PASQUARETTA VIA: DA ''TORINO EROTICA'' ALL'ANGELO CUSTODE DELLA APPENDINO. FINO A FARSI PARCHEGGIARE DALLA CASTELLI. CON LA COPERTURA DI DETTORI, NELLO STAFF DI CONTE E UOMO-MACCHINA FONDAMENTALE DI CASALEGGIO E ROUSSEAU - DI MAIO TEME UN NUOVO CASO ROMA, DOPO MARRA E LANZALONE: ''CI SONO ALTRI INDAGATI? DOBBIAMO VERIFICARE''
-1. QUEL PORTAVOCE DEL FESTIVAL DELL' EROS PIAZZATO AL TESORO
Matteo Pucciarelli per ''la Repubblica''
Qualche mese fa si era anche proposto per la direzione di Rai Sport», racconta un big del M5S a proposito di Luca Pasquaretta. Era dalla scorsa estate che l' ex portavoce di Chiara Appendino si agitava per avere un nuovo incarico. Si era dimesso per la storia di una consulenza fantasma da 5mila euro al Salone del libro. Ma a parte questo, la sua fama - un carattere non semplice, modi spicci e irruenti quando non minacciosi, spiccate tendenze accentratrici - lo precedeva da molto prima e di volonterosi pronti ad assumerlo su due piedi non se n' erano visti.
Anzi, quando a settembre uscì l' indiscrezione che stesse collaborando con l' europarlamentare Tiziana Beghin, lei si inalberò via social: «Ennesima fake news. Abbiamo semplicemente fatto due chiacchiere come due persone normali che si conoscono».
Poi però un lavoro era uscito, ufficializzato a dicembre: consulente alla comunicazione di Laura Castelli, sottosegretaria all' Economia, torinese e ottimi rapporti con la sindaca. È durato poco, visto che ieri Castelli lo ha scaricato alla velocità del suono con uno scarno comunicato («A seguito dell' inchiesta che lo coinvolge e le accuse a lui rivolte, ritengo sia necessario interrompere immediatamente il nostro rapporto di collaborazione»). E come avviene per qualsiasi caso di peso che coinvolga il M5S, la decisione della sottosegretaria è stata caldeggiata da Luigi Di Maio, con la consulenza di Davide Casaleggio.
Si raccontano molte cose attorno a questo ex giornalista sportivo, tifoso sfegatato della Juventus, passato nel giro di pochi mesi dalla comunicazione del festival "Torino erotica" a diventare l' angelo custode (così si definiva lui) dell' allora neo-sindaca Appendino, eletta nel 2016. Ad esempio che Castelli non era proprio convinta di arruolarlo; ma il Pasquaretta che oggi a Roma tutti assicurano di conoscere di striscio poteva contare sulla stima e l' amicizia di Pietro Dettori, ora nello staff di Giuseppe Conte ma soprattutto uomo-macchina fondamentale di Casaleggio associati e Rousseau.
In un partito dove la comunicazione è tutto, dove portavoce e uffici stampa vengono ampiamente istruiti dall' alto, Pasquaretta si era costruito una sua rete di relazioni nei 5 Stelle al di fuori di Torino. Anche perché né i consiglieri comunali né quelli regionali lo hanno mai amato, accusato di rendere la sindaca troppo distante dal necessario confronto con gli eletti del Movimento. «Avevamo percepito che Pasquaretta si fosse costruito un rapporto di grande sintonia con Di Maio - ricorda un esponente del M5S piemontese - Faceva un po' da anello di congiunzione coi nostri parlamentari nazionali, a volte anche violando il protocollo. E poi ogni una o due settimane andava a Milano agli uffici di Casaleggio».
Così appena uscita la notizia di questa nuova inchiesta che lo coinvolge, dove la parola "estorsione" suona doppiamente grave se accostata al M5S, è cominciato lo scaricabarile.
Castelli che lo ha derubricato ad un semplice estensore di comunicati stampa, i vertici romani del Movimento che sono rimasti in religioso silenzio ma a microfono spento ironizzavano proprio sulla sottosegretaria, spesso agli onori della cronaca e mai per ragioni di merito. Più in generale, comunque, l' esistenza di segreti - meglio se presunti - che terrebbero buona Appendino non dispiace poi così tanto ai piani alti del M5S. Subito dopo l' elezione a sindaca, nel pieno della sua luna di miele con la città, era stata considerata una possibile futura guida dei 5 Stelle a livello nazionale.
Una alternativa al Di Maio leader assoluto insomma, considerata oltretutto meno eterodiretta dalla filiera di comando (ad esempio non firmò, come invece fece Virginia Raggi a Roma, il contratto che impegnava i candidati a dimettersi e a pagare una penale se avessero danneggiato il Movimento).
Poi però a maggio 2017 arrivò un "ps" di Beppe Grillo sul blog, «chi ha iniziato a fare il sindaco nel 2016 continuerà a farlo fino al 2021. Rispettiamo gli impegni presi con i cittadini», dopo ancora accaddero i fatti di piazza San Carlo e i problemi con i propri collaboratori. "Angeli custodi" ma alla rovescia.
2. DI MAIO HA PAURA DI UN NUOVO CASO ROMA - "CI SONO ALTRI INDAGATI? DOBBIAMO VERIFICARE"
Federico Capurso e Ilario Lombardo per ''La Stampa''
Sono cicatrici che bruciano ancora, quelle lasciate da Virginia Raggi sulla pelle del Movimento 5 Stelle. Riportano alla memoria gli arresti, i processi, le ombre che si allungano fino a toccare i vertici del partito. Quella psicosi che scatenò la caccia alle streghe in Campidoglio, torna oggi a impadronirsi del Movimento, che con lo stesso terrore osserva la città di Torino.
Le analogie sono troppe, per non scatenare il panico a Palazzo Chigi. Ancora un' indagine con accuse pesanti, ancora una volta su un uomo di fiducia del Movimento, di nuovo quei dubbi che da un' amministrazione locale arrivano a lambire il potere grillino.
È venerdì sera, quando viene consegnata tra le mani di Luigi Di Maio la notizia dell' indagine per estorsione che coinvolge Luca Pasquaretta, ex braccio destro di Chiara Appendino e in quel momento ancora al servizio del viceministro dell' Economia Laura Castelli. Il capo politico del Movimento è nervoso, perché si rende subito conto che la situazione è più che delicata.
«Pasquaretta entro domani mattina deve essere cacciato da Castelli», sbotta. Ma non può essere risolta così. Le accuse sono troppo gravi, la sua presenza in via XX settembre imbarazza i vertici e Torino deve essere salvata da un' altra frana politica, soprattutto ora che il Movimento si prepara alla vera battaglia sulla Tav. Per questo, Di Maio mobilita lo staff di Palazzo Chigi.
Si chiedono informazioni: che ruolo avesse Pasquaretta al ministero, con chi fosse in contatto, chi sapeva del presunto ricatto ai danni della sindaca. La torinese Castelli, tra i primi a chiamare Di Maio, tenta di spiegare: «Aveva bisogno di lavorare e gli ho dato una mano. Non ne sapevo nulla di questa storia dell' estorsione, te lo assicuro». La sua versione viene presa per buona, ma i legami con il ministero devono essere recisi e il ruolo di Pasquaretta va ridimensionato: un semplice «collaboratore che inviava i comunicati stampa». Niente di più.
Tenere sotto controllo il fronte romano, quello dei palazzi ministeriali, è una partita tutto sommato semplice da giocare per gli uomini di Di Maio. È molto più complicato, invece, addentrarsi nelle relazioni che si intrecciavano tra Roma e Torino. E proprio sotto la Mole albergano i timori più forti del leader M5S: «Ci sono altri indagati? Altre persone che potrebbero essere coinvolte? Dobbiamo verificare», chiede con insistenza.
Perché oggi non c' è più quel sistema di controllo del Movimento sui suoi enti locali, che un tempo permetteva di arginare danni e trovare soluzioni. Alla guida, nella scorsa legislatura, c' erano proprio Di Maio e i suoi due uomini più fedeli, Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro, oggi promossi con i galloni di ministri e quindi costretti a stare lontani dalle beghe delle amministrazioni locali. Ma c' è qualcosa di più, per Di Maio, oltre alla fastidiosa sensazione di non avere il pieno controllo della situazione.
È che l' esperienza di Roma ha insegnato molto, sulle indagini a catena che con i loro strascichi possono arrivare a colpire chiunque, persino gli uomini più potenti del partito. Ricorda bene Di Maio, quando disse di non sapere nulla dell' inchiesta romana che colpiva l' ex assessore all' Ambiente Paola Muraro, salvo poi dover correre ai ripari perché era stato messo al corrente, ma si scusò: non aveva compreso il contenuto di una e-mail.
E brucia ancora, nella memoria del capo del Movimento, la storia dell' avvocato Luca Lanzalone, uomo di fiducia del Campidoglio e del ministro Bonafede, poi arrestato per corruzione. O quella di Raffaele Marra, braccio destro di Raggi come Pasquaretta di Appendino, arrestato anche lui per corruzione, con strascichi pesantissimi per le sorti del Campidoglio. Solo che ora, in ballo, c' è molto di più.