IL PASTICCIACCIO DEL DOPPIO COMUNICATO SULL'UCRAINA RIVELA LA SPACCATURA DEL GOVERNO SU KIEV - LA LEGA PARLA DI "APPOGGIO A KIEV" MA DI "CONTRARIETÀ A OGNI IPOTESI DI INTERVENTI MILITARI FUORI DAI CONFINI UCRAINI". PASSAGGIO ASSENTE NELLA NOTA DI PALAZZO CHIGI - IL POSIZIONAMENTO ITALIANO IN POLITICA ESTERA SI MOSTRA PER QUEL CHE È: UN COSTANTE COMPROMESSO TRA FORZE CHE LA PENSANO IN MODO DIVERSO - IL FASTIDIO DI UE E USA E LA MELONI CHE SULL'UCRAINA INSEGUE I SONDAGGI...
-Estratto dell'articolo di Tommaso Ciriaco per "La Repubblica"
Succede tutto molto rapidamente. Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani hanno appena concluso il vertice dei leader. Chiamano i rispettivi addetti ai rapporti con i media. Sintetizzano l’esito dei colloqui, loro prendono nota. Sull’Ucraina, ribadiscono: niente armi per colpire obiettivi in Russia. Una posizione parente stretta dell’ostilità all’offensiva di Kiev nel Kursk, perché le dotazioni militari europee e americane sono ovviamente utili a sostenere anche l’avanzata oltreconfine.
I “comunicatori” elaborano una nota congiunta e la riportano al vaglio dei capi. C’è un passaggio troppo aspro che ribadisce «l’appoggio a Kiev», ma sottolinea: «Siamo contrari ad ogni ipotesi di interventi militari fuori dai confini ucraini». Leghismo in purezza. La novità è però che questo concetto inizia a farsi strada — ovviamente con sfumature importanti — anche nel resto dell’esecutivo.
Metterlo nero su bianco, però, è un’altra storia: è una bomba politica scagliata contro il resto dell’Occidente. Meloni e vicepremier, di conseguenza, concordano: cancelliamo quelle due righe, resta soltanto la premessa: «C’è condivisione sulla crisi in Medio Oriente e sulla posizione del governo relativamente alla guerra in Ucraina». A questo punto, accade l’imponderabile.
Per un errore materiale (di quelli che possono capitare a chiunque lavori a mille all’ora) la Lega inoltra la vecchia bozza, mentre Palazzo Chigi diffonde la nuova. In un attimo, il posizionamento italiano in politica estera si mostra per quel che è: un costante compromesso tra forze che la pensano in modo diverso. E dunque, non una «scelta stilistica», come dirà poi Salvini, ma la distanza che separa «Orban da Ue, Usa e Regno Unito», dirà il renziano Enrico Borghi. O più semplicemente una «figuraccia», per il dem Piero De Luca.
Il doppio comunicato finisce però presto in secondo piano, perché a contare è la traiettoria complessiva: Roma, da diverse settimane è impegnata a correggere la rotta. Una scelta che inizia a creare malumori tra gli alleati. A Bruxelles, a Washington. Meglio andare al cuore del problema, dietro le quinte. E registrare queste clamorose oscillazioni.
C’è un motivo per cui Giorgia Meloni ha deciso di non concedere agli ucraini l’utilizzo di armi italiane in territorio russo, attestandosi su una posizione che in Occidente è ormai soltanto di Roma e Budapest (sul punto, l’Ungheria è portavoce autorizzata della linea del Cremlino).
La ragione risiede in un calcolo politico cinico: consenso. Secondo diverse fonti concordanti, i sondaggi in mano alla presidente del Consiglio, anche i più recenti, indicano nel sostegno a Zelensky uno dei principali punti di criticità. Vale nell’elettorato di centrodestra, vale soprattutto a destra e in particolare dentro Fratelli d’Italia. È un trend in peggioramento, che allarma Palazzo Chigi. [...]
L’altro ieri, a Bruxelles, Italia e Ungheria non hanno solo stoppato un accordo per cancellare le restrizioni sulle armi. Il veto ha portato i ministri degli Esteri a non esprimersi a favore dell’attacco ucraino nel Kursk. [...]
È un equilibrio sempre più instabile, quello attorno a cui si muove la premier. Certo, Palazzo Chigi continua a ricordare agli alleati — che in queste ore hanno ripreso a farsi sentire, per ora ancora riservatamente — di aver assicurato fondamentali dotazioni per la difesa aerea delle città ucraine, a partire dal Samp-T (più efficaci e convenienti dei Patriot). E di non aver deluso le aspettative di Kiev: [...]