IL PASSATO INSEGNA: QUANDO SI DEVE CACCIARE O TENERE A FRENO UN PREMIER IN PREDA AL DELIRIO DEL POTERE, ARRIVA SEMPRE LA MAGISTRATURA. MA CONTE SULLA MANCATA ZONA ROSSA DI ALZANO E NEMBRO RIUSCIRÀ A SALVARE IL CIUFFO – PER PROTEGGERE FONTANA, TELEGUIDATO DA SALVINI AL PIRELLONE, SI DANNO IN PASTO I CAPRONI ESPIATORI: DOPO IL DIRETTORE SANITARIO DELLO LOMBARDIA DAL BIZZARRO CURRICULUM (EX CAPO DELLA MOBILE DI LECCO!), ORA TOCCA A GALLERA - IL RICCO SISTEMA SANITARIO IN MANO AI PRIVATI (DALL'HUMANITAS AL SAN RAFFAELE), LE PRESSIONI DEGLI INDUSTRIALI PER NON CHIUDERE LA VAL SERIANA, GLI ERRORI DEI SINDACI: ECCO COSA È SUCCESSO DAL 23 FEBBRAIO AL 7 MARZO...
1 – DAGOREPORT
Il passato di questo disgraziato paese insegna: arriva sempre la magistratura, quando si deve cacciare o tenere a freno un premier in preda al delirio del potere. Eppure, questa volta, Conte non uscirà con le ossa rotte dalla vicenda della mancata zona rossa di Nembro e Alzano Lombardo.
Certo, il premier per caos deve passare da un’audizione con i pm di Bergamo, gli stessi che sostengono che a rigor di diritto dovesse essere il governo – e non la Regione Lombardia – a chiudere il focolaio della Val Seriana.
La volpe di Palazzo Chigi salverà la pelliccia, perché Fontana, che ora strepita, non ha mai presentato una richiesta formale per far dichiarare zona rossa i due comuni, come spiega l’articolo di oggi di Fiorenza Sarzanini sul “Corriere della Sera”.
Il premier è tranquillo perché convinto che la Regione avrebbe potuto prendere in autonomia ordinanze più restrittive. Cosa che hanno fatto altri governatori (Zaia a Vo' Euganeo, ad esempio) senza che da Roma fosse impedito alcunché.
Fontana da par suo ha un guaio e una salvezza, con lo stesso nome e lo stesso cognome: Matteo Salvini. Durante la macelleria lombarda, il Capitone ha teleguidato il Pirellone del malcerto Attilio tramite l’ex compagna Giulia Martinelli, capo segreteria del governatore.
Per questo stesso motivo, Fontana non può essere fatto fuori. Salvini non se lo può permettere di veder cadere un suo uomo e di sciogliere il consiglio regionale prima del tempo, con il rischio di perderlo.
E così si arriva allo scaricabarile con qualche testa da ghigliottinare affinché Fontana non rischi di annegare nei Navigli. Primo caprio espiatorio: Luigi Cajazzo, che era diventato direttore della sanità lombarda potendo vantare un curriculum strordinario: ex capo della squadra mobile di Lecco!. Al suo posto arriva Marco Trivelli, manager con un pedigree più consono – è stato dg al Niguarda e agli ospedali di Brescia.
Ma alla resa dei conti sul “chi ha sbagliato di più”, il vero caprone espiatorio è Giulio Gallera: Innanzitutto perché è di Forza Italia, quindi più sacrificabile, e poi il suo protagonismo spesso ha oscuratom il governatore; infine per la serie innumerevole di gaffe che ha inanellato in questi mesi.
Fontana e Salvini) stanno intessendo una trama bipartisan – anche con il PD - per scaricarlo o convincerlo a lasciare e liberarsene una volta per tutte.
Al di là di eventuali defenestramenti, è ormai certo che non potranno non esserci conseguenze per il modello lombardo di sanità.
Una sanità eccellente, certo, ma concentrata molto – troppo? – sul profitto privato e poco sul territorio.
A forza di Formigoni, in Lombardia si è puntato tutto sulla sanità privata, dall'Humanitas al San Raffaele, la cui eccellenza era mirata su oncologia, ortopedia e cardiologia etc, che permettevano di doviziosi ricavi (il 20% sul fatturato). Quando è arrivato lo tsunami del Covid si sono trovate totalmente impreparate, rispetto agli ospedali di stato, su come affrontare la pandemia: ventilatori, sale di rianimazione, tamponi, etc.
È anche questo che va considerato per capire cosa (non) è successo tra fine gennaio e inizio marzo a Bergamo e dintorni.
Mentre il Veneto isolava i positivi a casa impedendo loro di infettare i pronto soccorso, la Lombardia smistava gli infetti nelle Rsa, riapriva il pronto soccorso di Alzano 4 ore dopo averlo evacuato il 23 febbraio.
Anche le date sono importanti per rispondere alla domanda: Perché Alzano e Nembro non sono diventati zona rossa? Il 2 marzo il focolaio bergamasco è in condizioni ben peggiori di quanto non fossero Codogno e gli altri comuni del lodigiano dieci giorni prima.
Eppure niente viene fatto. Erano i giorni in cui gli industriali facevano “forti pressioni” affinché quella chiusura non si facesse, come racconta Paolo Berizzi oggi su “Repubblica”. Erano i giorni in cui Beppe Sala condivideva il video “Milano non si ferma”, e Giorgio Gori a cena con la moglie Cristina Parodi twittava: “Dobbiamo andare avanti”.
Erano però anche i giorni immediatamente successivi all’allarme (ignorato) degli scienziati del comitato tecnico scientifico. Il 4 marzo il presidente dell’ISS Brusaferro lanciava l’allarme.
Il direttore del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli ieri ad Agorà ha detto che gli esperti avevano segnalato tutto per tempo e che "ha scelto la politica".
Era tutto pronto, tanto che la sera del 5 marzo al Palace Hotel di Verdellino arriva l’esercito per chiudere tutto. Ma non succederà, perché quella decisione non arriva. Già, ma chi doveva prenderla?
2 – “PRESSING DEGLI INDUSTRIALI SUL GOVERNO PER NON CHIUDERE LA VAL SERIANA”
Estratto dell’articolo di Paolo Berizzi per “la Repubblica”
(…) Nei giorni tribolati, e ancora avvolti in una parziale nebulosa, durante i quali Regione Lombardia e governo si passavano il cerino della decisione sulla zona rossa da istituire a Alzano e Nembro – i due paesi focolaio della bergamasca -, gli imprenditori del territorio hanno esercitato forti pressioni affinché quella chiusura non si facesse.
Pressioni bipartisan. Geograficamente trasversali: sia sul governo regionale, sia su quello centrale. È l’ipotesi di lavoro - non l’unica, ma la più interessante -, sulla quale sono concentrati i magistrati della procura di Bergamo. Da oggi sono in trasferta a Roma per sentire (come persone informate sui fatti) il premier Giuseppe Conte, i ministri Luciana Lamorgese (Interno) e Roberto Speranza (Salute).
La vicenda giudiziaria – il reato ipotizzato è epidemia colposa – ruota intorno a quello che è il cuore dell’inchiesta: la mancata zona rossa nel focolaio bergamasco. Che già il 2 marzo (…) era in condizioni di gran lunga peggiori di quanto non fossero, dieci giorni prima, Codogno e gli altri Comuni del lodigiano (cinturati dallo Stato il 23 febbraio per contenere la diffusione di Covid 19).
Chi è perché, e, a questo punto, su input di chi, ha ballato per 5-6 giorni – a inizio marzo - per infine decidere di non isolare Alzano e Nembro, come invece avevano espressamente suggerito gli scienziati, e estendere il lockdown all’intera Lombardia e poi a tutta Italia (dall’8 marzo)?
3 – «COSÌ GALLERA PARLÒ AGLI SCIENZIATI» LE VERIFICHE DEI PM SUL VERBALE
Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera”
La Regione Lombardia non ha mai presentato una richiesta formale per far dichiarare «zona rossa» i Comuni di Alzano e Nembro. La conferma arriva al termine del secondo giorno di missione a Roma dei pm di Bergamo. E ora i magistrati vogliono ricostruire i contatti di quei giorni, verificare che tipo di rapporti e trattative ci furono con il governo.
Agli atti dell'inchiesta è stato infatti acquisito il verbale della riunione svolta il 3 marzo dal comitato tecnico scientifico in cui si dà conto di una telefonata tra gli scienziati e l'assessore alla Sanità Giulio Gallera. E sarà proprio questo uno degli argomenti al centro degli interrogatori del premier Giuseppe Conte e dei ministri dell'Interno Luciana Lamorgese e della Salute Roberto Speranza fissati per oggi.
Tutti convocati come testimoni. Nella nota che dà conto della riunione del Comitato del 3 marzo è scritto: «Nel tardo pomeriggio sono giunti all'Istituto superiore di Sanità i dati relativi ai Comuni di Alzano e Nembro.
Al proposito è stato sentito per via telefonica l'assessore Gallera e il direttore generale Caiazzo che confermano i dati relativi all'aumento. I due Comuni si trovano in stretta prossimità di Bergamo e hanno una popolazione rispettivamente di 13.639 e 11.522 abitanti.
Ciascuno dei due paesi ha fatto registrare attualmente oltre 20 casi, con molte probabilità ascrivibili ad un'unica catena di trasmissione. Ne risulta pertanto che l'R0 è sicuramente superiore a 1, il che costituisce un indicatore di alto rischio di ulteriore diffusione del contagio».
Nel verbale non si fa cenno a istanze degli amministratori locali. Viene invece specificato che fu proprio il Comitato a proporre «di adottare le opportune misure restrittive già adottate nella "zona rossa" anche in questi due Comuni al fine di limitare la diffusione nelle aree contigue».
In quel momento la linea degli scienziati è dunque tracciata, ma il suggerimento non viene preso in considerazione né in Lombardia, né a Roma visto che due giorni dopo il direttore del Comitato Silvio Brusaferro invia una relazione a palazzo Chigi per ribadire la necessità di «chiudere».
Perché la Regione non ritenne opportuno appoggiarlo? Di fronte ai magistrati il governatore Attilio Fontana ha dichiarato che la scelta spettava all'esecutivo.
Oggi Conte sosterrà di fronte ai pubblici ministeri che «in caso di urgenza e necessità la Regione poteva procedere autonomamente, come effettivamente è avvenuto in seguito e come hanno fatto altre Regioni».
E spiegherà che lui decise di aspettare perche «intanto era maturata una soluzione ben più rigorosa, basata sul principio della massima precauzione, che prevedeva di dichiarare "zona rossa" l'intera Lombardia e tredici Province di altre Regioni».
Un provvedimento firmato l'8 marzo e di fatto entrato in vigore il 9 marzo. L'attesa di quei giorni ha contribuito ad aumentare il contagio nella bergamasca?
Se la circolazione ad Alzano e Nembro fosse stata interdetta così come era accaduto a Codogno si poteva limitare la trasmissione del coronavirus?
Conte lo negherà di fronte ai magistrati, ma dovrà spiegare perché appena tre giorni prima di firmare il decreto aveva fatto mobilitare le forze dell'ordine e l'esercito proprio per «cinturare» i due paesi.
Su questo sarà ascoltata come testimone la titolare del Viminale Lamorgese. Il suo dicastero non è inserito nella catena decisionale sull'opportunità di creare «zone rosse», ma interviene nel momento in cui bisogna decidere con la prefettura competente quali reparti devono provvedere alla sorveglianza delle aree interdette.
E dunque dovrà consegnare ai magistrati tutte le note e le circolari di quei giorni che aveva preceduto l'invio di poliziotti e carabinieri, ma anche dei soldati che avrebbero dovuto impedire la circolazione dei cittadini.
4 – LA MANCATA ZONA ROSSA AD ALZANO E NEMBRO I PM DA CONTE
Estratto dell'articolo di Claudia Guasco per “il Messaggero”
(...) Il procuratore Rota, con i pm Paolo Mandurino e Silvia Marchina più un paio di fidati investigatori, è a Roma e mercoledì ha sentito il presidente dell'Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro. È lui che, il 4 marzo, ha spiegato come la Val Seriana, epicentro del focolaio bergamasco, fosse sotto osservazione da parte dei virologi, i quali valutavano «l'opportunità di estendere la zona rossa». Toccherà poi al consulente del governo Walter Ricciardi e probabilmente a qualche altro tecnico. (...)
Concluderà la serie di audizioni quella del premier Conte, che peraltro ai primi di aprile aveva già espresso il suo parere sulla questione, facendo notare che il «governatore della Lombardia poteva assumere in autonomia ordinanze più restrittive» e che non gli è stato «impedito di farlo, altri governatori lo hanno fatto. Non voglio imputare o scaricare responsabilità».
Il governatore Fontana aveva tutti gli strumenti per istituire autonomamente la zona rossa, sostiene il premier, «come previsto dall'articolo 32 della legge 23 dicembre 1978 n.833» che dispone: «In materia di igiene e sanità pubblica» possono essere «emesse dal presidente della giunta regionale e dal sindaco ordinanze di carattere contingibile e urgente, con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale».
Dell'isolamento della Val Seriana, che ha creato parecchia tensione tra il governo e la Lombardia, ne ha parlato il 3 marzo il comitato tecnico scientifico del Dipartimento della protezione civile, che riteneva necessario blindare il focolaio.
Il giorno dopo Conte ha chiesto un approfondimento e il 5 marzo Brusaferro ha dato suo parere: era sufficiente isolare Alzano e Nembro. Ma non se ne è fatto nulla, perché il 7 marzo è stato firmato il decreto che ha decretato zona rossa tutta la Lombardia. (...)