda, auto), un miliardo allo sviluppo di fotovoltaico, eolico e batterie, 550 milioni a favore di start-up attive nella transizione ecologica.
Entro giugno il ministero del Lavoro deve approvare un decreto contro lo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura, quello dell'Interno aggiudicare gli appalti per la rigenerazione urbana e ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale. Dario Franceschini deve migliorare l'efficienza energetica di di cinema, teatri e musei (300 milioni), rilanciare i borghi abbandonati (un miliardo), mettere in sicurezza sismica le opere d'arte nelle aree terremotate.
Solo per quest' ultima voce ci sono 800 milioni di euro. Con rara efficienza, il ministro della Cultura ha già consegnato a Draghi il cronoprogramma dei suoi interventi. Altri lo faranno oggi o domani. Ciascun ministro avrà una responsabilità enorme: chi non rispetta le scadenze, rischia di finire nella lista nera degli inadempienti di Bruxelles. Ogni volta che un cantiere si bloccherà, l'Italia rischierà lo stop ai fondi successivi.