DI-PARTITO DEMOCRATICO – LA DIREZIONE DEL PD MERCOLEDÌ RINVIERÀ LE PRIMARIE DAL 19 AL 26 FEBBRAIO (QUANDO SARANNO TRASCORSI ESATTAMENTE 5 MESI DALLE DIMISSIONI DI LETTA...) – ELLY SCHLEIN NON MOLLA SUL VOTO ONLINE, MA LA SUA PROPOSTA È DESTINATA A ESSERE CESTINATA. E BONACCINI PUNGE LA CANDIDATA MULTIGENDER: “SE INVECE DI DISCUTERE DI REGOLE, CHE CI SONO, PARLASSIMO DEI PROBLEMI DEI CITTADINI, SAREBBE ANCHE PIÙ FACILE ATTRARLI A VENIRE A VOTARE”
-Adriana Logroscino per il “Corriere della Sera”
Elly Schlein non molla sulle primarie online. «Non ho mai pensato di sostituire i gazebo, che sono un rito importante, un'occasione di confronto. Propongo di aggiungere uno strumento che il Pd ha già sperimentato, per agevolare una partecipazione più larga». Quindi una stoccata al principale avversario, Stefano Bonaccini, e alla sua candidatura, considerata, dal mondo intorno a Schlein, più di apparato: «Non dobbiamo aver paura della partecipazione».
E tuttavia la richiesta di voto telematico sembra andare verso una scontata archiviazione, mercoledì, quando si riunirà la Direzione del Pd. Ci sarà, nella stessa sede, il via libera al rinvio delle primarie dal 19 al 26 febbraio: lo slittamento, su cui convergono tutti i candidati, si impone per la pressante richiesta dei partiti regionali di Lazio e Lombardia, alle prese fino al 13 febbraio con le rispettive elezioni.
«Purché si decida», esorta Pierfrancesco Majorino chiamato all'impresa di contendere, in nome del Pd in asse col M5S, la presidenza della Regione Lombardia ad Attilio Fontana. «Da chi è impegnato ogni giorno sul fronte di questa scommessa, difficile e appassionante, un'esortazione: basta. Decidete data e regole e parlate delle idee per far ripartire il Pd e il centrosinistra. Fuori da Roma serve questo».
Nonostante la discussione sull'introduzione del voto online sembri più che altro accademica, anche Bonaccini l'ha ripresa ieri per pungere chi propone la modifica. «Se invece di discutere di regole, che ci sono, parlassimo dei problemi dei cittadini, sarebbe anche più facile attrarli a venire a votare. Io ho in mente un partito che nel guardarsi negli occhi con le persone ritrova una sua radice popolare».
Popolare «ma non populista», precisa, che si affidi a nuovi dirigenti «perché perdiamo da troppo tempo». E poi direttamente all'avversaria: «Sentire parlare solo di regole mi fa pensare a un Pd che invece si rivolge a una cerchia di gruppi dirigenti. Io preferisco occuparmi di salario minimo, di sanità pubblica, di scuola, ambiente, dei problemi delle persone».
Anche Schlein tocca i temi cardine della sua proposta, cioè disuguaglianze, clima e lavoro, e si concentra sul Pd che vorrebbe guidare: «Serve una squadra plurale, in cui si premino le competenze, non la fedeltà. Un nuovo modello di leadership: non intendo sostituire l'uomo solo al comando con la donna sola al comando». Bonaccini, d'altro canto, insiste sul punto che il contatto diretto tra dirigenti e base si stabilisce dando voce al partito sul territorio.
In questo senso annuncia che Piero De Luca, primogenito del presidente della Campania, ex sindaco e oggi deputato pd, sarà «coordinatore delle iniziative politiche e del programma del Mezzogiorno». E assume l'impegno che un Pd a sua guida sceglierà i candidati al parlamento attraverso le primarie, restituendo cioè ruolo agli esponenti locali. «Con me - garantisce Bonaccini - nessuno del gruppo dirigente nazionale si candiderà nei collegi uninominali per vincere. Se sei un leader lo devi dimostrare raccogliendo i voti».
Poi rilancia il no all'autonomia di Calderoli, e le alleanze «ma sui temi» anche con il M5S, che in realtà gli replica ruvido: «Se il Pd si riscopre progressista, forse potremo parlarne». Anche per Schlein «sarebbe irresponsabile non provare a trovare fronti di battaglia comuni con le altre opposizioni, come sul salario minimo». Porta sbarrata, invece, a Matteo Renzi: «Non credo voglia tornare nel Pd, mi interessa piuttosto superare errori e macerie che ha lasciato prima di andarsene».
Ora l'attenzione è puntata sull'appuntamento di dopodomani. Anche se il rinvio dei gazebo al 26 febbraio è dato per certo, Bonaccini, che inizialmente si era opposto, si toglie un sassolino dalla scarpa: «Metterci 5 o 6 mesi per fare un congresso è roba da marziani non da gente che vive nel mondo reale. Cambieremo».