IL PECCATO DI EVA – EVA KAILI INIZIA A PARLARE CON GLI INQUIRENTI E NEI VERBALI SCODELLATI DAL “FATTO QUOTIDIANO” SPUNTANO FUORI I NOMI (NON SI SA A CHE TITOLO) DEGLI EURODEPUTATI BRANDO BENIFEI, CAPODELEGAZIONE DEL PD AL PARLAMENTO EUROPEO, ANDREA COZZOLINO E ALESSANDRA MORETTI (TUTTI NON INDAGATI) – LA DICHIARAZIONE DI BENIFEI: “RESPINGO CON FERMEZZA QUALUNQUE ACCOSTAMENTO ALLE AZIONI DI QUESTE PERSONE E SONO DISPONIBILE A COLLABORARE CON LA MAGISTRATURA”
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È terminata l’udienza al piano interrato del Palais de Justice di Bruxelles. Si attende la decisione sulla custodia cautelare di Eva Kaili: il giudice sta valutando se trattenere o meno in carcere la politica greca. L’ex vicepresidente del Parlamento europeo, da alcune settimane, è detenuta nell’istituto penitenziario di Haren, nell’estrema periferia della capitale belga: è coinvolta nello scandalo ribattezzato Qatargate.
Il team legale che supporta Kaili ha chiesto alle autorità giudiziarie di sottoporre l’assistita a regime di sorveglianza elettronica. Intanto, secondo quanto riporta Il Fatto Quotidiano, in una delle testimonianze rilasciate dalla greca sarebbero stati citati, non si sa a che titolo, i nomi di alcuni eurodeputati del Partito democratico: Brando Benifei, Andrea Cozzolino e Alessandra Moretti. Prima dell’inizio dell’udienza, l’avvocato della politica greca, Michalis Dimitrakopoulos, aveva ribadito ai cronisti che la sua assistita «non è mai stata corrotta».
Il legale, circondato da decine di giornalisti che lo hanno scortato fino all’ingresso del tribunale, aveva detto di «sperare nella scarcerazione – poiché Kaili – non è né una sospetta fuggitiva né può manomettere le prove dell’indagine». Con la stampa, in prima mattinata, si era anche giustificato per la scarsità di informazioni condivise con i giornalisti: «Dovete sapere che c’è il segreto istruttorio e non posso dirvi di più».
I giornalisti, accalcandosi intorno all’avvocato, hanno rischiato di ferirsi: vicino agli ingressi del tribunale le autorità hanno disposto l’installazione dei cavalli di Frisia, con tanto di filo spinato e filo a lamette. Queste soluzioni, che in Italia sottostanno a una normativa più rigida, sono invece correntemente usate a Bruxelles a fini di ordine pubblico.
«Rispetto ad alcune indiscrezioni uscite sulla stampa devo precisare con chiarezza e fermezza alcuni aspetti. Non sono mai stato in Qatar o in Marocco, non avevo nessuna frequentazione fuori dal lavoro nel Parlamento europeo con nessuna delle persone coinvolte nello scandalo Qatargate, ogni mia interrogazione o votazione è andata sempre contro le posizioni politiche sui temi in questione che questi esponenti politici portavano avanti». Lo dice in una nota il capodelegazione degli Eurodeputati Pd.
Non è la prima volta che Benifei viene citato dagli organi di stampa, benché al momento risulti totalmente estraneo all’inchiesta. «Alla fine della scorsa legislatura sono stato uno dei pochi europarlamentari del Pd che ha votato per il rinvio per annullamento alla Corte di giustizia dell’accordo Ue-Marocco, in aperto contrasto con le posizioni di Panzeri e della maggioranza del Parlamento europeo di allora.
Respingo quindi con fermezza qualunque accostamento alle azioni di queste persone e sono disponibile a collaborare con la magistratura insieme a tutta la delegazione degli eurodeputati Pd per fare luce al più presto su tutti gli aspetti di questa vicenda».