NEL PD MONTA IL MALESSERE PER L’IPOTESI DRAGHI AL QUIRINALE - IL SOTTI-LETTA SA CHE NON CONTROLLA IL GRUPPO PARLAMENTARE DEM E IN PREVISIONE DEL VOTO PER IL COLLE MANDA UN AVVISO AI NAVIGATI: "I FRANCHI TIRATORI NON SARANNO RICANDIDATI" - NEL CORPACCIONE PD PRENDONO QUOTA I NOMI DI AMATO (MAGARI A TEMPO, PER POI SPOSTARE SUL COLLE LO STESSO DRAGHI) O CASINI. ANCHE I 5 STELLE SPACCATI. DI MAIO E’ SULLE POSIZIONI DI LETTA MENTRE CONTE…

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EMILIO PUCCI per il Messaggero

 

draghi letta

Il rischio è quello di combattere da solo contro tutto il Pd. Enrico Letta lo sa, si confronta, ascolta. «Ha le spalle larghe per affrontare la tempesta», dicono i suoi. E' consapevole che nei gruppi parlamentari, ma anche tra i ministri dem, si registra una frenata sulla strada che porta Mario Draghi alla successione di Sergio Mattarella. Alla Camera e al Senato il coro è quasi unanime: se l'ex numero uno della Bce va al Quirinale, non potrà esserci una figura capace di governare fino al 2023, lo spettro delle elezioni anticipate sarebbe dietro l'angolo.

 

Sul dossier Quirinale si susseguono le riunioni tra i vertici, i ministri e i capigruppo dem anche se è tutto rinviato a gennaio. E i timori di guidare per primi, e magari da soli, il treno per condurre Draghi al Colle sono sul tavolo. Letta spinge più di tutti a considerare il rovescio della medaglia: chiudere la porta al premier equivarrebbe ad azzoppare uno statista elogiato dall'Europa e dal mondo.

 

draghi enrico gianni letta

E' anche una questione di tenuta del sistema. Dire no a priori alle (eventuali) ambizioni dell'ex capo della Bce potrebbe avere conseguenze gravi. Ecco perché Letta non chiude affatto all'ipotesi Draghi e sta costruendo la tela per far sì che una trattativa possa partire. Con Salvini il leader dem si era ripromesso di sentirsi dopo Natale. E' chiaro che la carta Draghi potrebbe essere valida solo se si registrasse una maggioranza larga sulla candidatura. E gli ostacoli maggiori non arrivano solo dal centrodestra.

 

ENRICO LETTA PARLA DI DRAGHI A PORTA A PORTA

Nei gruppi parlamentari dem monta il malessere. In pochi, insomma, vogliono un cambio di schema. Il motivo è legato soprattutto allo spauracchio delle urne, perché in Parlamento con il taglio del numero dei deputati e dei senatori, in molti sarebbero tagliati fuori. Sarebbe meglio puntare questo il refrain su figure come Giuliano Amato (magari a tempo, per poi spostare sul Colle lo stesso Draghi) o Pier Ferdinando Casini.

 

L'altra paura è legata proprio alle mosse di Letta che osserva un esponente dem ha fatto asse con Giorgia Meloni per stoppare una legge elettorale di tipo proporzionale e puntare subito alle elezioni. «Non ci fidiamo», il ragionamento. Una versione che viene smentita dal Nazareno: niente voto, l'obiettivo è quello di garantire gli impegni con l'Europa ed evitare l'instabilità.

giuliano amato a mixer 1986 5

 

Per il segretario dem la trattativa sul Quirinale deve comunque camminare di pari passo con quella sull'esecutivo. Altrimenti il rischio è di creare il caos. Letta ritiene che quando si troverà l'intesa sulle condizioni per andare avanti, pure i malpancisti rientreranno. A meno che non abbiano alternative credibili, che per ora non ci sono. Tra i 5Stelle, Luigi Di Maio è sulle stesse posizioni di Letta, pensa che Draghi vada in ogni modo tutelato, mentre Giuseppe Conte intende dare voce ai parlamentari M5s che insistono sulla necessità che il premier resti a palazzo Chigi.

 

GIULIANO AMATO

MALDIPANCIA M5S I pentastellati sono divisi. «Una figura da proporre non c'è», osserva un big M5s, «ma non potremo solo dire no a Berlusconi». Al momento la strategia è quella di avanzare eventualmente un nome del blocco ex rosso-giallo di fronte alla candidatura del Cavaliere. Tuttavia, c'è preoccupazione perché non sarà certo facile mettere d'accordo i gruppi e Conte viene tacciato da qualcuno di immobilismo. «Giuseppe», protesta un deputato, «non ci ha fatto sapere nulla, non diremo sì a scatola chiusa».

 

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Per adesso l'unico appuntamento è stato fissato da Letta. Ed è quello del 13 gennaio, quando il segretario dem riunirà non solo i gruppi parlamentari ma anche la Direzione. E così facendo avrà i numeri dalla sua parte. Perché Letta è consapevole dei dubbi di chi lo invita a fermare sul nascere l'operazione Draghi. Ma si aspetta unità. Non è possibile, a suo dire, che ognuno vada per conto suo, non è neanche pensabile che si arrivi ad un nuovo caso Prodi. Chi non si allineerà spiega un suo fedelissimo di sicuro non avrà possibilità di essere ricandidato.

 

 

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